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Visualizzazione dei post da novembre, 2012

Karen Carpenter - Karen Carpenter (1996, A&M)

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L’unico lavoro solistico di Karen Carpenter realizzato tra il 1979 e il 1980 rimasto inedito fino al 1996. Alla fine degli anni Settanta i fratelli Carpenter erano quasi allo sfascio svigoriti dalle loro psicosi e dipendenze. Avevano appena accantonato un disco quasi pronto e Richard si era preso una pausa da convalescente. La A&M allora pensò di far registrare dei brani a Karen per un progetto da solista, il primo a suo nome. Le sessions si svolsero a New York con la produzione di Phil Ramone ed un team di arrangiatori di prim’ordine come Bob James, Rod Temperton, Jerry Hey e Rob Mounsey che offrirono una vera lezione di stile e professionalità. Ci sono due novità importanti in questo dimenticato album. Per la prima volta Karen si affidava ad un produttore " esterno ". Fino ad allora era sempre stata guidata dal fratello ed in studio di registrazione aveva molta indipendenza a livello interpretativo. Qui invece viene seguita ed preparata da Ramone all’approc

Stephen Bishop – Bowling in Paris (1989, Atlantic)

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Bowling in Paris riconsegna al mondo un Bishop disilluso. L’inguaribile romantico di Red Cab To Manhattan torna con un lavoro che racchiude canzoni scritte in un arco temporale abbastanza vasto, un paio già edite su Sleeping With The Girls - il disco del 1981  rifiutato dalla Warner – e questo ne disperde inevitabilmente l’ unità di stile e di intenti. Anche il lavoro di produzione ne risente, diviso tra Michael Omartian, Phil Collins, Hugh Padgham, Gus Dudgeon, Nick Launay . L’artista riprende certi suoi amori, espressi compiutamente nei suoi dischi dei seventies : la ricerca per la melodia raffinata e per quel sound elegante adatto all’airplay più morbido. Il problema, però, è che il suono del disco, per quanto formalmente curato ed impeccabile, perde il più delle volte spessore per l’impiego sovrabbondante di sintetizzatori e rhythm machines a discapito delle atmosfere precedenti più acustiche. Così brani bellissimi come Love On The Outside e Hall Light perdono gran parte de

Danny O'Keefe - The Global Blues (1979, Warner Bros.)

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Sempre sprofondato nella categoria degli eterni outsiders, ancor più spesso dimenticato tra quei misconosciuti incapaci persino di definirsi tali, Danny O’Keefe completa il viaggio iniziato nel 1975 con So Long Harry Truman e proseguito nel 1977 con American Roulette , dove l’artista stava cercando una forma di comunicazione  completamente al di fuori dagli stereotipi massificati dei soliti luoghi comuni del pop . Prodotto da lui stesso e dal chitarrista Jay Donnellan dei Love , The Global Blues è un album ricco di sfumature, anche troppe per mettere a fuoco tutti gli stili musicali toccati in questi dieci brani. Ma qui non si discute sui valori assoluti del disco quanto su quel valore - meno assoluto ma ugualmente indispensabile – del coraggio. Sognatore ed intelligente, O’Keefe capisce che la musica pop è un medium manipolabile di cui servirsi con passione distaccata per arrivare alla fonti della moderna comunicazione. Un senso di decostruzione musicale e lirica pervade qu

Kevyn Lettau – Simple Life (1992, JVC)

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Nata a Berlino, cresciuta in California , Kevyn Lettau fu scoperta da Sergio Mendes in un club di San Diego. Mendes la ingaggiò come vocalist nella sua band e la portò ad ampliare le sua conoscenze  jazzistiche con quelle della musica brasiliana, specialmente carioca ( Ivan Lins, Ellis Regina, Djavan ) che diventerà poi la sua passione. Dotata di un naturalissimo vibrato che insegue e sbalza con modulazioni suggestive, l’artista riesce a svariare in questo terzo ed acclamato album nel repertorio proposto con un'eleganza ed una raffinatezza mai più replicata a questi livelli. Dalla rilettura degli standard di Duke Ellington (Prelude To A Kiss) e di Joni Mitchell ( People’s Parties ), quest’ultima in una versione particolarissima duetto-percussioni, ai brani brasileri di Dori Caymmi ( Spring, Forever Lover And Friend ) e a quelli fusion degli Yellowjackets ( Sunlight, Out Of Town ). Ve ne sono poi alcuni bellissimi scritti insieme al marito Michael Shapiro - uno dei ba

