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Visualizzazione dei post da febbraio, 2012

Le Roux - Last Safe Place (1981, RCA)

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Formatisi musicalmente nel 1975 a Baton Rouge, Louisiana, la band si faceva chiamare dapprima Jeff Pollard Band, due anni dopo, ottenuto il primo contratto discografico con la Capitol cambiano il nome in Louisiana's Le Roux. I loro primi due lavori erano una fusione originale tra funk, rock, boogie, r&b e cajun. Con il terzo disco "Up" (1980) prodotto da Jai Winding, il gruppo, chiamato d’ora in avanti semplicemente Le Roux , abbraccia un sound in parte vicino, soprattutto negli intenti, a quello di band power rock come REO Speedwagon, Toto e Boston. Questo "Last Safe Place" è il primo di due album pubblicati per la RCA e vedeva impegnato un sestetto formato da Bobby Campo (fiati, percussioni e voce), Tony Haselden (chitarra elettrica e voce), Leon Medica (basso), David Peters (batteria e percussioni), Jeff Pollard (chitarra elettrica ed acustica, voce solista) e Rod Roddy (tastiere e voce). E’ un disco A.O.R. classico ed intenso con due canzoni favolose

Cher – Stars (1975, Warner Bros.)

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Prodotto ed arrangiato da Jimmy Webb, "Stars" è il primo disco di Cher per la Warner ed anche il primo, dopo la separazione artistica e privata dal marito Sonny Bono. La cantante veniva da una carriera solistica a base di singoli ben piazzati , mondanità e protesa verso una interessante carriera di attrice e fotomodella, per questo la casa discografica mise a disposizione il meglio per il lancio del disco, ovvero il leggendario Phil Spector, con il quale Cher aveva lavorato anni prima nelle produzioni Phillies. All’inizio del 1975, i due aveva iniziato ad incidere alcuni brani per il progetto, tra cui "A Woman’s Story" , il classico delle Ronettes "Baby, I Love You" e il remake Motown di " A Love Like Yours (Don’t Come Knocking Every Day) " in duetto con Harry Nilsson, ma i costosi tempi di registrazione dovuti al maniacale perfezionismo del produttore si allungarono a dismisura e così il progetto fu accantonato. A quel punto, per il debutt

Tom Jans – Champion (1982, Pony Canyon)

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Negli anni Sessanta Tom Jans, nato a Washington e cresciuto in una piccola cittadina vicino San Francisco, era un aspirante folk singer che imparava accordature e idee rubate ad altre musiche primigenie come il blues e il jazz. Le sue esibizioni nei folk club di San Francisco furono notate da Jeffrey Shurtleff , collaboratore di Joan Baez la quale che gli presentò la sorella Mimi Farina per una serie di duetti. Nel 1971 il duo pubblica "Take Heart" edito dalla A&M, un buon disco di folk-rock non accolto dal pubblico come avrebbe meritato. I due si dividono e Jans si trasferisce a Nashville dove inizia una carriera di autore molto apprezzata, specialmente con la canzone Loving Arms interpretata da Dobie Gray diventata poi un classico della musica americana (Elvis Presley, Millie Jackson, Kris Kristofferson, Walker Brothers, Etta James, etc.). Negli studi Quadraophonic di Nashville nel 1974 Tom Jans registra sempre per la A&M il suo primo omonimo disco solista. Un la

Fifth Dimension – The Magic Garden (1967, Buddha Records)

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Un capolavoro assoluto del sunshine pop, quel genere musicale , nato nella California dei Sessanta, che raccoglieva il meglio della psichedelia, delle armonie vocali post-surf e del pop barocco, supportate da tutte le innovazioni di produzione di quel tempo (Phil Spector, Brian Wilson, Beatles). Sulla scia di concept-abum come Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band dei Beatles ,  Pets Sound dei Beach Boys e per certi versi anche dalle sperimentazioni dei Moody Blues in Days of Future Passed , Jimmy Webb insieme al gruppo vocale nero dei Fith Dimension realizza un magnifica suite di pop orchestrale sul tema dell’amore e dei suoi misteri. Cresciuti musicalmente negli ambienti gospel, i Fifht Dimension erano un gruppo vocale formato da due elementi femminili di Los Angeles (Florence La Rue Gordon e Marilyn McCoo) e tre maschili già in circolazione in Louisiana (Billy Davis jr., Lamont McLemore e Ron Townson). Inizialmente si facevano chiamare "The Versatiles" e poi  &quo

