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Visualizzazione dei post da ottobre, 2010

King Crimson – Islands ( 1971, EG Records )

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Nuova formazione per il “ Re Cremisi “. Insieme al leader Robert Fripp, al poeta visionario Pete Sinfield e l’ “aiuto “ di Mel Collins ai fiati, ci sono ora Boz Burrell al basso e voce , Ian Wallace alla batteria e l’affiancamento di musicisti “colti “ come Keith Tippet al pianoforte, l’oboe di Robin Miller , Mark Charig alla cornetta, Harry Miller al contrabbasso e la soprano Paulina Lucas. Mentre il precedente “ Lizard " era un lavoro complesso ed avanguardistico, con questo disco la band progredisce attraverso una musica di pura suggestione, sconfinando spesso in un visionario romanticismo. Fantasia e sogno, la musica torna a farsi figurativa, il mellotron è lontano, ma profondo, il sax straziato, le percussioni rarefatte e la grande , stupefacente sorpresa degli archi. Il viaggio onirico inizia da “ Formentera Lady " , composizione eterea con un'intelaiatura fiatistica esotica che prelude alle ritmiche dispari e veloci di “ A Sailor's Tale “ con assolo impeccabi

James Taylor – Gorilla ( 1975, Warner Bros. )

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Dopo una lunga pausa di riflessione dalla quale era emerso nel 1971 con “ One Man Dog “, dopo una prolungata assenza – quasi un triennio – dai palchi, se non per sporadiche apparizioni qui e là negli Stati Uniti, e dopo l’involuzione nel privato cui diede voce nel 1974 con “ Walking Man “, Taylor rientrò effettivamente in gioco con un nuovo tour e una rinnovata voglia di esibirsi… La sua musica si era nel frattempo fatta meno impulsiva, più meditata e curata, molto più melodica e ricercata, con arrangiamenti ancor più raffinati e un perfezionismo esecutivo che sfiorava il patinato, talvolta a detrimento della spontaneità, indubbiamente però con risultati di forte presa comunicativa. La collaborazione con alcuni eccezionali musicisti di studio ed amici – come Victor Feldman, David Sanborn, Nick DeCaro, Randy Newman, Lowell George , Crosby e Nash – sortiva esiti di pregio e gusto inarrivabili in precedenza. La ricerca dei brani da alta classifica diventava una caratteristica dell’artis

Al Jarreau – Breakin’ Away – (1981, Warner Bros.)

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Arrivato alla prima prova discografica ufficiale alla tenera età di trentasei anni, Al Jarreau si è sempre contraddistinto di porsi davanti a generi musicali diversi con particolare feeling , sorprendente capacità di sintesi e alto livello qualitativo. Convertito al pop-soul da Jay Graydon, dopo aver passato anni e cercare la sua voce più jazzy con trainer di alta scuola come Al Schmitt e Tommy LiPuma, il cantante di Milwaukee decide di mettere la sua portentosa vocalità al servizio di una musica più accessibile. Stavolta le relazioni artistiche e la cura  che Graydon gli adatta attorno sono tutte quelle correzioni che in quel periodo il produttore stava mettendo a punto insieme a Foster e compagnia al fine di codificare il pop bianco con la musica nera. “ Breakin’ Away “ è il prodotto migliore dell’accoppiata Graydon-Jarreau, un album irresistibilmente gradevole, di classe e qualità. Accolto subito da unanimi consensi , l'album completa il quadro di un vocalist dotatissimo ch

Randy Goodrum - Fool's Paradise (1982, Polygram)

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Randy Goodrum è autore di pop songs memorabili tra cui “ I’ll Be Over You “ per i Toto, “ 20-20 “ per George Benson, “ Who’s Holdin Donna Now “ per i Debarge, “ You Need Me “ per Anne Murray , “ S ad To Belong" per England Dan & John Ford Coley, “ Bluer Than Blue " per Michael Johnson, " If She Would Have Been Faithful " per i Chicago. La sua solida discografia da solista inizia con questo album stampato solo in Giappone nel 1982. Anche se Goodrum non ha il timbro del grande interprete , le sue canzoni si contraddistinguono per magnifica espressività. Pop elaborato e soffice molto d’atmosfera, legato alle formule di un intimismo affascinante anche quando i tempi sono più veloci. Con lui pochi ma affidabili turnisti come Jeff Porcaro alla batteria, Steve Khan alla chitarra, Neil Jason al basso e alle percussioni Elliot Scheiner che coproduce insieme a Goodrum il disco. We're So close ", " One More Fool ", " Savin' It Up "

Pet Shop Boys – Discography: The Complete Singles Collection ( 1991, EMI )