David Diggs - Streetshadows (1985, TBA Records)

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Tastierista, chitarrista, compositore ed arrangiatore attivo dalla seconda metà degli anni Settanta, Diggs vanta collaborazioni prestigiose con la crema della scena pop e soul americana ( Quincy Jones, George Duke, Earth, Wind & Fire, Brothers Johnson ) e quella altrettanto importante della Contemporary Christian Music ( Richie Furay, Sweet Confort Band, Bob Bailey, Passage, Donn Thomas, Bob Carlisle ). Questo è il suo l’album più famoso, quello che riuscì a restare per 26 settimane continue tra i top 10 delle classifiche jazz di Billboard . Un lavoro riuscitissimo dove i colori jazz-funk si mischiano perfettamente al gusto tipico della scena musicale californiana di quel tempo. Ovvero quel ponte ideale tra l’impegno e l’intrattenimento per una sorta di compromesso di lusso dove tecnicismo ed orecchiabilità viaggiano di pari passo. Strumentali come Rachel con splendidi interventi di Lee Ritenour alla chitarra acustica e di Ernie Watts al sax tenore,  Last Night , tem

Djavan - Lilás (1984, Columbia)

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Dopo il successo di Luz prodotto da Ronnie Foster , disco di sostanza e di indiscutibili amori pop-soul americani, Djavan Caetano Viana , signore carioca della melodia, riveste di nuovo i suoi panni migliori con questo album prodotto da lui stesso con la collaborazione di Erich Bulling ( Peter Allen, Earth, Wind & Fire, Temptations, Al Jarreau ). Anche se tutto cantato in lingua portoghese, per gli amanti del pop californiano è sicuramente il lavoro più godibile. Nove temi di fusione tra funk, soul e pop , in cui le radici sud-americane dell’autore si fanno sentire solo nel samba di Obi  e la partecipazione di molti dei musicisti di studio più importanti della costa californiana, fra cui spiccano David Foster, Michael Landau, Greg Phillinganes, Jerry Hey, Ernie Watts, Mike Porcaro, Jeremy Lubbock, John Robinson . La ballata Esquinas con Ernie Watts al sax tenore , il raffinato soul-jazz di Infinito con un bel solo di Landau alla chitarra elettrica, la squisita melodia

Daryl Hall & John Oates - Beauty on a Back Street (1977, RCA)

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La consacrazione definitiva per il duo era arrivata l’anno prima con l’hit Rich Girl e relativo album Bigger Than Both Of Us . Fino ad allora Hall e Oates , nonostante quattro lavori di pregevole blue eyed soul , erano noti solo per i due singoli She’s Gone e Sara Smile . Così, dopo essere saliti ai vertici, era prevedibile un’operazione che ricalcasse la formula precedente. Cosa che però non si avverò perchè il duo, sempre  più alla ricerca di una personalità musicale ( Daryl Hall di lì a poco inciderà il disco con Robert Fripp ), cercava nuove direzioni sonore con scelte il più delle volte contrastanti alla legge del mercato. Ci furono per questo anche delle divergenze con il produttore Chris Bond . Sebbene lo staff era da due dischi praticamente lo stesso, la coppia non era soddisfatta della produzione, considerata asettica e con sonorità troppo elettriche. Ad onor del vero, a distanza di anni, Beauty on a Back Street suona meglio di altri loro dischi. Il lavoro comunque

England Dan & John Ford Coley – Nights Are Forever (1976, Big Tree)

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Amici e compagni di scuola, Danny Wayland Seals (fratello minore del più famoso Jim del duo Seals & Crofts ) e John Edward Colley (questi i veri nomi), mossero i primi passi a Dallas con alcune cover band locali per poi andarsene a Nahsville dove incisero una serie di demo con il nome di The Shimmerers senza però riuscire ad ottenere un contratto discografico. Tornati a Dallas entrano far parte di una band di rock psichedelico chiamata Southwest FOB (Freight on Board) con cui pubblicarono un album nel 1968 che riscosse buoni consensi commerciali. Nel frattempo i due cominciarono a scrivere insieme delle canzoni di memoria cantautorale vicine alle cose di James Taylor e Paul Simon , diverse dal repertorio rock del gruppo. Così, dopo aver aperto per un po’ di tempo con il loro set acustico, i concerti dei Southwest FOB , nel 1969 decidono di mettersi in proprio e trasferirsi a Los Angeles suonando nei club col nome di Colley & Wayland . Fu poi Jim Seals che sug