Jim O’Rourke – Eureka (1999, Drag City)

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A forza di sperimentare, di tentare strade nuove, di elevarsi oltre il ristagno della musica contemporanea, Jim O’Rouke arriva con questo album alla motivazione melodica della sua musica. Le prime avvisaglie del cambiamento furono i quattro bellissimi strumentali di “Bad Timing” del 1997, qui ce ne sono otto di brani, di cui cinque cantati. Impensabile un album così pop, così leggero e radiofonico per questo polistrumentista dal palmares avanguardiastico-sperimentale che ha lavorato a fianco dei Sonic Youth e dei Stereolab, che nei suoi lavori ha abbracciato una vasta gamma di stili, dal post-rock all’elettronica, dall’avanguardia jazz minimalista a quella folk acustica. Non ci sono i rumori metropolitani abbinati a strumentazioni classiche o i territori sonori da esplorare. C’è qualcosa di completamente diverso: ballate dolci, intervalli orchestrali, cortometraggi sonori, armonizzazioni rischiose ma suadenti. Il musicista di Chicago mette alla prova il suo infinito talento scanda

Stephen Bishop – Sleeping With Girls (1985, Polydor)

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Certo pop di classe vive una vita elitaria ed è fatalmente destinato a pochi, ma almeno questa ristampa coreana ha dato una pur minima dignità ad un album rimasto inedito per decenni. Era il quarto lavoro di Bishop registrato in varie riprese e  con diversi produttori ( Gus Dudgeon, Dave Grusin, Lee Holdridge, Greg Mathieson, Sting e Phil Collins ). Fu rifiutato dalla Warner Bros . all’indomani del fiasco commerciale di “ Red Cab to Manhattan”  (1980) e stampato poi solo ad Hong Kong dalla Polydor . Sono nove canzoni, alcune conosciute come “ Something New In My Life ” di Michel Legrand inserita della colonna sonora del film “ Mickie e Maude”  e “ It Might Be You”  di Dave Grusin che era il tema principale di “ Tootsie” . Poi ci sono tre brani che saranno pubblicati con arrangiamenti leggermente differenti, due su “ Bowling In Paris”  (1989): “ Sleeping with Girls”  e “Leaving the Hall Light On”  con il titolo variato in “Hall Light” e uno su Blue Guitar (1996 ) la meraviglios

Change – The Glow Of Love (1980, Warner Bros.)

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La musica pop italiana ha sempre stentato ad imporsi sul mercato statunitense. Il successo di un artista o di una band in questo colossale mercato è stato sempre legato ad un caso isolato e sporadico. Poi, con l’avvento della disco-dance,  per la prima volta, un fenomeno di “fabbricazione” italiana cominciò a funzionare commercialmente anche negli States, ed era la musica dance (D.D. Sound, Easy Going). Uno degli artefici di questo movimento denominato “Italodisco” fu Jacques Fred Petrus, produttore italo-francese nato a Guadalupe , che insieme al giovane musicista italiano Mauro Malavasi diedero vita nel 1978 alla Goody Music Production riuscendo a piazzare nelle classifiche americane interessanti progetti soul-dance come Macho, Revanche e la Peter Jacques Band. Dischi  distribuiti capillarmente dalla Prelude e la Atlantic. Il prodotto nasceva a Bologna dove venivano registrate le basi musicali avvalendosi della Goody Music Orchestra,  un team composto da giovani ma dotati musicis

Patrick Simmons - Arcade (1983, Elektra)

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Questo primo progetto solista di Simmons è un ottimo belvedere che riassume uno stile reso magico da dischi come “Livin’ On A Fault Line” ,  “Minute By Minute” e “One Step Closer” realizzati insieme ai Doobie Brothers, di cui è stato chitarrista, autore, cantante e membro fondatore. E qui, come accadde nel disco di Tom Johnston , altro pilastro dei vecchi Doobies, si è riunito il line-up  della band (Jeff Baxter, John McFee, Michael McDonald, Bobby La Kind, Cornelius Bumpus). Simmons era l’anima più rock dei Doobies, quello che assecondava malvolentieri le strategie r&b di McDonald, eppure l’artista trova nel rifacimento proprio di quelle atmosfere motivi di originalità e credibilità artistica solitaria. Canzoni scritte assaporando la salutare ispirazione della soul music, dove i  momenti godibili sono quelli a stretto contatto con la musica nera, mentre paradossalmente  le insidie dell’ovvietà vengono dai temi più rockeggianti. Il fascino della frontiera tra pop e soul viene

Ambrosia – One Eighty (1980, Warner Bros.)

