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Visualizzazione dei post da settembre, 2012

Scott Smith – Face to Face (1984, Light Records)

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Il produttore, arrangiatore ed autore S cott V. Smith è uno dei più importanti ed influenti artisti di Contemporary Christian Music . Un nome da copertina che nella sua carriera, iniziata nei primi anni Ottanta, ha vinto due Grammy Awards con i Winas ( Tomorrow ) ed uno con Andrae Crouch ( Mercy ). Le sue collaborazioni spaziano dal gospel (Howard Smith, Yolanda Adams, Donn Thomas ) al r&b ( Smokey Robinson, Patti Austin ) al pop ( Phil Collins ) ed è molto apprezzato anche come compositore di musiche per cinema e televisione. Questo unico progetto a suo nome è un eccelso campionario di blue eyed soul, funk e gospel dove ci sono grandi prestazioni vocali di Michael Ruff in 4 brani, Vonda Sheppard in due, i Winas e Howard Smith . Pubblicato lo stesso anno di Tomorrow (il suo capolavoro di produzione per i Winas ), Smith in questo album fa convivere anime diverse e pure magnificamente coesive, strette in un solo patto d’onore, quella della musica di spessore, ispirata

Dick St. Nicklaus – Magic (1979, Epic)

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Dick St. Nicklaus   è lo pseudonimo di Dick Peterson , polistrumentista e cantante che aveva fatto parte dei Kingsmen , un gruppo di Portland   diventato leggendario nel 1963 con Louie Louie , canzone da un milione di copie bandita nello stato dell ’Indiana e addirittura oggetto di indagini da parte dall’F.B.I. per oscenità del testo che si rivelarono infondate. La band si sciolse verso la fine degli anni ’60 e Peterson lo ritroveremo poi nel 1978 sotto la sigla Natural Juice con cui pubblicò uno strumentale disco-soul per la Casablanca Records intitolato Floyd’s Theme inserito nella colonna sonora Thank God it's Friday . Insieme Velton Ray Bunch già co-produttore del progetto Natutal Juice , l'artista col nome di Dick St. Nicklaus   realizzò questo Magic , il primo di due ottimi album in stile A.O.R. westcoast e blue eyed soul che inaspettatamente riscosse un enorme successo in Giappone trainato dalla ammaliante title track , uscita come singolo. Strutturato s

Bobby King - Bobby King (1981, Warner Bros.)

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Il cantante Bobby King , nativo di Lake Charles , Louisiana , è un veterano della soul-highway di Los Angeles . Sulla scena r&b e gospel da tantissimi anni, formò nei primi anno ’70 un duo soul-blues con Terry Evans molto apprezzato. Dal 1973 in avanti questo grande cantante dal falsetto particolare è stato il vocalist preferito di Ry Cooder con cui ha inciso numerosissimi dischi portando avanti contemporaneamente una intensa attività come corista con collaborazioni illustri tra cui Boz Scaggs, Billy Preston, George Harrison, Bob Dylan, Bruce Springsteen e John Lee Hooker . Tra il 1981 e il 1984, l’artista realizzò a suo nome due ottimi dischi, questo omonimo per la Warner e Love In The Fire per la Motown . entrambi orientati verso un soul dalle matrici pop californiane. L’assetto tecnico-compositivo del lavoro è infatti simile a quello ascoltato nei dischi dei Waters e dei Rhythm Heritage complice la produzione di Steve Barri , gli arrangiamenti di Michael Omart

Paul McCartney – Ram (1971, EMI)

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Il precedente McCartney era un disco fatto in casa insieme con sua moglie Linda (sposata nel marzo del 1969) dove Macca suonava tutti gli strumenti con i risultato di un lavoro decisamente artigianale anche se disponeva di un singolo straordinario come Maybe I’m Amazed , brano ripreso poi anche dai Faces . Con Ram si cambia approccio. Le registrazioni stavolta si svolgono agli studi Columbia e A&R di New York ed iniziano verso la fine del 1970 per riprendere i lavori a gennaio, dopo la pausa natalizia. I musicisti impegnati sono i chitarristi David Spinozza e per alcune parti da Hugh McCracken , Denny Seiwell alla batteria, Linda (coinvolta anche come autore) alle percussioni e cori, McCartney al piano, chitarre, basso e naturalmente voce. Con Spinozza vennero registrate Legs, Eat At Home, Another Day , Oh Woman, Oh Why e Get On The Right Thing (quest’ultima inclusa in Red Rose Speedway ), il resto sarà registrato con McCracken . La New York Philharmonic Orchest