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Nello stretto ma affollatissimo mondo della pop-dance, Neil Tennant e Chris Lowe sono stati sin dagli esordi del 1985 ad oggi , una buona assicurazione sulla vita. Fama quasi immediata e diffusi sospetti ne hanno sempre accompagnato la carriera, così come le loro canzoni ripetute ci hanno fatto scoprire la trasparenza vitrea di un pop che non può essere fermato dall’elettronica. Non c’è masi stato imbroglio in tutto ciò, i Pet Shop Boys sono sempre stati evanescenti, avvolgenti per pochi attimi per poi lasciarci immediatamente. Uno strano oggetto del desiderio: sembrano importanti, ma per loro stessa ammissione non lo sono così tanto. Questa antologia, riferita ai loro primi 18 singoli in ordine cronologico dal 1985 al 1991, è il giusto passatempo pop in cui l’utilità finale si misura con dei brani profumati di melodia ed epidermicamente invitanti, sembrano canzoni  innocue ma vanno in profondità con una combinazione di testi  "seri". La critica sociale del capitalismo di

Crosby, Stills & Nash - Crosby, Stills & Nash ( 1977, Atlantic )

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Nell’estate del 1977, il trio tornò insieme per questo lavoro. Fu un mezzo miracolo, il passato torna a bussare prepotentemente e cattura tre grandi personalità al top. Stephen Stills resta la mente organizzativa di studio per gli arrangiamenti dei brani, preciso, rockeggiante, a volte funky altre volte latineggiante, duro nelle liriche e grande chitarrista. Qui firma Fair game , Dark star, See The Changes, I Give You Give Blind e Run From Tears. David Crosby con la sua vena politica sempre pronta a reagire sembra ancora il grande santone ancestrale, etereo, sognante, alla ricerca continua di emozioni acide . E’ l’ autore di Shadow Captain , Anything At All  e In My Dreams . Graham Nash, amante della melodia e dei cori in falsetto, artigiano della canzone e delicato balladeur propone  Carried away, Just a Song Before I Go , Cathedral e  Cold Rain. Risultato: tutti brani di livello eccelso con almeno quattro capolavori di scrittura: In My Dreams  gran lavoro di chitarre acustiche e

Allen Toussaint – Motion ( 1978, Warner Bros. )

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La storia del r&b di New Orleans è punteggiata di musicisti creativi come Fats Domino, Dr. John, Professor Longhair, Lee Dorsey, i Meters, gli Spiders, tutta gente spesso ignorata dalla storia musicale “ ufficiale “ che incidevano per piccole compagnie discografiche quali Imperial, Minit, Speciality e A.F.O.. Nell’economia del sound di New Orleans il pianoforte è lo strumento che agisce da catalizzatore, ad esempio lo stile “ jump “ di Fats Domino che agiva di solito con un coppia di sax per far risaltare la differenza il beat del boogie-woogie suonato percuttivamente dalla mano sinistra, oppure l’accentuazione scivolava fino a trasformarsi in un ritmo ” shuffle ”. Ed ancora il fraseggio nonsense di Lee Dorsey di “ Y a Ya “ oppure “ O op-Poo-Pah “ di Jessie Hill . Una musica imbevuta di jazz e una ritmica sincopata nota come “ second line “ dalla posizione dei musicisti che accompagnavano i corte funebri suonando sommessamente per poi tornare dal funerale suonando musiche al

Brenda Russell - Two Eyes - (1983 , Warner Bros.)

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“ Two Eyes “ è il primo ed unico album di Brenda Russell per la Warner dopo i precedenti dischi da solita con la A&M , casa discografica con la quale tornerà anni dopo con “ Get Here “. Figlia d’arte, suo padre è Gus Gordon degli Ink Spots , questa pianista e compositrice di talento prese il cognome Russell da suo marito Brian con il quale incise nella seconda metà degli anni Settanta un paio di dischi per la Rocket , l’etichetta di Elton John . Pianista e compositrice di talento, sulle sue canzoni si sono adagiati tanti artisti : Luther Vandross , Stevie Wonder , Aretha Franklin , Joni Mitchell , Donna Summer , Earth, Wind & Fire , ma i suoi episodi da solista non sempre sono stati apprezzati come meriterebbero. Le sue sono canzoni raffinate, ma proprio per questo non facili da governare. Modelli molto soulful e pop con andature che rasentano la grammatica vocale del jazz. Saldando esperienza solista e collaborazioni varie, in questo “ Two Eyes “ emerge il profilo di u

Bill Meyers – Images (1986, Spindletop / Pony Canyon)