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Nati nel 1970 come gruppo di rock-progressivo, gli  Ambrosia si formarono nel 1970. Erano un quartetto composto da Joe Puerta (basso e voce), David Pack (chitarra, tastiere e voce), Cristopher North (tastiere) e Burleigh Drummond (batteria e percussioni), ma soltanto nel 1975 riuscirono ad ottenere un contratto discografico con la 20th Century e pubblicare due buoni album  d’ispirazione rock-progressive, specialmente il secondo “Somewhere I've Never Traveled” prodotto dal Alan Parsons , un vero capolavoro di rock orchestrale. Rimasti in tre, dopo l’uscita di Cristopher North, il gruppo passò nel 1978 alla Warner Bros. ed incisero “Life Beyond L.A.” , un lavoro che cercava di  discostarsi dai precedenti cercando l’ anello di  congiunzione tra il pop e il rock riuscito in parte con due grandi brani come “How Much I Feel” e   “Dancin' by Myself” in cui spiccava sempre più la  figura di David Pack come autore e vocalist elegante. Questo quarto album è  un notevole spostament

Bobby Caldwell – Solid Ground (1991, Polydor)

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Dopo il milione di copie vendute in Giappone dei suoi dischi, anche gli States si accorsero di Bobby Caldwell. Emigrato all'indomani di “Carry On” per ottenere un contratto discografico, l’artista trovò nel mercato nipponico un terreno fertilissimo. “Solid Ground” fu pubblicato prima in Giappone quindi ristampato in America per l’etichetta personale dell’artista, la Sin-Drome,  con altra copertina e altro  titolo (Stuck On You) , trovando insoliti consensi negli States tanto da entrare nelle classifiche specializzate di “smooth jazz”, termine inappropriato rispetto alla qualità melodica purissima della sua musica. Caldwell, infatti, si è fatto strada inseguendo le grandi voci nere, le melodie dalla cadenza elegante e qui ci sono numeri in abbondanza per elevare questo album tra i suoi migliori.  “Stuck On You” interpretata in perfetto stile crooner è la spiegazione di come si possa coniugare il jazz con il pop, “Back To You”   è un bel duetto  con Marilyn Scott, “Without You

Johnny Rivers – Rewind (1967, Imperial)

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Personaggio sottovalutato, John Henry Ramistella in arte Johnny Rivers, nome suggeritogli dal celebre d.j. Alan Freed, è stato una figura chiave del blue eyed soul, specializzandosi in versioni pop di quasi tutti gli hit r&b e rock’n’roll del tempo piazzandoli ai primi posti delle classifiche. Nato a New York, cresciuto a Baton Rouge in Louisiana, Rivers si trasferì nei primi anni Sessanta a Los Angeles dove ideò degli spettacoli dance dal vivo di enorme successo, specialmente quelli al “Whisky À Go-Go “ documentati nei suoi primi album tutti live.  Dopo aver fondato la casa discografica Soul City, scritturò nel 1968 i Fifth Dimension “, un gruppo vocale di colore cresciuto negli ambienti gospel arrivato al successo l’anno prima con “ Up, Up and Away “  una canzone scritta da un misconosciuto Jimmy Webb e che proprio Rivers scoprì nel 1966 interpretando per primo la sua  “ By the Time I Get to Phoenix "  che due anni dopo spopolerà per il  mondo nella versione di Glen Campb

Bill LaBounty – The Right Direction (1991, Curb/La Califusa)