America - History: America's Greatest Hits ( 1975, Warner Bros. )

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Tra il cultori più significativi di quella tradizione west coast che si rifaceva ai modelli di Crosby, Stills, Nash & Young , gli America sono stati i continuatori di un’avventura che ha caratterizzato buona parte degli anni ‘70. Una band polivalente ed ispirata quanto basta per rappresentare una sorta di leggenda alla rovescia del periodo post country-rock . Il sodalizio musicale inizia nel 1966 in Inghilterra , nel sobborgo di Watford . Il gruppo originario era costituito da un quintetto, tutti figli di ufficiali americani in servizio in Inghilterra, il gruppo si chiamava The Daze e col suo repertorio folk-rock si esibiva nei locali della Londra bene. Nel 1969 il quintetto si riduce ad un trio: Dewey Bunnell (1951), Gerry Beckley (1952) e Dan Peek (1950), dopo che quest’ultimo era ritornato negli USA per un anno ed accompagnò some supporter, le tournee europee di Cat Stevens ed Elton John . Il nome della band fu coniato casualmente a Birmingham dopo un concerto.

Dexter Wansel – Time Is Slipping Away (1979, Philadelphia International)

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Produttore, autore ed arrangiatore, il tastierista Dexter Wansel è stato un vero mago dei Sigma Studios di Philadelphia , un talento rintracciabile nei dischi per Lou Rawls , i Jacksons , Patti LaBelle, Phyllis Hyman , le Jones Girls . Entrò a far parte dello staff creativo di Gamble & Huff nel 1975 e proveniva da un gruppo funk-rock chiamato Yellow Sunshine che pubblicò nel 1973 un omonimo album per la etichetta Gamble . In quella band c’erano altri due musicisti che sarebbero poi entrati a far parte dei MFSB , il chitarrista Roland Chambers e suo fratello Karl (batteria). A livello compositivo i partner preferiti di Wansel furono Bunny Sigler e Cynthia Biggs con i quali scrisse pregevoli canzoni per gli O’Jays, Teddy Pendergrass e gli Intruders , distinguendosi soprattutto per un approccio diverso al contesto musicale tipico del Philly Sound con schemi strutturali e di arrangiamenti molto più sperimentali, uno su tutti Night Over Egypt per le Jones Girls . In

Christopher Cross- Rendezvous (1991, Polystar)

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I primi due dischi di Christopher Cross , texano di Austin, ma californiano di adozione, avevano sedotto il mondo, così come il tema del film Arthur con Bacharach dietro le quinte. Poi c’è stata un’involuzione inaspettata. Nel voler donare attualità per le nuove esigenze del mercato pop   è andati a scavare sollecitazioni elettroniche dentro una materia così raffinata e melodica portandola all’appassimento della forma ed in contrasto palese con la sua particolare tendenza armonista. E così  i seguenti Every Turn of the World (1985) e Back of My Mind (1988)  sono stati di pop pastorizzato ed incompiuto portando ben presto l’artista in posizioni di retrovia. Passano tre anni ed esce inizialmente solo per il mercato giapponese questo Rendezvous che inaspettatamente rinverdisce per un momento tutto il suo talento di abile songwriter, senza per questo aumentare il suo pubblico. E’ uno scenario improntato sul recupero di quello stile che lo rese famoso ed almeno la metà delle canz

Buggles – The Age Of Plastic (1980, Island)

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L’album anticipatore di tutto il movimento synth-pop degli anni ’80, capostipite di un sound che anticipa ed influenza tutto lo stile dell’elettronica sofisticata del decennio (D epeche Mode, New Order , etc.). I Buggles nascono nel 1979 quando i due musicisti inglesi Trevor Horn (basso,chitarra, percussioni, voce) e Geoff Downes (tastiere, percussioni) pubblicano il singolo Video Killed The Radio Star , una canzone scritta insieme al chitarrista Bruce Woolley il cui video poi inaugurò (1° agosto 1981) le trasmissioni di MTV . Prima di allora pochissimi artisti realizzavano dei videoclip per le loro canzoni, i Buggles centrarono perfettamente con questo brano il connubio musica-immagine. Sembrava il solito one-hit wonder, ma sull’onda del successo Horn e Downes realizzano questo The Age Of Plastic . Un album concept sulle insidie delle dipendenza dell’uomo con la tecnologia che lo porta oltre alla meccanizzazione fisica, anche a quella mentale. Un pericolo molto più sott