ABC – The Lexicon Of Love (1982, Mercury)

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Un modello esemplare del pop inglese che fonde l’aplomb dei Roxy Music con il palpito della musica nera. Martin Fry faceva il giornalista musicale a Sheffield dove  aveva una fanzine chiamata Modern Drugs . Un giorno andò ad intervistare una band locale di synth-pop , i Vice Versa , e fece amicizia con il chitarrista Mark White e il sassofonista Stephen Singleton . Ai due Fry si propose come cantante e con l'aggiunta del bassista Mark Lickley e il batterista David Palmer   nacquero gli ABC. Il primo singolo della formazione, Tears Are Not Enough ,  prodotto da Steve Brown uscì nel 1981 ed entrò tra i top 20. Nel frattempo Fry che, oltre ad essere il cantante era anche il paroliere del gruppo, si entusiasmò per Hand Held In Black And White , un hit del momento dei Dollar e si mise in contatto con il loro produttore Trevor Horn , fresco dei successi con i Buggles, Yes  e  Asia . La mossa risultò determinante perché Horn riuscì a creare per questo debutto un suono incred

Jack Wagner - Lighting Up the Night (1985, Qwest)

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Divo indiscusso delle soap opera ( General Hospital, Santa Barbara, Melrose Place, Beautiful ) e titolare di un album d’esordio che conteneva la memorabile All I Need , l’attore-cantante Peter John “Jack” Wagner si ripresenta con questo Lighting Up the Night , prodotto sempre da Glen Ballard e Clif Magness . Gli elementi che avevano caratterizzato il primo album, ovvero quella raccolta di classiche pop songs a volte laccate, a volte retoriche, ma molto piacevoli, sono ancora tutti al loro posto. Certo, si tratta di brani ordinari, ben inseriti nel mainstream californiano di quel tempo, eppure in diversi episodi è un bel sentire tra  le chitarre di Michael Landau e Dan Huff , le tastiere Jai Winding, David Foster e Greg Phillinganes , i cori di Clif Magness e Siedah Garrett , i fiati dei Seawind. I contributi degli autori e le buone doti vocali di Wagner fanno poi il resto. Ci sono alcuni temi quantomeno intriganti come l’ A.O.R manierato ma trascinante di Just Tell Her e L

Chaka Khan – Chaka (1978, Warner Bros.)

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L’esordio solista per Chaka Khan arriva sulle ali del successo ottenuto come componente dei Rufus con cui incise dal 1972  - quando ancora sui facevano chiamare Ask Rufus - al 1978 una serie di dischi tra i più popolari ed importanti esempi di funky-soul abbinato a spettacolari live act in cui l'artista esibiva una vocalità torrida e sensuale. I suoi modelli ispirativi erano Aretha Franklyn, Gladys Knight e Yma Sumac (grande cantante peruviana molto nota negli anni ’50 in America ). A completare il suo background musicale ci pensò il produttore Arif Mardin che, sfruttando le eccezionali doti di Chaka, elaborò un disco di pop-soul   fatto su misura. Uscito lo stesso anno di Street Player , il disco con i Rufus , questo album viene subito introdotto dal grande hit I’m Every Woman , brano soul-dance scritto espressamente per lei da Ashford & Simpson . Quì la vocalità acuta e dirompente dell’artista viene esaltata ancora di più dalla produzione sofisticata e rigoro

The Checkmates, Ltd. - Love Is All We Have To Give (1969, A&M)

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Dopo il fallimento commerciale di River Deep Mountain High per Ike & Tina Turner del 1966, un album che lui considerava il suo capolavoro di produzione, Phil Sector sparì dalle scene per quasi tre anni. L’unica concessione pubblica fu un piccolo cameo come attore in Easy Rider . L’incontro nel 1969 con Herb Alpert e Jerry Moss della A&M sarà l’occasione per riprendere l’attività musicale. Con la  discografica losangelina produce infatti alcuni singoli per Ike & Tina Turner e soprattutto questo Love Is All We Have To Give per i Checkmates, Ltd . , un gruppo r&b proveniente dall’ Indiana , formato da due bianchi ( Bill Van Buskirk, Harvey Trees ) e tre neri ( Bobby Stevens, Marvin "Sweet Louie" Smith, Sonny Charles ). L’operazione fu quasi una scommessa perché questi musicisti, scoperti qualche anno prima da Nancy Wilson , erano principalmente un band conosciuta nei circuiti live . Il solo album all’attivo era appunto un disco registrato dal vivo al