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Bill LaBounty torna, nove anni dopo l’ultimo omonimo capolavoro del 1982. Un album prodotto insieme a Robbie Dupree dalla splendida copertina raffigurante “Gas”, celebre dipinto del grande pittore Edward Hopper risalente al 1940. La sua specialità è sempre quella di un pop raffinato  e velato di r&b  di chiara  derivazione west coast, ma l'artista  tiene giustamente conto degli aggiornamenti di gusto e di suono che hanno trasformato la scena musicale nel corso degli anni e così, insieme a bozzetti piuttosto ortodossi come “Holding Out” e “Be There” ,  si scoprono canzoni sorprendenti come la squisita “Time Starts Now” il blue eyed soul di “The Good Life”  ed infine  “Mr. O” scritta con Robbie Dupree e Jay Graydon, canzone meravigliosa che insieme a “The Right Direction” rappresenta al meglio il pop perduto e ritrovato di LaBounty. A fiancheggiarlo in questo ritorno ci sono musicisti di gran nome, da Jim Horn e John Robinson, da Neil Stubenhaus a Larry Hoppen degli Or

Eric Carmen – Boats Against The Current (1977, Arista)

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Eric Carmen salì alla ribalta come leader dei Raspberries, una band che cercò di raccogliere con alterne fortune la palma del pop–rock melodico vicino ai Beach Boys. Di loro  si ricorda un album con la copertina profumata al lampone e un  paio di singoli di successo. Dopo lo scioglimento della band intorno al 1974, l’artista intraprese una carriera da solista con brani melodici, qualche accenno rockeggiante, un po’ di soul ed orchestrazioni romantiche. “All By Myself” fu il suo primo hit seguito da  “Never Fall In Love Again” due lenti accattivanti ed ultra romantici preludio di un album omonimo pubblicato nel 1976.  Questo secondo lavoro, sempre per la Arista, suscitò parecchie speranze, molti videro in lui un nuovo Elton John, un possibile conciliatore della classe e della comunicatività nella canzone pop. Un album esteticamente molto curato, suonato da musicisti di lusso tra cui Jeff Porcaro, Richie Zito, Joe Chemay, Andrew Gold, Tom Scott, Nigel Olsson, Michael Boddicker, gli

Minnie Riperton – Perfect Angel (1974, Epic)

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Se non fosse stata perseguitata dalla sfortuna e tarpata da un male che l’ha portò via nel 1979 a soli 31 anni e all’apice della carriera, Minnie Riperton sarebbe diventata una delle più grandi cantati di colore di sempre. Nata a Chicago, il suo talento esplose precocemente come corista per la Chess, cantando nei dischi di leggende come Fontella Bass, Bo Diddley, Etta James, Chuck Berry e Muddy Waters. Nel 1967 fa parte dei Rotary Connection, un gruppo soul sperimentale  creato da Marshall Chess figlio di Leonard fondatore della  Chess Records di cui restano alcune splendide testimonianze come “Peace” e “Songs” , con il quale resta fino al 1969. L’esordio da solista fu l’anno dopo con “Come to My Garden” prodotto dal grande Charles Stepney e il supporto di Richard Rudolph che diventerà suo marito. Poi il silenzio, il ritiro dalle scene ed una vita da casalinga a Gainesville in Florida fino a quando un discografico della Epic, ascoltando il demo di “Seeing You This Way” ,  segna

Daryl Hall & John Oates - Voices (1980, RCA)

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Disposizione più equilibrata di tutti gli elementi rock’n’soul che costituivano l’asse portante del precedente “ X-Static ” con l’eliminazione opportuna delle divagazioni pop-disco . Al posto di David Foster la produzione per la prima volta è gestita direttamente dal duo e sarà la mossa decisiva per la svolta artistica che caratterizzerà tutta la loro carriera degli anni Ottanta con un enorme successo commerciale. E’ proprio con questo “Voices”, grande spaccato di A.O.R. e soul , che il duo di Philadelphia si affermerà all’interno del grosso circuito internazionale, con la relativa accettazione di certe regole ben fissate ( Big Bam Boom , Ooh Yeah! ). Kiss on my List  Ã¨ la canzone pop perfetta, Everytime You Go Away  Ã¨ un struggente ballata che sarà portata al successo anche da Paul Young , la cover di You've Lost that Lovin' Feeling  dei Righteous Brother si risolve in una interpretazione indimenticabile,  You Make my Dreams  l’hit single d’alta quota. I brani blue eye

Andrew Gold - All This and Heaven Too (1978, Asylum)

