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Visualizzazione dei post da settembre, 2010

Ivan Lins – Love Dance (1989, Reprise)

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L’album "americano" di Ivan Lins. Un raccolta dei migliori brani del suo repertorio cantanti in inglese con uno sforzo produttivo notevole caratterizzato dalla produzione di Stewart Levine, gli arrangiamenti di Larry Williams e il patrocinio di Quincy Jones tramite la figlia Jolie in qualità di produttore esecutivo del disco. Forse, non cantando in portoghese, l’artista brasiliano sacrifica un po’ l’espressività della lingua madre, ma le favolose melodie e la perizia strumentale di musicisti come Michael Landau, Lenny Castro, John Robinson, Larry Williams, fanno di questo lavoro un caposaldo della canzone d’autore internazionale. Questo grande autore carioca considerato da molti il miglior songwriter brasiliano dai tempi di Jobim, è un musicista particolare. Influenzato dalla bossa nova e dai grandi orchestratori contemporanei come Duke Ellington, Henry Mancini e Miche Legrand, propone delle composizioni che vanno oltre gli schemi e le metriche canoniche della canzone

Little Feat – Waiting For Columbus (1978, Warner Bros.)

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Alla fine degli anni Sessanta, due ex Mothers Of Inventions, due geniali e pazzoidi accompagnatori di Frank Zappa, il chitarrista Lowell George e il bassista Roy Estrada decidono di formare una band di blues e rockn’roll chiamando il batterista Ritchie Hayward dei Fraternity of Man, un gruppo di country e western e il tastierista Bill Payne. . Fin dal primo disco, l’omonimo “ Little Feat “ , seppur ancora acerbo mostra in nuce le grandi qualità di compositori e strumentisti e Lowell George, discepolo di Duane Allman, si dimostra una maestro della sei corde. La loro è una musica dalle fortissime tinte blues e country rock accompagnate da testi graffianti. La cattiva coscienza e l’orgoglio underground della West Coast, i Leattle Feat era una band atipica e "surreale " a partire dalle copertine dei loro dischi, esilaranti ed amari, ma sempre irresistibili. Nel 1973 Estrada lascia il gruppo e in “ Dixie Chicken “ si aggiungono tre nuovi musicisti, Ken Gradney al basso, Sam

Gino Vannelli – Brother To Brother (1978, A&M)

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Alla fine degli anni Settanta i tempi di assimilazione del pop adulto si facevano sempre più rapidi . In poco tempo si sviluppò una certa interpretazione della musica, ma questa celerità non escludeva un approccio profondo, anzi lo favoriva, facendo della musica uno strumento per riordinare il presente con qualche goccia di passato. Gino Vannelli era uno dei nuovi esteti di questo sound, come Donald Fagen e Stephen Bishop, ovvero tutti quei musicisti che giungevano alla tentazione jazz risolvendola con ricette stilisticamente colte fatte di note pop vellutate, brividi soul e affondi di fusion sullo fondo. Un connubio ideale tra rispolverate discipline jazzistiche e le rinnovate tradizioni del pop d’autore. Aiutato dai fratelli Joe e Ross, quest’ultimo decisivo nell’organizzare al meglio il suono, questo album racchiude tutte queste influenze e le sublima. Brani come People I Belong To , Wheels Of Life , Feel Like Flying  hanno il piglio melodico sicuro, solidità d’invenzione fus

Oasis - (What's the Story) Morning Glory? (1995, Epic / Sony)

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I fratelli Noel e Liam Gallagher , dopo l’enorme ed inaspettato successo di “ Definitely Maybe “ si preoccupano che il loro rock’n’roll resti un’ideologia aperta. Ecco perché in questo secondo disco operano un riciclaggio del gusto rock , proponendo strutture rinnovate da una differente tessitura di vecchie maniere. C’è un ‘evoluzione del suono e allargamento di sensibilità, raggiungendo una qualità globale e senza dubbio più corretta soprattutto nella compiuta concretizzazione del materiale più soft , nella esecuzione collettiva e nella cura dedicata al risultato finale. C’è anche un nuovo batterista al posto di McCarroll , ed è Alan White, fratello di Steve che suonò con gli Style Council. Meno lezioni di feedback , più tastiere, qualche carica orchestrale e questo album prende quota di intenti. Un sound sempre potente, ma più dosato , con tre canzoni per passare alla storia: “ Wonderwall “ purissima e melodica pop song originariamente intitolata “ Wishing Stone “ cambiata in onore