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Un album strumentale che abbraccia la musica fusion nelle sue forme  più in voga al tempo, affrontandole con classe e creatività, tenendo conto anche del bagaglio rock e quello ricchissimo della musica sinfonico-orchestrale. Bill Meyers è un tastierista di Chicago, arrangiatore e produttore, conosciuto per le sue collaborazioni con Madonna, David Foster, Earth, Wind & Fire , El DeBarge, Robben Ford. Questo primo disco a proprio nome fu pubblicato da una piccola etichetta di Los Angeles, la Spindletop nel 1986 quindi stampato per il mercato giapponese nel 1989 dalla Pony Canyon. Registrato in presa diretta su due tracce con uno stuolo di musicisti impressionante tra cui solisti come Larry Carlton , Neil Stubehaus ,Vinnie Colaiuta, Ernie Watts , Mike Landau, Brandon Fields, Images  è un mare di suoni affascinante, di climi ariosi, di suggestioni crepuscolari , di temi sinfonici pastorali maestosi. La sintesi e il confronto sono le due anime che sorreggono questo capolavoro di Bil

Harold Melvin & The Blue Notes – Black And Blue ( 1973, Philadelphia International )

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Quintetto vocale guidato da Harold Melvin che lavorò molto tempo nel cabaret e nei musical e Teddy Pendergrass, Harold Melvin & The Blue Notes, erano gli alfieri di Filadelfia ed eredi, nell’ottica del gemellaggio con la Tamla Motown di Detroit, del ruolo dei Four Tops (la voce di Pendergrass ricorda quella di Levi Stubbs). Canzoni costruite ai Sigma Sound con la tecnica delle migliori produzioni di Philadelphia, prodotte e scritte per la maggior parte dal team Gamble & Huff, arrangiate da maestri quali Bobby Martin, Vince Montana e Norman Harris, le basi orchestrali curate dai MFSB, per un prodotto meno funky e più melodico, pieno di vocalizzi ed ottimismo. Ci sono momenti pirotecnici di soul-disco come “ The Love I Lost “ e  " Is There A Place For Me ", due intramontabili classici del genere, altri di elegante ed aristocratico r&b come le soul ballad " Concentrate On Me " e " It All Depends On You ". Tutto è giocato su un taglio efficace

Miles Davis - Tutu (1986, Warner Bros)

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Introdotto dalla splendida foto di copertina e forse ascrivibile più a Marcus Miller – che ha scritto quasi tutti i temi e vi ha suonato basso elettrico, synth, sax soprano, clarinetto basso, chitarra e drum machine – Tutu è senza dubbio il canto del cigno del trombettista. Dedicato all’arcivescovo sudafricano Desmond Tutu, Nobel per la pace nel 1984 per la sua lotta contro l’apartheid, il disco si presenta come una serie di brani – forse non memorabili ma decisamente accattivanti – nei quali, grazie soprattutto all’elettronica, vengono fusi assieme elementi melodie orecchiabili, beat metropolitani, orchestrazioni ottenute con i synth, rapidi vamp ipnotici. Il tutto è tenuto assieme dal pulsare del basso elettrico di Miller e dal suono evocativo, quasi un lamento, della tromba con sordina di Davis; certo il risultato è poco spontaneo, ma Davis è davvero in buona forma e riesce ancora ad incantare soprattutto in brani come Tomaas, Portia, Full Nelson (Mandela) e la title-track. Dis

Brian Wilson – Imagination ( 1998, Giant Records )

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Molti come Brian Wilson hanno tentato di aggredire l’estetica uniforme del 4/4, ma pochi ci sono riusciti ( Bacharach, McCartney, Webb ) offrendo tanta mobilità armonica ed agilità di scrittura. Wilson smise di suonare e scrivere nel 1977, ai tempi di “ Love You “ , ultimo vero album dei Beach Boys, , poi smarrì il codice lineare di un tempo per tuffarsi in un songwriting pieno di incertezze. Tornò nel 1988 con l’omonimo lavoro, un album che nonostante fosse stato salutato con sospetto, fu opera nobilissima. Wilson era ormai carente in continuità, ma aveva folgorazioni creative che non lasciavano dubbio sulla sua salute mentale ritrovata. In quel disco non c’era niente di indimenticabile, ma neppure niente da dimenticare. Con “ Imagination “ si va alla ricerca di una identità perduta, di spazi una volta troppo vasti e ora angusti. Rappresenta qualcosa di perduto e il fatto che ci potesse qualcuno di farlo parzialmente rivivere, magari anche in riserbo, lontano, su quella torre do