Chicago – Chicago 18 (1986, Full Moon)

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Ultimo atto della trilogia prodotta da David Foster per i Chicago, diventati  qui un settetto per la dipartita di Cetera indirizzato verso la carriera solistica ( Solitude/Solitaire ) rimpiazzato dal bassista e cantante Jason Scheff , e del chitarrista Chris Pinnick con il lavoro chitarristico affidato in questo album ai turnisti esterni Buzz Feiten, Michael Landau e Steve Lukather. Il sound , anche se in alcuni brani appesantito da sovrabbondanza di tastiere e sintetizzatori, si pone sempre in linea con il multi platinato disco precedente, ovvero A.O.R.  con alcune raffinatezze funky-soul ed i soliti impeccabili arrangiamenti di fiati. Il primo singolo rilasciato fu un remake aggiornato della loro 25 or 6 to 4, ma questo brano jazzato si rivelò una scelta debole tanto che arrivò solo al 48° posto delle classifiche. Ovviarono subito dopo pubblicando due singoli pop : Will You Still Love Me , classica ballata “ fosteriana ” e If She Would Have Been Faithful, bellissimo

Todd Rundgren – 2nd Wind (1991, Warner Bros.)

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Per Todd Rundgren la musica è una forma di linguaggio realmente significativo quando c’è interazione tra chi la crea e chi la ascolta, anche se questo comporta a volte qualche difetto in fase di registrazione. Ovvero è più importante ottenere un’esecuzione realmente sentita che una prestazione tecnicamente ineccepibile. Per far capire questo concetto realizza un seguito di Nearly Human , album realizzato live in studio con questo 2nd Wind , stavolta registrato dal vivo in presa diretta presso il Palazzo delle Belle Arti di San Francisco , dove Rundgren aveva istituito per l'occasione uno studio di registrazione “ on stage ” di 48 tracce digitali, con una magnifica band di undici elementi in cui  Roger Powell (tastiere) e Bobby Strickland (fiati) degli Utopia , gli ex-Tubes Vince Welnick (tastiere) e Prairie Prince (batteria), il bassista Ross Valory proveniente dai Journey . E’ un’operazione simile a quella che realizzò Joe Jackson nel 1986 per il suo Big World .

Loggins & Messina - Sittin' In (1972, Columbia)

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Un album seminale per capire la vasta gamma di musica pop prodotta nell’area californiana durante gli anni Settanta. Un mondo musicale fatto di un certo folk tipicamente americano, un rock morbido, a volte jazzato e contaminazioni soul , caratteri che distinguono la musica della west coast dalle altre. Jimmy Messina , californiano di Maywood , ma cresciuto nel Texas con in testa le canzoni dei Beach Boys e dei Ventutres , torna tredicenne in California e forma una band di rock’n’roll. Per cinque anni suona chitarra e mandolino fino a quando decide di seguire a Hollywood le nuove tecniche di registrazione e missaggio diventando un ottimo ingegnere del suono. Verso la fine del 1967, al Sunset Studio conosce i Buffalo Springfield che stavano incidendo il loro secondo album Buffalo Springfield Again . Quando il bassista Bruce Palmer lascia il gruppo, Stephen Stills e Richie Furay lo chiamano per rimpiazzarlo, ma purtroppo, dopo aver realizzato con loro Last Time Aroun

Maria Muldaur - Southern Winds (1978, Reprise)

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I dischi di Maria Muldaur sono stati anticipatori di un certo gusto di mediare fra pop, blues e sou l senza rinunciare a qualche interessante sguardo oltre le barriere delle convenzioni. La fama gli arrivò per caso, quando nel 1973 il singolo e relativo album Midnight At The Oasis la portò in testa alle classifiche di tutto il mondo, imponendola come una vera stella ritrovandosi in breve tempo dai circuiti folk underground alle importanti platee di New York e Los Angeles . Paradossalmente però il successo di quel disco, così celebrato, finì per danneggiare la sua carriera più che agevolarla, perché nessuno capì, al di là di una ristretta cerchia di estimatori, che quel particolare sound era il primo tassello di una serie di dischi sempre più elaborati che nascondevano grande talento e soluzioni che sapevano di autentica innovazione. Southern Winds arriva dopo Sweet Harmony , altro magnifico lavoro rilasciato nel 1976 e affronta, come precedenti, il discorso di contaminaz

Michael Franks – Sleeping Gypsy (1977, Warner Bros.)