John Coltrane - My Favorite Things [2006 Limited Japan Remaster] (1960, Atlantic)

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Quattro brani, quattro standard per un disco storico, sorta di compendio di improvvisazione inciso con 3/4 di quello che sarà il suo quartetto storico; l’anima fortemente ritmica e percussiva che gli è propria prende le mosse dal drumming potente ed innovativo di Elvin Jones che è di continuo stimolo per il saxofonista, e si completa nel pianismo del giovanissimo McCoy Tyner - fino a quel momento non particolarmente conosciuto – che ha un approccio allo strumento molto dinamico e percussivo, con la ripetizione di voicing e di rapide cascate di note. Ulteriore novità è la riscoperta e l’utilizzo da parte di Trane del sax soprano che all’epoca era di fatto uno strumento caduto un po’ in disuso. Si parte dal pezzo forte, ovvero My favorite things , valzer di Rodgers e Hammerstein che Coltrane al sax soprano letteralmente scompone e ricompone a piacere, utilizzandone il tema dalla fragranza orientale come una sorta di mantra ripetuto con ipnotica ossessione, mentre Tyner sostiene il lead

Herbie Hancock - Takin' Off (1962, Blue Note)

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Il debutto di Herbie Hancock da leader. A capo di una band di tutto rispetto (Freddie Hubbard alla tromba, Dexter Gordon al sax, Butch Warren al contrabasso e Billy Higgins alla batteria), incide nel 1962 per l'etichetta Blue Note l'album "Takin' Off", ed è subito un successo, grazie soprattutto ad un brano semplice ed orecchiabile "Watermelon Man". Pur essendo uno degli album più convenzionali di Hancock, "Takin' Off" rivela in pieno le grandi potenzialità compositive e tecniche dell'allora giovane musicista, ma già straordinariamente maturo per la sua sua età. Watermelon Man Personnel Herbie Hancock — piano Freddie Hubbard — trumpet Dexter Gordon — tenor saxophone Butch Warren — bass Billy Higgins — drums Tracks 1. "Watermelon Man" 2. "Three Bags Full" 3. "Empty Pockets" 4. "The Maze" 5. "Driftin'" 6. "Alone and I" 7. "Watermelon Man" (Alternate

Joan Baez - Joan Baez 5 (1964, Vanguard)

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Strenua eroina, sangue spagnolo e grandi battaglie politiche , Joan Baez è stata negli anni Sessanta la risposta femminile a Dylan. Con la sua classe e il suo inconfondibile falsetto ha inciso tanti dischi, in studio, dal vivo. Dischi di ballate popolari, di country music, altri tipicamente melodici, altri ancora densi di rock e jazz. Il folk singer Bill Wood fu il primo ad interessarsi di lei e registrare insieme  Round folksingers, Harvard Square   pubblicato nel 1959. Poi l’anno dopo l’esordio con la Vanguard dove due, tra i primi quattro dischi erano live in concert. Questo era il quinto, come dice il titolo e la Baez iniziava a prendere maggiore coscienza verso materiale moderno con l’inserimento di canzoni di Phil Ochs ( There But For Fortune) , Bob Dylan ( It Ain’ Me Babe ) e Johnny Cash ( I Still Miss Someone ). Ma in questo album ci sono tante altre gemme. L'ardito esperimento in Bachianas Brasileiras n. 5 - Aria  del compositore brasiliano Heitor Villa-Lobos tratto

Robbie Dupree – Robbie Dupree (1980, Elektra)

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Appena uscì “ Steal Away “ una perfida radio dell’Ohio lo proclamò “ il miglior imitatore di Michael McDonald “, la canzone in effetti assomigliava molto a “ What A Fool Believes “ dei Doobie Brothers, dai cori, l’intercalare ritmico delle tastiere e quella tipica musicalità adatta alle radio FM del tempo. Questo brano fece conoscere Robbie Dupree (vero nome Robbie Dupuis) a livello internazionale e realizzare velocemente questo suo esordio che rimane uno dei più riusciti dischi di pop californiano in assoluto. Un crocevia immancabile per conoscere quella cerchia elitaria di musicisti che si muovevano a Los Angeles e dintorni verso la fine degli anni Settanta e i primi Ottanta. Il nucleo dei musicisti intervenuto compresa la produzione di Rick Chudacoff and Peter Bunetta è praticamente quello dei “ Crackin’ “ , band con la quale Dupree aveva già collaborato, ampliato da altri accompgnatori del giro e dalla supervisione in un paio di canzoni di Bill LaBounty. Nove brani costruit

Marc Jordan – Mannequin (1978, Warner Bros.)