Evie Sands - Estate Of Mind (1975, Haven/Capitol)

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Assai dotata sotto il profilo vocale, con un tonalità roca e negroide, Evie Sands è una di quelle artiste che ribaltano l’opinione secondo la quale ci sono ragioni recondite per cui un artista nero è diverso da un artista bianco. Songwriter e chitarrista nata a Brooklyn nel 1946, Evelyn Lourette Sands si fece conoscere verso al metà degli anni ‘60 con alcuni singoli nati con la collaborazione dei produttori Chip Taylor e Al Gorgoni , ma obbligata dalle circostanze e dalla sfortuna, non riuscì mai a sfondare. Ad esempio il primo importante singolo Take Me For A Little While (1965) scritto da Trade Martin e realizzato per la Blue Cat (la sussidiaria della Red Bird di Leiber & Stoller ) poco prima della pubblicazione fu spacciato di nascosto ai discografici della Chess che immediatamente lo fecero incidere alla cantante Jackie Ross bruciando sul tempo la versione della Sands . Il pezzo della Ross entrò subito nelle classifiche r&b penalizzando fatalmente l’original

Robert John – Robert John (1979, EMI)

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Attenzione questo è un disco fatto apposta per piacere, quindi i metri di giudizio vanno rapportati con l’oggetto del giudizio stesso. Robert John Pedrick Jr. è un cantautore di Brooklyn con una caratteristica voce in falsetto. A soli 12 anni incise come Bobby Pedrick una canzone intitolata White Bucks and Saddle Shoes scritta dal grande Doc Pomus entrando nelle classifiche pop del 1958. Diversi anni dopo firmò per la MGM rilasciando con il nome di Robert John un paio di singoli passati in silenzio. Stessa cosa accadde quando nel 1967 firmò per la Columbia pubblicando l’album If You Don't Want My Love . La sua carriera ebbe un susssulto nel 1971 con la cover di  The Lion Sleeps Tonight ,  canzone portata al successo dieci anni prima dai Tokens , un gruppo vocale doo-wop di New York . Il singolo vendette un milione di copie entrando al terzo posto delle charts . Ma fu un fuoco di paglia perché il seguente album On The Way Up non riuscì a ripetere quell’ instant wonder

Margie Joseph - Hear The Words, Feel The Feeling (1976, Cotillion)

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Un’altra grande e trascurata produzione di Lamont Dozier degli anni ’70. Margaret Marie "Margie" Joseph , dopo aver inciso senza successo un paio di singoli per la OKeh, arrivò alla notorietà nel 1970 con Your Sweet Lovin' , una splendida ballata alla Aretha Franklyn , artista alla quale la Joseph , per l'approccio vocale, fu spesso accostata nella prima parte della sua carriera. Ci furono poi altri due hit , un ambizioso remake di Stop! In The Name Of Love delle Supremes e una versione memorabile di My Love ( Paul McCartney ). La fama di soul singer fu consolidata nel frattempo da due album per la Volt ed altrettanti per la Atlantic . Quando i due si incontrarono per realizzare il disco per la Cotillion (etichetta sussidiaria della Atlantic ), Margie Joseph era  appena reduce dal successo di What’s Become Over Me , un singolo inciso insieme ai Blue Magic , mentre Lamont Dozier aveva registrato Prophecy , il capolavoro che andò perduto (la casa discografic

Donald Fagen – Sunken Condos (2012, Reprise)

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A differenza di tanti altri colleghi, Donald Fagen ha avuto sempre un ottimo rapporto con la propria coscienza professionale, quindi non ha mai avuto quel il vizio di riabilitarsi e rigenerarsi nel corso degli anni. La sua musica, culto di selezionata umanità, dopo aver precisato negli anni Settanta i modi e tempi di una rivoluzione pop, è diventata istituzione. Immutata ed insuperabile. Fagen non cerca più di competere con la stagione delle sue grandi innovazioni, quando carico di jazz inventò un crossover aggiustando il blues e il rock , costruendo insieme a Walter Becker un’arte sonora ed interpretativa seconda a nessuno nel mondo del pop . Ora il gioco sta tutto nel gioco. Nel divertimento colto che il nuovo-vecchio Fagen sa garantire a chi non ha mai rinunciato, testardo, ai suoi tre album solistici in 30 anni. Sa bene, d’altronde, che dall’altra parte c’è gente capace di aspettare secoli pur di avere un giorno la copia del nuovo album degli Steely Dan o del seguito d