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Secondo album prodotto da Tommy LiPuma e interesse sempre più palese per musica brasiliana tanto da andare a registrare a Rio De Janeiro due brani (B’wana - He No Home, Down to Brazil ) con musicisti locali ( Joao Palma, Helio Delmiro, Joao Donato, Ray Armando ). Come nel precedente The Art of Tea a suonare con lui ci sono i Crusaders ( Joe Sample, Larry Carlton, Wilton Felder ) con il sax di Michael Brecker e David Sanborn . Le orchestrazioni garantite da Claus Ogerman . L’arte di Michael Franks sta nel rielaborare i segreti altrui fino a farli propri. E di trasformare quel suo stile jazz romantico e vagamente nostalgico in un fenomeno pop . Ritmi rallentati, voce sussurrata spesso più efficace di tante acrobazie di altri songwriter , idee originali di jazz leggero,  partecipazioni di turnisti irresistibili, melodie elaborate che scappano via in tutte le direzioni, sound vaporoso e tecnica da vendere.  Sleeping Gypsy è tutto questo, sempre disponibile a diverse avventur

Al Jarreau – High Crime (1984, Warner Bros.)

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High Crime sembra un disco di compromesso, attuato nell’interesse di tutte le parti che hanno concorso a realizzarlo. Da un lato Al Jarreau con al sua voce calda ed emozionate sempre in bilico tra vocalizzi arditi e languidi sussurri, dall’altro Jay Graydon che stava mettendo a punto un suono nuovo caratterizzato dall’elettronica,  lavorato ai sintetizzatori e rhythmn-machines . Una decisa sterzata che però ha una sua logica creativa. Graydon ha voluto vestire le canzoni del precedente Jarreau con altri abiti, con la mente rivolta alla lezione elettronica degli Ottanta, ma con la solita attenzione nella scelta dei musicisti e del songwriting ( Greg Phillinganes, David Foster, Steve Kipner, Clif Magness , i Pages , Bill Champlin ) sempre di altissimo livello. Non è quindi solo un cambiamento in sintonia coi tempi. E’ anche il ricercare una diversa messa fuoco degli aspetti interpretativi del cantante e focalizzarne le varie possibilità. Tra l’altro Jarreau si dimostra ottim

Stevie Wonder - In Square Circle (1985, Motown)

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Stevie Wonder è un musicista che cerca ogni volta di essere se stesso, rare volte non ci riesce. Usa ogni nuovo set di canzoni per affinare la sua espressione, tormentando fino alla perfezione un modello ricorrente. Con l’avvento definitivo dello strumento elettronico , la seconda metà degli anni ’80 è stata per la musica pop e soul un periodo di involuzione oscurata da produzioni stilizzate con uso massiccio di sintetizzatori e drum machine . Tanti artisti decisero di beneficiare di questa finta aria restauratrice e di affidarsi a produzioni da catena di montaggio. Di fatto Stevie Wonder era rimasto a Hotter Than July del 1980 e un paio di meravigliosi inediti inclusi nella raccolta Original Musiquarium (1982). E’ vero, c’era stato il successo planetario della colonna sonora di The Woman in Red (1984) con lo zuccheroso tormentone di I Just Called To Say I Love You , uno dei singoli più venduti di sempre, ma fu episodio piuttosto informale per gli standard a cui ci aveva

Lamont Dozier - Bigger Than Life (1983, Demon)

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Maneggevole dizionario di pop-soul a cura di Lamont Dozier . Realizzato per la sua etichetta Megaphone Records e pubblicato inizialmente soltanto nel Regno Unito per la Demon , Bigger Than Life è uno dei migliori lavori del Dozier solista. Rispetto al pur eccellente Working on You (1982) si nota qui un’evoluzione creativa per quanto riguarda la direzione, la scrittura e gli arrangiamenti, che sono condotti in un contesto di produzione decisamente più moderno agli standard soul e disco presenti nel disco precedente. Costruito, come al solito, su basi di alto livello tecnico l’album mette in evidenza un artista maturo, grande musicista e arrangiatore per un prodotto complesso dove alla fine tutto risulta facile e piuttosto trascinante. Canzoni dai suoni aperti, grande carica ritmica, riff centrati, frasi melodiche accattivanti. A livello estetico-formale è un Dozier nuovo ed aggiornato sorretto da felicità espressiva. Ci sono molti brani guida in questo lavoro, dal  soul