Eugene McDaniels – Headless Heroes Of The Apocalypse ( 1971, Atlantic )

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“ Abbiamo ucciso la terra sotto i nostri piedi ... eppure ancora si uccidono a vicenda e parlano del futuro ". Così scriveva nelle note di copertina Eugene McDaniels per questo album rivoluzionario nell’ambito della musica nera. La sua è una storia particolarissima. All’inizio degli Sessanta si faceva chiamare “ Gene “ McDaniels ed era un garbato autore e cantante di r&B che entrava regolarmente nelle classifiche pop e soul con canzoni accomodanti come “ A Hundred Pounds of Clay “, " A Tear “ , la mitica “ Tower of Strength " di Burt Bacharach, poi, con l’avvento del soul più verace , quello di Otis Redding , di Sam & Dave, di Eddie Floyd, di Wilson Pickett , il suo pop-soul gentile non attecchì più le charts. Quando nel 1968 fu assassinato Martin Luther King, l’artista rivolse la sua attenzione verso i problemi di coscienza sociale, soprattutto del popolo nero e se ne andò a vivere in Svezia e Danimarca dove impegnò il suo tempo a scrivere canzoni diverse. Qua

Tears For Fears – The Seeds Of Love ( 1989 , Fontana )

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Tre anni di riflessioni e Curtis Smith e Roland Orzabal tagliano i ponti con “ Songs From The Big Chair “ e la relativa scaletta della canonica forma canzone, eludono  l’eccessiva confidenza con l’elettronica e recuperano “ umanità “ musicale.” The Seeds Of Love “ è la summa di tutte le influenze ed esperienze del duo. Venti anni di musica pop riversati dentro questo disco, dagli Steely Dan ai Beatles, dai Little Feat ai King Crimson, dai Genesis di “ The Lamb… “ al David Bowie di “ Young Americans “ fatti propri, somatizzati ed espressi con originalità. Una magnifica suite pop fatta di otto brani in cui si esprimono tanti concetti da rimaner e a bocca aperta. Gli spunti soul d’alta calsse in “ Woman In Chain “ con la voce di Oleta Adams, il rock beatlesiano di “ Sowing The Seeds Of Love “, l’hit single “ Advis e For The Young At Heart “ , una delle più belle canzoni degli anni Ottanta-Novanta con un assolo alla Walter Becker. Il rock-blues di “ Bad Man’s Song “ con il fantasma

Laura Nyro - Christmas And The Beads Of Sweat (1970, Columbia)

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Una delle cantautrici più ammirate e seguite degli anni ’60 e ’70 al fianco di Carole King, Judy Collins e Joni Mitchell. La sua carriera - pur fra alti e bassi -  è sempre stata intervallata da lungi silenzi, defezioni e ritiri dalla scene dettati più da esigenze umane che artistiche. In questo album la Nyro si conferma progettista di ardite architetture sonore applicate alla canzone pop, sorrette dalla sua voce cristallina, da un cesello timbrico formidabile di tre ottave e progressioni di accordi sempre tesi al punto di rottura. Queste melodie all’apparenza fragili ed intimiste, ricche di poesia esistenziale, vengono qui esaltate dalla produzione di Arif Mardin e Felix Cavaliere che gli costruiscono attorno un tessuto sonoro più  "solare". Due sessions distinte, le prime cinque canzoni sono registrate ai Muscle Shoals con musicisti locali collaudati come Roger Hawkins, Eddie Hinton, Barry Becket e supervisione di Mardin, mentre le restanti quattro con Felix Cavaliere

Byrne & Barnes - An Eye For An Eye (1981 , Climax)

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Nonostante l’insuccesso di un capolavoro come “ Blame It On The Night “ del 1979 che la Mercury tolse dal proprio catalogo sei mesi dopo la pubblicazione, Robert Byrne, insieme al polistrumentista Brandon Barnes, registra sempre ai Muscl e Shoes Alabama questo disco  pubblicato solo in Giappone nel dicembre 1981. E' un lavoro affascinante ed originale.  Non si sa come prenderle queste canzoni, potrebbero avere la forza sontuosa degli Steely Dan e nello stesso tempo sembrare il punto d’incontro tra England Dan & John Ford Coley e i Doobie Brothers. Sono canzoni profonde, hanno una fisionomia precisa eppure sono sfuggenti, sembrano veloci quando sono lente, vestono alla grande la forza del soul, ma potrebbero essere divise ben stirate con ricami jazzy. Ogni brano qui incluso è carico di affinità elettive, di piccoli segni , di coincidenze che esaltano la scrittura più ricca dell’A.O.R. La facilità con cui emergono dal nulla brani di portata passionale è inquietante: "

