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Visualizzazione dei post da gennaio, 2012

Ramones – End Of The Century (1980, Sire)

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Dopo la collaborazione con Leonard Cohen in “Death Of A Ladies Man”, ecco un’altra operazione sulla carta improbabile. I Ramones, antesignani del punk, incontrano il mago del pop Phil Spector (Joey Ramone era da sempre un fan di Spector). Un lavoro complicato, ardito, perché la musica dei Ramones era tutta basata da ritmi minimalisti e sparati allo spasimo, liriche così scarne da sembrare degli slogan, chitarre incrociate in funzione essenzialmente ritmica. Spector non stravolge l’assetto, lo asseconda. I climi restano ultraelettrici, ma il produttore gli dona estrema elasticità. L’idea di Spector era quella di far diventare la band i Beach Boys degli anni Ottanta creando un clima quasi smemorato ed innocente tipico del rock’n’roll anni Cinquanta. Il “wall of sound“ basato su grancasse, sassofoni ed archi lima la forza brutale della band e la indirizza verso un fine di ordine estetico dove i giri di accordi si arricchiscono, compaiono assolo di chitarra, il canto diventa più espres

Phil Perry – The Heart Of A Man (1991, Capitol)

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Prima di incidere questo suo primo album da solista, Phil Perry aveva fatto parte dei "Montclairs", gruppo vocale di Chicago che ebbe un discreto successo tra il 1969 e il 1975 quando poi si sciolse. Nel 1979, insieme ad un altro ex Montclairs, Kevin Sanlin, Perry si trasferì a Los Angeles dove forma il duo Perry & Sanlin. I due pubblicarono un paio di ottimi dischi per la Capitol sotto l ‘egida di Chuck Jackson senza però grossi consensi commerciali e si divisero. Perry in breve tempo diventò uno dei più ricercati coristi in circolazione (Lee Ritenour, Don Grusin, Ernie Watts, Jerry Knight). Quella decennale esperienza con il gotha della fusion e del pop californiano venne trasportata in questo "The Heart Of A Man". Un album che danza  tra soul e pop, tra ritmi calzanti ed atmosfere soft con la supervisione di numerosi produttori (Don Grusin, André Fischer, Barry J. Eastmond, Lee Curreri, David Garfield, Jeremy Lubbock). Come caratteristica Phil Perry è dotat

George Benson – 20/20 (1985, Warner Bros.)

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George Benson ci spiega ancora una volta  il gioco delle maschere, dove i neri sembrano talvolta bianchi.  " 20/20"  ripercorre le linee tracciate con il precedente " In Your Eyes" , sia nell’impostazione del Benson più cantante e meno chitarrista, sia dal lato compositivo con dei brani altamente selezionati in gran parte tra gli autori del grande giro A.O.R. californiano ( Clif Magness , Tom Keane , James Newton Howard , Steve Lukather , Michael Sembello , Randy Goodrum ). Cambia solo la produzione. La regia , al posto di Arif Mardin , è stavolta affidata Russ Titelman con la co-produzione in alcuni brani di Michael Masser, Dino e Michael Sembello . Lo stile e il traguardo è sempre quello di una musica raffinata e godibile che sappia mettere in risalto il meglio della compatibilità tra musica pop e soul morbido. Tra ritmiche programmate e momenti strumentali di altissimo livello, tutto è scritto, suonato e interpretato con grande classe.   " No One E

Stevie Winwood – Back In The High Life (1986, Island)

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Il precedente "Talking Back To The Night" del 1982 riscosse un tiepido successo solo con il singolo "Valerie" e portò di destabilizzanti novità nella musica di Stevie Winwood. Fu un passo indietro nel riproporre una formula pop-soul che sembrava infallibile tanto aveva gonfiato fino all’inverosimile le vendite di " Arc Of A Diver ". Nel 1983 uscì il soundtrack "They Call That An Accident" dove Winwood aveva realizzato un paio di brani originali, quindi un periodo di silenzio, fino a quando Ron Weisner, il manager di Madonna e Michael Jackson, decise a sorpresa di puntare su di lui per un lancio in grande stile sul mercato americano. Sebbene fosse stato sconsigliato in quanto l’artista veniva visto più come un reduce degli anni Sessanta, Wesner volle presentare Winwood come un personaggio nuovo, fresco, al passo con i tempi e lo convinse a registrare il materiale a New York con la presenza di uno stuolo di ospiti (Joe Walsh , Chaka Khan, James T