Lou Pardini - Look The Other Way (1998, Victor Japan)

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Secondo album per uno dei più interessanti personaggi della rinascita del pop californiano votati , come al solito, ad un anonimato difficile da scardinare. L’ A . O.R . infatti gli ha ristretto inevitabilmente il campo, mantenendolo a debita distanza da qualunque grande utenza. Ed è un vero peccato perché Lou Pardini , oltre ad essere autore e strumentista molto richiesto - non a caso nel 2009 entrò a far parte dei Chicago al posto di Bill Champlin – ha realizzato due dischi solistici che sono un vera manna per gli amanti del genere. Lavori impeccabili, pieni di grandi intuizioni melodiche in un mix dinamico e versatile di pop, soul e jazz . Non c’è una canzone debole in questo album. L’impostazione è quella del periodo d’oro del pop westcoast , quello a cavallo tra gli anni ’70-’80, ma con un suono elegante, lucido e moderno. Un disco godibilissimo, pulsante con raffinati passaggi di tastiere, armonie vocali e freschezza d’insieme sia quando si cala nel funk con tanto di basso

Melissa Manchester – Melissa (1975, Arista)

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Pianista e songwriter nata nel Bronx, New York , nel 1951, Melissa Toni Manchester è una delle indiscusse first ladies della canzone d’autore americana. Figlia d’arte, suo padre David era il contrabbassista della Metropolitan Opera Orchestra , si diplomò nella prestigiosa scuola della Performing Art di Manhattan per poi lavorare come autrice alla Chappel Music . Più tardi continuò gli studi di composizione e produzione musicale presso la University School Of The Arts di New York insieme a Paul Simon . L’artista cominciò a suonare nei club di Manhattan dove fu scoperta nel 1971 da Barry Manilow e Bettle Midler che la scritturò come corista nei suoi Harlettes incidendo con lei The Divine Miss M (1972). L’anno dopo debuttò con Home to Myself per la Bell inaugurando una duratura collaborazione con la paroliera Carole Bayer Sager . Il seguente Bright Eyes la conferma autrice e cantante di talento, senza però suscitare troppo clamore. Nel frattempo, Clive Davis converte

Rockie Robbins - I Believe In Love (1981, A&M)

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Edward W. Robbins Jr. è un autore e cantante di Minneapolis che, dopo una breve esperienza giovanile insieme ad un gruppo r&b , viene scritturato dalla A&M con la quale pubblicò nel 1979 un omonimo disco prodotto dal mitico Richard Evans ( Ramsey Lewis, Marlena Shaw, Terry Callier, etc.) e Johnny Pate uno degli artefici del soul di Chicago ( B.B. King, Impressions, Curtis Mayfield ). I nastri purtroppo si cancellarono e l’artista dovette registrare nuovamente i brani. Il disco non ebbe grossi riscontri commerciali, ma c’erano alcune grandi canzoni come If I Ever Lose You, When i Think Of You e Be Ever Wonderful degli Earth, Wind & Fire , tutte molto programmate nelle radio FM , e che manifestavano il talento indiscutibile dell’artista. Così, l’anno seguente, la casa discografica gli da l’opportunità di incidere l’album You And Me con la produzione di due maghi del soul di Philadelphia come Bobby Martin e Ron Kersey entrando stavolta nelle zone alte del

Quincy Jones – Back On The Block (1989, Qwest)

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Un’opera che richiede quasi dieci anni di lavorazione. Quincy Jones inizia a sognare questo kolossal nel 1981, subito dopo il successo di The Dude , ma per una serie di impegni (colonne sonore, produzioni varie) deve riprendere e rimandare più volte il progetto. Tutto questo permette però di poter contare su un cast assolutamente eccezionale, che sarebbe stato impensabile radunare in tempi ristretti. L’idea era quella di realizzare un album che raccontasse la storia e la cultura della musica afroamericana passando in rassegna tutto il suo enorme patrimonio, dal gospel al jazz, dal funk al r&b sino all’ hip hop , quest’ultimo considerato a livello di impatto sociale da Jones come il nuovo be bop . L'operazione riesce alla grande. Concepito come in un film e con brani tutti collegati tra di loro, Back On The Block sublima e coinvolge con un respiro corale tutto l’universo delle sensazioni nere. L’episodio portante Ã¨ Birdland , classico dei Weather Report , dove Jones p