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La storia inizia nel 1974 quando Marc Jordan , canadese nato a Brooklyn e figlio d’arte (suo padre Charles era un buon cantante) firma un contratto discografico con la CBS canadese che frutta due singoli senza riscontri, ma attirano l’attenzione di Gary Katz, il produttore degli Steely Dan. Sotto l’egida di Katz, Marc Jordan realizza questo suo primo lavoro supportato da musicisti appartenenti per buona parte al giro fusion di squisita inclinazione tecnicistica come Harvey Mason, Dean Parks, Larry Carlton, Chuck Rainey, James Newton Howard e l’ospitata prestigiosa di Donald Fagen al piano. C’è in “ Mannequin “ quella smania sottopelle di camminare lungo la “ jazzy side of life “, di dire le cose in tempi dispari come avverrà col seguente “ Blue Desert “, ma anche il desiderio di cantare, di non abbandonare una certa fondamentalità cantautorale , quella malinconia nelle ballate di “ Mystery man" , “ Marina del Rey “ oppure le varianti intelligenti sui mezzi tempo di “ Surv

George Benson – Weekend in L.A. (1977, Warner Bros.)

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George Benson, il più dotato chitarrista della generazione post Wes Montgomery , catturato in tre concerti al “ Roxy Hollywood “ tra il 30 settembre e il 2 ottobre del 1977. Del suo maestro ha seguito le ultime tracce, quelle che lo volevano rielaboratore di brani pop nella CTI di Creed Taylor. Quel suono jazz facile e contaminato a cui personaggi come Bob James e Deodato debbono moltissimo. Free lance insofferente alla vita di gruppo aderì tra i primi al progetto di Taylor, partecipando in numerose incisioni della scuderia e prendendo il meglio dalla collaborazione di colleghi jazz come Herbie Hancock , Billy Cobham e Ron Carter, ma anche da altri artisti più vicini alla musica soul quali Grover Washington jr. e Stanley Turrentine. Il suo stile chitarristico pulito e lineare, privo di filtri ed effetti, vellutato e veloce, si rifà spesso anche alla lezione del blues urbano di Muddy Waters, per questo motivo i brani proposti un questo doppio live sono stringati, arrangiati co

Pages - Pages (1981, Capitol)

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Richard Page e Steve George  amici d’infanzia, entrambi tastieristi e ottimi cantanti,  insieme a John Lang  cugino di Richard e paroliere del gruppo, giungono a quest’ultimo atto per la Capitol con conseguenti beghe legali (avevano un contratto per cinque dischi ne fecero tre) prima di ritornare nel 1984 col nome di Mr. Mister. Questo lavoro è la summa delle esperienze maturate con i precedenti " Pages"  del 1978 e " Future Street"  del 1979. Un capolavoro A.O.R. che pochi apprezzarono a quel tempo. Troppo sofisticati, troppo eleganti per essere capiti. Il loro era un credo musicale molto vicino alla fusion trasportato in tutte quelle caratteristiche pop di estremo gusto che fecero grande gente come David Foster e Jay Graydon qui in veste di produttore insieme a Bobby Colomby. Basta ascoltare le prime due tracce ( You Need A Hero  e Tell me)  per capire come questo suono sia tanto sfuggente quanto preciso nella melodia. Page e George diventarono nel frattempo

Rupert Holmes – Partners in Crime (1979, Infinity / MCA )