Eric Andersen – Blue River (1972, Columbia)

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Agli inizi degli anni Sessanta Eric Andersen suonava nei bar del Greenwich Village dove conobbe Bob Dylan e tutta quella schiera di folk singer che si muovevano tra club, prati e pub. I suoi dischi per la Vanguard non hanno conosciuto l’ebrezza delle classifiche, eppure ci sono almeno tre canzoni che hanno contribuito alla rinascita del folk americano di quegli anni: "Violets of Dawn", "I Shall Go Unbounded" e una leggendaria canzone contro la guerra come "Thirsty Boots". Qualche suo brano fu ripreso da Judy Collins e Blues Project, ma quando la sua scrittura musicale fu impreziosita da atmosfere gospel e country-rock arrivò a questo capolavoro. Registrato a Nashville con la produzione di Norman Putnam, "Blue River" si muove in un’orbita di country ortodosso, ma con rimedi estetici apportati da una varietà di toni, di atmosfere intimistiche molto originali e liriche che trattano con poesia sublime intensi ritratti di donne idealizzate ( Florent

Player – Spies of Life (1981, RCA)

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"Baby Come Back" aveva rivelato i Player in tutta la loro freschezza. Una canzone perfetta che catturava lo spirito e la raffinatezza di certa musica californiana dell’epoca inclusa nel loro album d’esordio del 1977 prodotto da due specialisti come Dennis Lambert & Brian Potter. La formazione originaria era un quartetto composto da Peter Beckett (chitarra e voce), John Charles "J.C." Crowley (tastiere, chitarra, voce). Ronn Moss (basso e voce) e John Friesen (batteria) a cui si aggiunse solo per il primo album il tastierista Wayne Cook ex Steppenwolf. I seguenti  "Danger Zone" (1978) e "Room With a View" (1980) si confermano ottimi lavori di elegante soft-rock, nonostante le defezioni prima di Cowley e poi di Moss, quest’ultimo si dedicherà a tempo pieno alla carriera di attore diventando il famoso Ridge nella soap di "Beautiful". Ridotti ad un duo, Peter Beckett e John Friesen ingaggiano per questo disco due sessionmen: il c

Prince – 1999 (1982, Warner Bros.)

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La nascita del funk sintetico nell’album black rivoluzionario degli anni Ottanta. Dentro questo piccolo uomo c’è condensato un miscuglio esplosivo di James Brown e Marvin Gaye, Little Richard e Jimi Hendrix, Sly Stone e Duke Ellington. Pochi nella storia della musica nera sono stati capaci di reinventare e rinnovare il r&b, di tradirlo, ma senza tradirne l’essenza che è il feeling, sincronizzandosi alla perfezione con lo spirito del tempo nel quale la musica vive. Prince in questo doppio album celebra il matrimonio ritmico tra la tradizione rock bianca e il funky-soul nero e fa un ulteriore passo avanti rispetto a “ Dirty Mind “ e “ Controversy “. L’elemento elettronico qui è dirompente, un sound squillante, fortemente ritmato con frequenze alte, voce acuta, intrusioni di percussioni ovunque. Un album di valore assoluto in cui la tecnica del falsetto usata per gli altri dischi viene quasi del tutto eliminata a favore di una più eterogenea espressività vocale. Continua inv

John O’Banion – John O’Banion (1981, Elektra)

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Cantante ed attore, John O’Banion iniziò la carriera musicale  verso la metà degli anni Settanta  facendo la gavetta come cantante dei Today’s Children, una band formata dal grande trombettista Doc Severinsen. Nel 1981 debuttò con questo album prodotto magistralmente dal tastierista Joey Carbone e dal chitarrista Richie Zito. E' certamente uno dei più riusciti esempi di quella tendenza artistica che stava assemblando l’A.O.R. con il pop californiano (Airplay, Toto, David Roberts). Musica compatta giocata su tastiere e chitarre, pulizia dei suoni, potenti impasti strumentali, refrain vocali piacevoli. Tutto distribuito equamente tra brani ritmati e ballate morbide. Il singolo " Love You Like I Never Loved Before " è un condensato del potenziale dell’album, sosrta di "joint venture" dell'artista insieme a Carbone e Zito, autori di quasi tutti i brani e responsabili degli arrangiamenti (tranne che per gli archi, curati in due episodi da James Newton Howard)

John Martyn – Grace And Danger (1980, Island)