Sergio Mendes – Sergio Mendes (1983, A&M)

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Sergio Mendes fu uno dei primi brasiliani che partendo dalla bossa nova andò a far dischi a Los Angeles , alla ricerca di altra musica, jazz prima, pop e soul dopo. L’inizio con i suoi Brasil ‘66 e il supporto di Herb Alpert  , capo della A&M , è stato travolgente: le sue versioni di Mas Que Nada di Jorge Ben , The Fool On The Hill dei Beatles , The Look of Love di Burt Bacharach  sono stati, nella seconda metà degli anni ’60,  tutti singoli di platino facendo di Mendes l’artista brasiliano più venduto negli Stati Uniti . All’inizio del ’70 ci fu il cambio di etichetta, prima la Bell poi la Elektra . Questo coincise con un forte calo di vendite per l’artista, fino ad allora re incontrastato dell’easy listening di lusso. Cercò allora nuove direzioni musicali avvicinandosi di più alla musica soul con escursioni funky e disco , attualizzando il nome alla sua band ( Brasil ’77 ), ma i riscontri furono piuttosto tiepidi. Questo album apre un nuovo capitolo per l

Crackin’ – Special Touch (1978, Warner Bros.)

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I Crackin' erano un gruppo funky-soul di matrice bianca che ruotava attorno alla figura del polistrumentista Rick Chudacoff e del batterista Peter Bunetta , due musicisti che diventeranno in seguito quotati produttori ( Robbie Dupree, Tempations, Lauren Wood, Steve Goodman, Smokey Robinson, Johnny Mathis ). Esordirono nel 1975 con Crackin'-I con una formazione che comprendeva Rick Chudacoff (tastiere, basso, percussioni), Bob Bordy (chitarra), Leslie Smith (voce, percussioni), Arno Lucas (voce, percussioni), Lester Abrams (voce, tastiere, batteria), George T. Clinton (tastiere). Bunetta invece entrò a far parte della band dal secondo album Makings of a Dream (1977). Rispetto ai precedenti lavori questo quarto ed ultimo disco a loro nome è senza dubbio quello dotato di una progressione sonora e di contenuti più vicini all’ A.O.R. californiano  grazie soprattutto alla collaborazione con il produttore Michael Omartian iniziata con l’ omonimo album dell

John Martyn - So Far So Good (1977, Island)

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Abilissimo chitarrista e songwriter inventivo, lo scozzese Iain David McGeachy in arte John Martyn è uno dei personaggi meno conosciuti, ma più influenti della scena folk britannica. Dotato di una tecnica straordinaria, le sue canzoni toccavano spesso il jazz con quelle accordature chitarristiche aperte e il picking giocato sulle poliritmie e le circolarità delle parti. A diciannove anni si presentò a Londra, aveva da poco iniziato a suonare la chitarra acustica ispirandosi a Dylan e Guthrie . La Island lo scritturò subito e gli fece incidere nel 1967 London Conversation dove mise su un repertorio originale che andava dal blues al folk . Questo approccio tardivo allo strumento si rivelò particolarmente interessante nel voler combinare la tradizione con le sonorità moderne contemporanee. Con The Tumbler (1968) avvia un processo di decantazione del folk chiamando per l’incisione il sassofonista e flautista jazz Harold McNair . L’anno dopo pubblicò due dischi insieme alla

Randy Crawford – Nightline (1983, Warner Bros.)

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A quel tempo Randy Crawford era l’alter ego femminile di Al Jarreau . Entrambi appartenevano artisticamente allo stesso mondo di contaminazioni stilistiche dove A.O.R., jazz e r&b venivano miscelati con grande raffinatezza . E se dietro le produzioni del cantante di Milwaukee c’era Jay Graydon , per la Crawford la guida sicura era da qualche anno quella di Tommy LiPuma ( Secret Combination, Windsong ). Nonostante qualche dovizia elettronica in alcuni episodi che penalizza gli arrangiamenti, questo settimo album a suo nome onora l’idea (platonica) di canzone moderna che prese consistenza da tutte quelle ramificazioni che all’epoca era considerato fusion . La voce persuasiva e limpida della Crawford , con quel fraseggio elegante che non nasconde i legami col jazz, onora le dieci composizioni divise in due distinte facciate. Nella prima l’artista prosegue il discorso A.O.R. di Windsong , nella seconda si spinge in territori più black con cinque canzoni scritte ed arrangiat