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Holmes è stato un bambino prodigio, nato in Inghilterra e cresciuto a New York, clarinettista jazz dall’età di dodici anni. Le sue canzoni sono state portate al successo da artisti internazionali come i Platters, Dionne Warwick, i Drifters, Manhattan Transfer, Dolly Parton, Barry Manilow, Engelbert Humperdinck, Gene Pitney. E’ stato produttore per gli Sparks, i Sailor , Barbra Streisand , autore di colonne sonore per cinema e televisione, scrittore e poeta di successo. Insomma un artista a 360 gradi. Dopo quattro bellissimi dischi solisti rimasti nell’anonimato, improvvisamente Rupert Holmes con “ Partners in Crime “ raggiunge successo e popolarità in tutto il mondo, grazie anche a due singoli ben costruiti come " Esca pe (The Pina Colada song)" e " Him ". L’album è articolato su canzoni di stampo confidenziale, in maggior parte giocate sui tempi medi che riportano alla grande tradizione del pop mainstream americano. Tra le cose migliori ecco dunque le accatt

Miles Davis – Birth Of The Cool (1949-1950, Capitol)

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Il passaggio definitivo dal bebop ad uno nuovo stile più morbido chiamato cool jazz, quello che influenzerà in avanti tutta la scena jazzistica californiana, anche se il vero successore del bebop sarà l’hard bop suonato dai jazzmen neri di New York. E’ una piccola orchestra, una " nine-piece band"  riunita per l’occorrenza da Miles Davis (proveniente dalla bebop band di Charlie Parker) a sancire l’affermazione del cool jazz, ovvero la strada più soft del bebop e la sua rifinitura stilistica dove gli strumenti dovevano suonare come una voce umana. Non è la " nascita del cool"  come dice il titolo, in quanto questo movimento, che durerà un arco temporale relativamente breve nel jazz moderno (1947 – 1953), ma esprimerà lavori ed artisti straordinari, era un mondo musicale frequentato già da alcuni anni da musicisti perlopiù bianchi. Il precursore sin dal 1945 fu Lennie Tristano con i suoi allievi tra cui Lee Konitz che ritroviamo anche qui, poi Jimmy Giuffre che

Manhattan Transfer – Mecca For Moderns (1981, Atlantic)

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Rubato il nome da una celebre novella di John Dos Passos, Tim Hauser ex cantante di do-woop con i Criterions e i Viscounts ed ex collaboratore di Jim Croce in una folk band, nel 1969 crea a New York il primo nucleo dei Manhattan Transfer con Marty Nelson , Erin Dickins e Pat Rosalia. Per la Capitol esce nel 1971 “ Jukin’ “ , album di stantard jazz e nuovi brani dal gusto rètro che non accontenta sia il mercato jazz che quello pop. Hauser scioglie il gruppo e cerca altri elementi che troverà nel ballerino-compositore Alan Paul e le vocalist Laurel Masse e Janis Siegel. Con questa line-up nasce il gruppo più caldo degli anni Settanta. Un quartetto vocale spumeggiante, divertente,  portavoce prima di quella tenenza al kitsch e al nostalgico che trovava una ragione validissima di essere in dischi come “ Coming Out “ e “ Pastiche “, pirotecniche prove che ci riconducevano alla sfarzosa Hollywood del gli anni ’40 e ‘ 50, quella di Fred Astaire e Cole Porter. Cheryl Bentyne sostituì

Leah Kunkel - Leah Kunkel (1979, Columbia)

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Leah Kunkel è una delle più affascinanti vocalist a cavallo tra gli anni settanta ed ottanta. Pupilla di Jimmy Webb e Art Garfunkel, sua sorella era la celebre “Mama“ Cass Elliot dei Mama’s and Papa’s, il cognome sarà preso in seguito dal matrimonio con il batterista Russ Kunkel sposato nel 1968. Cantava a New York nel circuito del Greenwich Village con Fred Neil e John Sebastian, poi, tramite sua sorella Cass, si trasferì a Los Angeles, iscrivendosi come autrice alla Troudsade Music e partecipando in qualità di corista nei dischi di James Taylor, Jackson Browne e Art Garfunkel. Prodotto da Val Garay e Russ Kunkel, questo lavoro è una collezione di modelli pubblici e privati della musica pop di classe. I privati arrivano dal remake di A Fool At Heart  di Stephen Bishop e Step Right Up  di Peter McCann, quelli pubblici, altrettanto belli, sono la “ verniciata “ che la Kunkel dona a I’ve Got A Message To You  dei Bee Gees, If I Could Build My Whole World Around You  di Marvin Gaye

Elvis Presley - Elvis Presley (1956, RCA)