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John Martyn è stato un personaggio centrale della scena folk-rock inglese degli anni ’70 e ’80, al pari di Nick Drake, Richard Thompson e Ralph McTell, altri superbi strateghi della ballata acustica tinteggiata di blues e di jazz. Martyn ha contribuito, come loro, al rilancio ed al rinnovamento del folk con album magnifici come “Solid Air“ e “Sunday’s Child“. La sua è’ la dimensione di folksinger a contatto di nuove aperture musicali, che traggono origine dal jazz (Coltrane) e dal continuo tentativo da parte dell’artista di avvicinare il timbro della voce a quella di uno strumento. Di tutti gli album di John Martyn questo è uno dei più intimi, dei più sospirati, dei più introversi. Scritto e realizzato mentre si stava separando dalla moglie Beverly riflette gli stati d’animo vissuti in quel periodo dall’autore, tanto che Chris Blackwell , boss della Island ed amico comune di entrambi, ne ritardò di quasi un anno la pubblicazione in quanto lo riteneva troppo triste e pessimista. “

David Foster – A Touch Of David Foster (1992, WEA)

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Apprezzato sessioman, compositore e produttore, David Foster è soprattutto un abile e consumato regista musicale più che un interprete. Questa eccellente antologia estesa a dieci anni di produzione artistica e qualche episodio solistico è un ritratto ben delineato di questo straordinario musicista. Sono quattordici brani, in gran parte famosissimi, altri noti solo agli appassionati, di pop sofisticato e melodicamente di grande presa che conserva, nonostante il tempo, particolare fascino. “ Mornin’ “ (Al Jarreau), “ Hard To say I’m Sorry “ (Chicago), “ Through The Fire “ (Chaka Khan), “ Glory Of Love “ (Peter Cetera), “ Nothin’ You Can Do About It “ (Manhattan Transfer) non hanno bisogno di presentazioni. Tra le composizioni scelte dai suoi lavori risaltano i due strumentali “ Winter Games “ tratto dalle “ Symphony Sessions “ e il tema d’amore della colonna sonora di “ St. Elmo’s Fire “. Mauro Ronconi Musicians on the A Touch Of David Foster album: David Fos

Elvis Costello & Burt Bacharach - Painted from Memory (1998, Mercury)

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Il film “Grace of my Heart” uscito nel 1995 raccontava la storia amara della musica leggera, ovvero saper scrivere canzoni facili è difficilissimo. E’ un film ispirato liberamente alla vita di Carole King ed ad altri personaggi del Brill Building (Phil Spector, Barry Mann, Gerry Goffin) con una colonna sonora curata da Larry Klein , il quale volle per l’occasione “ simulare “ con nuovi artisti il sound del pop americano a cavallo tra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta. Per l’occasione Klein combinò un incontro virtuale tra Burt Bacharach ed Elvis Costello che si materializzò con il brano “God Give Me Strength”. Da questo estemporaneo sodalizio nasce tre anni dopo “Painted from Memory”, una delle collaborazioni più riuscite ed originali degli ultimi trent’anni. Costello era un fan di Bacharach da sempre, conosceva alla perfezione molte sue canzoni, ed aveva già incieso gioielli nascosti come “Baby It’s You”, “Please Stay” e “I Just Don’t Know What To Do With Myself”. Le sessio

Tom Snow – Hungry Nights (Arista, 1982)

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Thomas Righter Snow voleva diventare un pianista jazz. Così alla fine degli anni Sessanta si diplomò al Berklee College of Music di Boston. Ma la sua passione verso la canzone lo spinse a trasferirsi a Santa Monica, facendosi notare come songwriter. Nel 1975 firmò un contratto con la Capitol pubblicando due album “ Taking it All in Stride “ e “ Tom Snow “. Il primo conteneva “ You “, mezzo tempo arioso ripreso da Rita Coolidge e diventato subito un grande hit. Da allora si dedicò principalmente alla carriera di autore. Un talento compositivo rintracciabile in canzoni magnifiche come “ He’s So Shy “ (Pointer Sisters), “ Somewhere Down the Road “ (Barry Manilow), “ You Might Need Somebody “ (Randy Crawford), “ Let’s Hear It for The Boy “ (Deniece Williams), “ If Ever You’re In My Arms Again “ (Peabo Bryson), “ Don’t Know Much “ (Linda Ronstadt). Prodotto da Dean Parks, “ Hungry Nights “ è stato il suo ultimo disco da solista. Un vero Bignami della melodia a facile presa fatto di ballat

Joe Jackson - Night and Day (1982, A&M)