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Californiano di Burbank, Andrew Maurice Gold, figlio d’arte  (la madre Marni Nixon era una famosa soprano e doppiatrice  in tanti film musicali, mentre suo padre Ernest è stato un prolifico compositore di colonne sonore) è indubbiamente uno degli interpreti più interessanti in assoluto del pop calioforniano. Polistrumentista dotato, Gold esordì nel 1967 insieme al suo amico Charlie Villers (Villers and Gold) pubblicando il singolo "Of All Of The Little Girls In The World", quindi forma con Wendy Waldman, Karla Bonoff e Kenny Edwards i Bryndle, gruppo con cui farà diversi concerti e alcuni demo rimasti inediti. Questa esperienza diede a Gold la possibilità di fare esperienza in studio di registrazione e lavorare come sessionman. Con Edwards si unì ad una band chiamata Rangers e  fece conoscenze che si sarebbero rivelate determinanti per la sua carriera, in particolare quella con Linda Ronstadt che lo invitò a lavorare come arrangiatore e strumentista nella sua band dive

Doobie Brothers - Livin' on the Fault Line (1977, Warner Bros.)

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L’album ribadisce l’indole di Michael McDonald per il soul  che , pur ricalcandone la stesura compositiva,  emancipa la vena strumentale del precedente “ Takin’ to the Street ” raffinando l’approccio musicale. E’ la nuova aristocrazia del pop americano illustrata da  brani campione firmati da McDonald come “ You're Made That Way ”, “ Nothin' But a Heartache ” e “ There's a Light ” oppure le irrinunciabili “ Echoes of Love ” e “ Livin on the Fault Line ” scritte da Patrick Simmons. La band si sporge al massimo sul blue eyed soul fino a scovarne le motivazioni jazz. In questo carosello di rimandi e confidenze i Doobies si confermano uno dei nomi più importanti e creativi indicando moduli espressivi molto interessanti ed innovativi fatti di  aperture strumentali improvvise (le chitarre di Jeff Baxter , Simmons ) , repentini cambi di situazione ritmica (la doppia batteria con John Hartman , Kneith Knudsen ), le emozionanti capacità vocali di McDonald che diventa d’ora

Kokomo - Kokomo (1982, Columbia)

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I Kokomo erano un supergruppo fondato nel 1973 dal bassista  Alan Spenner e  il chitarrista Neil Hubbard, due ex Grease Band, che reclutarono  musicisti di alcune band inglesi del tempo tra cui   Dyan Birch ,Tony O’Malley, Frank Collins  provenienti dagli Arrival  e  il sassofonista Mel Collins già collaboratore di studio dei King Crimson e degli Streetwalkers. Originariamente composto da dieci elementi, dopo primo ed acclamato lavoro omonimo pubblicato nel 1975 prodotto dal manager dei Pink Floyd Steve O’Rourke, diventarono la testa d’ariete del  soul bianco britannico insieme alla Average White Band. Una buona reputazione costruita suonando per due anni nei piccoli club dove ben presto si trasformarono in una delle attrattive più eccitanti. Il loro primo omonimo disco del 1975 fu accolto in maniera entusiastica e premiato come miglior album di debutto. Un lavoro di notevole forza compositiva, intriso da grandi fraseggi vocali (furono tra i  pochi gruppi di soul bianco a far uso d

Whitney Houston – Whitney Houston (1985, Arista)

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Figlia d’arte, sua madre era Cissy Houston ( Sweet Inspirations ), cugina di Dionne Warwick e una madrina come Aretha Franklyn . Nonostante queste altolocate parentele Whitney Elizabeth Houston   però aveva enorme talento e  una voce incredibile allenata dal gospel che gli permetteva di passare dalle  ballate pop agli up-tempo funky    senza il minimo sforzo apparente. Un’estensione vocale sbalorditiva da sembrare un dono naturale. Prima di questo debutto, giovanissima,  la cantante aveva lavorato prima come corista  poi a 18 anni era diventata una ricercata fotomodella per giornali di moda. Ne aveva 20 quando Clive Davis , il boss dell’ Arista e suo talent scout, gli fece firmare il contratto selezionando lui stesso il materiale e i produttori per il suo primo album che uscì nel 1985 con grande dispiegamento di forze. Le canzoni spaziavano tra la grande tradizione r&b   al contemporary soul e  al pop con produttori di tendenza  come Kashif , Narada Michael Walden , Mic