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Il primo disco di rock’n’roll ad arrivare al primo posto delle classifiche. Nel 1995 l’astuto colonnello Tom Parker , manager factotum di Elvis , riesce a far acquistare alla RCA tutto il materiale pubblicato ed inedito dalla Sun con una transazione da 35.000 dollari, cifra da capogiro per un artista quasi sconosciuto. Nel gennaio del 1956 uscì il singolo epocale “ Heartbreak Hotel “ che schizzò al primo posto nelle charts americane e al secondo in quelle inglesi. A 21 anni Elvis  era una star. Il singolo “fu una ventata di aria fresca e di gioventù nel panorama musicale mondiale. Quella forma rozza e grossolana, ma estremamente contagiosa e aggressiva derivata dal blues e dal country era esplosa dirompente. Forse in giro c’erano rockers neri più bravi e rigorosi di lui come Little Richard, Chuck Berry e Fats Domino, ma Elvis fu l’interprete più fortunato e divistico tra tutti gli eroi del rock’n’roll. Il ragazzotto semplice delle “ Sun Sessions “ si stava trasformando negli atteggia

Oregon - Winter Light (1974, Vanguard)

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La musica degli Oregon ha una fascino arcano, segreto, interiore. Possiede una intensa e sorprendente magia che evoca le luci e le ombre di terre lontane. Un qualcosa di rarefatto e un procedere che penetra nel profondo. Un mondo musicale sganciato dalle etichette, il folk, il jazz sono elementi culturali vissuti e fusi in una sensibilità intensa. Il pericolo della vacuità estetizzante e fine a se stessa è evitato grazie a una ricca capacità di sintesi dei musicisti. Ralph Towner, virtuoso chitarrista e pianista con esperienze esaltanti prima con la band di Paul Winter quindi nei Weather Report di “ I Sing The Body Electric “ guida il gioco collettivo insieme alle percussioni di Collin Walcott, i fiati di Paul McCandless e Glen Moore al contrabbasso. Un blending di jazz , di musica classica, di ritmiche africane ed orientali , di folk costruita con rara maestria tra composizione ed improvvisazione. Nove narrazioni visionarie e sofisticate, descrittive e poetiche, create dalla pittoric

Michael Sembello - Bossa Nova Hotel (1983, Warner Bros.)

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Di chiare ascendenze italiane, per l’esattezza campane-molisane, Michael Sembello da Philadelphia è stato un enfant prodige della chitarra jazz, strumento che studiò con il grande Pat Martino. A soli 17 anni si trasferì in California dove fu notato da Stevie Wonder che lo inserì nella sua band dal 1972 al 1979. Lo rintracciamo in studio con Stevie prima in Fulfillingness' First Finale  del 1974 quindi due anni dopo nel mitico Songs In The Key Of Life  dove firma la bella Saturn . Il ricordo di Sembello: "Quando mi ha chiamato cercava un musicista avanzato, aperto: si stava muovendo in una nuova direzione, voleva lasciarsi alle spalle il vecchio stile Motown, creare qualcosa di nuovo. Io venivo dal jazz, dalla musica classica, volevo sperimentare, mescolare musiche diverse" . Lasciato Wonder si dedica a tempo pieno come sessioman di studio , collaborando con le migliori produzioni di George Duke, Stanley Clarke, David Sanborn e scrivendo in seguito brani interpretati

Bo Hansson – Lord Of The Rings (1972 , Charisma)

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Su una piccola isola delle fredde plaghe scandinave, il polistrumentista svedese Bo Hansson registra con un portatile a sei piste una serie di brani ispirati alla trilogia de “ Il Signore degli Anelli”  di Tolkien dal titolo “Sagam Om Ringen” pubblicato nel 1970 dalla label svedese Silence . Il disco fu un buon successo locale tanto da interessare la Charisma - una delle piccole etichette inglesi autogestite di quel periodo che concedevano libertà espressiva ai musicisti in fase creativa  - che lo pubblica due anni dopo e con tre brani in meno rispetto all’originale. Trentamila copie vendute in poco tempo per un disco "anti-commerciale" sorprende tutti, Hansson compreso. Con lui ci sono tre musicisti svedesi, Sten Bergman al flauto, Gunnar Bergstend al sax e il suo vecchio compagno Rune Carlsson alla batteria e percussioni con il quale aveva formato anni prima un duo abbastanza conosciuto in Svezia. E’ una dimensione di tradizioni espressive e di sonorità tipicamente n