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Un musicista dalle mille facce e dall’anima unica che miscela mirabilmente rock e jazz, ritmi latini e swing. Genio musicale capace di impensabili trasformismi stilistici , Joe Jackson è risultato spesso troppo antipatico a prima vista per diventare una vera e propria star. Perfezionista, egocentrico, nemico dei luoghi comuni, Jackson trasforma i suoi ricordi in canzoni. Diplomato alla Royal Academy Of Music di Londra, l’artista si impose nel 1979 come uno dei personaggi più interessanti della new wave inglese ed insieme a Graham Parker ed Elvis Costello. Con o senza giubbotto di pelle, riuscì ad imporre il “ nuovo sound “ anche negli States fatto di pop, semi-punk, reggae, funky, r&b, raccolto in frammenti emozionali e reso accessibile attraverso canzoni originalissime. “ Night and Day “ (titolo che omaggia Cole Porter con una bellissima copertina stilizzata retrò ad opera di Philip Burke) è tra i suoi dischi più belli e completi  e venne realizzato a New York dove l’artista si

Paul Davis – Cool Night (1981, Arista)

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Forse non sarà l’album migliore di Paul Davis, ma sicuramente è quello di maggior successo. Tre singoli entrati classifiche e soprattutto qui è inclusa “Cool Night“, una canzone bellissima che è la quintessenza del pop californiano anni Settanta, quello che si nutriva di country e soul: immediatezza melodica, cadenze ritmiche morbide, armonie vocali calibrate sul refrain, assolo conciso ed impeccabile. In ogni playlist del soft-rock che si rispetti “ Cool Night “ dovrebbe essere sempre inclusa come classico dei classici. Davis aveva già scritto altre belle canzoni come “ I Go Crazy “ e “ Do Right “ e questo suo primo ed unico album per la Arista doveva diventare il trampolino di lancio per una definitiva affermazione a livello internazionale. Gli hit “'65 Love Affair“ gioiello di bue eyed soul e " Love or Let Me Be Lonely ", cover di un grande brano r&b scritto da Skip Scarborough e pubblicato nel 1970 dai The Friends of Distinction, furono effettivamente casse di

Lauren Wood – Cat Trick (1981, Warner Bros.)

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Lauren Wood è nota al grande pubblico perché abbinata al brano “Fallen“ incluso nella colonna sonora di “Pretty Woman“, ma Ilene Rappaport (questo il vero nome) iniziò la carriera musicale nel 1973 quando, insieme a suo cugino Novi Novog ed al bassista Ernie Eremita, formano il gruppo "Chunky, Novi & Ernie" (Chunki era il suo pseudonimo). Pubblicano due omonimi e discreti album per la Warner, uno nel 1973 piuttosto rock con un cameo di Frank Zappa e la produzione di John Cale, l’altro nel 1977 più in linea con gli stilemi del pop californiano. Sciolto il trio nel 1979 Lauren Wood realizzò il suo primo lavoro solistico decisamente pop. In quel disco c’era un piccolo capolavoro di cantautorato westcoast “Please Dont Leave“ insieme a Michael McDonald che arrivò tra i top ten delle classifiche, ma fu con questo “Cat Trick“ che la Wood diede sfoggio a tutta la sua classe compositiva. Un album impeccabile, con grandi canzoni pop. Strutturato come una specie di comp

Barry Mann – Soul And Inspiration (2000, Atlantic)

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Di canzoni ne ha scritte una valanga e spesso assolutamente deliziose. Barry Mann viene da quella fucina del pop chiamata Brill Building, il famoso palazzo di Broadway dove, tra la fine degli anni Cinquanta e per tutti gli anni Sessanta, si realizzò una vera rivoluzione estetica e manageriale della musica pop. Giovani autori riuniti per la definizione di una logica compositiva comune rinnovano radicalmente la canzone leggera americana con un nuovo stile a metà strada tra la melodia di Tin Pan Alley e il rock’n’roll. Erano quasi tutte coppie affiatate: Carole King e Gerry Goffin, Neil Sedaka e Howard Greenfield, Burt Bacharach e Hal David, Doc Pomus e Mort Shuman, Jerry Lieber e Mike Stoller. Le loro canzoni venivano poi interpretate con enorme successo dai vari Bobby Darin , Connie Francis , Dion & The Belmonts, Bobby Vee , Tony Orlando , Ben E King, i Drifters , Gene Pitney Jackie DeShannon , le Chiffons , Little Eva, Tommy James, i Righteous Brothers. Barry Mann faceva coppia