Alan Parsons Project – Tales Of Mistery And Imagination ( 1976, Mercury )

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Mago della consolle, Alan Parsons inizia la sua carriera negli studi di Abbey Road come semplice riavvolgitore di nastri sui quali i Beatles stavano incidendo “ Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band “, poi collabora come sound engineer per l’album “ Abbey Road “ e alcune cose con i Wings di Paul Mc.Cartney. La prima esperienza in veste di produttore avviene con gli Hollies e subito dopo, oltre come tecnico del suono, stretto collaboratore dei Pink Floyd in “ The Dark Side Of The Moon “. Dai lì in avanti produce con successo i dischi di John Miles, Cockney Rebel, Pilot, Ambrosia fino all’exploit del folk singer Al Stewart con “ Year Of The Cat “. Tutti questi riferimenti sono riversati nell' esordio con il suo ensemble, un lavoro ispirato ai racconti di Edgar Allan Poe : impasti vocali beatlesiani, squarci sonori alla Pink Floyd , riferimenti classici e barocchi con la partecipazione di molti nomi con cui Parsons collaborava, dai Pilot e gli Ambrosia al completo, da John

Patti Austin – Every Home Should Have One ( 1981, Q-West )

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Corista tra le più ricercate ed apprezzate, Patti Austin ha realizzato negli anni Settanta alcun pregevoli lavori per la CTI dove riusciva a muoversi con eleganza tra jazz vocale e raffinato r&b. Comunque, per lei, la vera consacrazione internazionale arriva quando approda sotto le ali protettive del suo padrino Quincy Jones  (Patti conobbe Jones nel ’54, aveva appena quattro anni, a 16  era già una cantante) , prima partecipando alle sessions di " The Dude" , quindi il lancio in grande stile avvenuto con questo disco. Qui la cantante trova le fila di un pop-soul moderatamente jazzato, unito a suoni puliti ed accattivanti, per interpretare al meglio quel ruolo di " sophysticated lady"  che ha oggi decine di imitatrici. Tecnicamente ed artisticamente la chiave di volta è rappresentata dalla magnifica produzione e dalla libertà musicale data all’artista. Quincy Jones costruisce attorno ad ogni brano un sound ricco di spunti originali, di trovate, di raffinatez

Daryl Hall - Can't Stop Dreaming ( 1999, BMG Japan )

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Quarto episodio solistico senza John Oates per Daryl Hall con una magnifica collection le cui radici affondano nel “ blue eyed soul “. Dodici canzoni che adempiono con classe al ruolo di congiunzione tra pop bianco e lo stile nero più raffinato. Inspiegabilmente quest’album fu “ congelato “ per molto tempo dalla RCA, prima di pubblicarlo ufficialmente, giudicandolo poco “ commerciale “ ed uscì solo il Giappone o in alternativa ordinarlo direttamente sul sito dell’artista. In” Can’t Stop Dreaming “, Hall coniuga perfettamente l’ispirazione del soul bianco con i nuovi suoni della musica black. Un tappeto sonoro ricchissimo, dinamico, ma che non annega mai nella sovrabbondanza ritmica. E poi c’è sempre la sua magnifica voce, carica, espressiva, quella ricchezza cromatica ed estremamente duttile che raggiunge momenti intensi, specie quando esplora la ballad, abbandonandosi ad aperture melodiche dal respiro profondo come “ Let Me Be The One “ , “ Hold On To Me “ oppure nel brano p

Bill Champlin – Single (1978 Full Moon / Epic)

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Il primo contatto di Bill Champlin con David Foster ci fu nel 1976 all’epoca di “ A Circle Filled With Love “, disco dei Sons of Champlin, gruppo della Bay Area dalla storia dignitosa  fatta di rock, soul e psichedelia. Una band fondata da Champlin, dove Foster appariva in veste di turnista al piano. Dopo “ Loving is Why “ dell’anno seguente, il gruppo si sciolse e Bil Champlin tentò la carta da solista con questo lavoro prodotto proprio da David Foster. Fu uno dei primi “crossover“ californiani, una mescola di esperienze soul e pop con brani precisi, diretti,  parti vocali e strumentali ad alta frequenza. Ci sono dei punti fermi in questo bellissimo album a cominciare da “ What good is love “ di Jay Graydon, up-tempo energetico con un arrangiamento ritmico chitarristico da manuale, il funky-soul addolcito negli spigoli di “ I Don't Want You Anymore “, brano ripreso due anni dopo dai Tavares in “ Supercharged “, una ballad di lucida espressività come “ We Both Tried “ rivisi