Nick De Caro – Italian Graffiti (1974, Blue Thumb Records)

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Un album culto di uno dei più importanti arrangiatori, produttori, musicisti ed autori americani. Nicholas De Caro era un fuoriclasse alla fisarmonica e nel 1964 insieme a suo fratello Frank si trasferì a Los Angeles su invito del suo amico Tommy LiPuma dove cominciò a lavorare come arrangiatore per la Liberty e la Imperial. Lì conobbe Lenny Waronker (figlio del fondatore della Liberty Simon Waronker) ed Herb Alpert che lo volle poi nelle scuderia della giovane etichetta A&M creata insieme a Jerry Moss. Il primo grande successo di Nick De Caro come produttore e arrangiatore è stato “ Hold Me, Thrill Me, Kiss Me “ , canzone portata al successo da Mel Carter nel 1965. Tra produzione, songwriting e musicista di studio De Caro realizzò per tutti gli anni Sessanta numerosi album indirizzati verso il pop più classico e definito. Da citare quelli di Irma Thomas e Andy Williams per la Imperial, Liza Minnelli, Claudine Longet e Chris Montez per la A&M, i Righteous Brothers pe

Richard Kerr - No Looking Back (1982, A&M)

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Reduce da una serie di incisioni a proprio nome passate inosservate, l’autore di “Mandy", "I'll Never Love This Way Again" e "Somewhere in the Night" pubblica questo album solo per il mercato del Regno Unito. Un lavoro che vive di e respira una musica ampia e nostalgica, sottolineata dal piano di Kerr e dalle armonie dell’ orchestra. "When The Good Times Come Again", " Free “ , "Trying To Make You Smile" sono canzoni che possiedono una grazia contagiosa con melodie che si muovono su accordi eleganti. Il songwriter inglese esegue due belle versioni di brani pubblicati per altri artisti: "Where Are You Now" interpretato da Barry Manilow nel 1979 poi ripreso da Leon Ware e "Dance Away" già apparsa sul disco di Elkie Brooks l’anno prima. Notevoli anche "Don't Close Your Eyes Tonight" che sarà un hit minore di John Denver nel 1985 e la riproposta della celebre "Somewhere In The Night"

George Duke - Follow the Rainbow (1979, Epic)

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Se il precedente “ Brazilian Love Affair “ aveva costituito l’acme della ricerca creativa di George Duke nel campo del soul-jazz, questo lavoro segna invece l’inizio di una maturità certamente meno esuberante, ma altrettanto intelligente. Nonostante le doti ampiamente riconosciute fin dai tempi “ zappiani “, il tastierista non era fino ad allora mai riuscito a sfondare definitivamente a livello di pubblico. “ Follow The Rainbow “ è il primo tassello di una nuova sintesi musicale e filosofica, quella del musicista totale in grado di arrivare alla gente. D’altronde il jazz non era mai stato l’unico genere musicale ad interessare Duke che da sempre seguiva anche i grandi autori della Motown e della Atlantic, il rock inglese e naturalmente la genialità indisciplinata di Frank Zappa. Prodotto ed arrangiato da lui stesso, questo album contiene dieci brillanti e godibili brani di soul morbido e funky tiratissimo dalle strutture superlimate. Le cose migliori sono una nuova versione di “ C

Jess Roden – Stonechaser (1979, Island)

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Chitarrista e cantante, artista culto del northern soul, Jess Roden è un sottovalutato eroe minore del r&b inglese sulla scia di gente come Roger Chapman, Long John Baldry e Steve Winwood. Protagonista della scena britannica fine anni Sessanta con l’Alan Brown Set poi con i Bronco, ha collaborato con con i Mott The Hoople, Jim Capaldi e Sandy Denny. Nel 1971 si unì con gli ex Doors Robby Krieger e John Densmore per il progetto della Butts Band con i quali incise un album, mentre il suo primo lavoro da solista risale al 1974, un ottimo disco di rock-blues registrato tra Londra e New Orleans con contributi speciali di Allen Toussaint e Art Neville. Dopo aver pubblicato due dischi con la Jess Roden Band, l’artista sciolse il gruppo e si trasferì a New York dove realizzò tra il 1977 e il 1979 due album di morbido blue eyed soul,  The Player Not The Game  e questo Stonechaser  che sottolinea ancor di più le caratteristiche già espresse col precedente. Album di grande tecnica e felici