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Visualizzazione dei post da giugno, 2011

Pearlfishers – Across The Milky Way (2001, Marina)

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Di sicuro questa band di Glasgow aveva messo in preventivo che qualcuno, ascoltando i loro dischi, poteva avere un soprassalto e ricordarsi di “Pet Sounds“ dei Beach Boys oppure “Abbey Road“ dei Beatles. David Scott, artefice del progetto Pearlsfishers, ha ripassato per bene certe lezioni pop. D'altronde ce ne sono stati  tanti altri in giro da quelle parti che per anni hanno indossato con disinvoltura certi vestiti alla Burt Bacharach e Steely Dan ed hanno retto benissimo al tempo (Prefab Sprout, High Llamas, Aztec Camera, etc.) . E allora il gruppo ha giustamente creduto di potersi provare qualche capo smesso dai personaggi citati, con applicazioni  di Todd Rungren, Paul McCartney, Brian Wilson e altri scampoli ancora. E’ un pop di sintesi dei tempi moderni,  fatto di melodie e soluzioni gradevoli amanti della citazione , recitate con straordinaria naturalezza . Scott ha carta bianca in qualità di compositore, cantante, arrangiatore, produttore e polistrumentista e costruisce

Barry Manilow – Even Now (1978, Arista)

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Barry Manilow è stato una specie di Sinatra degli anni Settanta. Le sue canzoni sono puntualmente entrate nelle classifiche americane disco dopo disco con milioni di copie vendute. Nato a Brooklyn, ad undici anni Manilow suonava la fisarmonica , due anni dopo il pianoforte. Dopo aver frequentato il City College di New York, l’artista decise di dedicarsi seriamente allo studio della musica iscrivendosi al College of Muisc, lavorando, nel frattempo, negli uffici della CBS. La sua aspirazione era quella di diventare un buon arrangiatore. I suoi modelli erano i Beatles, Judy Garland, Barbra Streisand. Al Continental Baths di New York dove lavorava come pianista incontrò Bettle Midler, figura decisiva della sua carriera, che lo ingaggiò come direttore d’orchestra e arrangiatore per i suoi dischi ( il famoso singolo di Midler “ Boogie Woogie Bugle Boy “ fu prodotto da Manilow ). Con queste credenziali l'artista produsse quattro singoli per Sally Kellerman, collaborò alla realizzazione

Donald Fagen – Kamakiriad (1993, Reprise)

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  “The Nightfly“ era un viaggio nel passato di Fagen. Un flashback nei ricordi di infanzia ed adolescenza sonorizzati dalla musica che l’aveva influenzato, guidato da Lester The Nightfly, dee jay di fantasia che molto assomigliava all’autore. Un disco personale, anche troppo. Fagen si accorse a posteriori di essersi eccessivamente esposto nel rivelarsi così intimamente. Undici anni dopo esce “ Kamakiriad “ , lavoro meno autobiografico anche perché ambientato nel futuro, in un  imprecisato periodo del secondo millennio. Kamakiriad è una macchina avveniristica collegata con il satellite Teologic Routing. Il viaggiatore parte senza conoscere la sua destinazione con la sola consapevolezza che ne esiste una. La troverà a Flytown, ma solo per rimettersi in movimento. La vita è il viaggio, il viaggio dall’innocenza, attraverso prove che contemplano perdite e sconfitte per condurti alla destinazione finale. Una volta giunto alla meta tocca a te decidere se arrenderti, cedere all’abbandono, o

Rick Rhodes - Now You See It (1994, Polystar)

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Il tastierista losangelino Rick Rhodes è conosciuto soprattutto come compositore di soundtrack per diversi programmi televisivi tra cui le famose soap opera di “ Friends " , " Melrose Place " e " General Hospital ". Una carriera fortunata inziata nel 1986 con “ Santa Barbara “ e che nel corso degli anni gli valse sei Emmy Award. Rhodes, inoltre, viene ricordato come autore di bellissimi brani per Patti Austin, Diane Schuur, Bill Champlin, David Pack, Bobby Caldwell.  Tra il 1994 e il 1995 pubblicò due importanti album misti di A.O.R. e fusion : “ Now You See It “ e “ Indian Summer “ entrambi prodotti da Chieli Minucci , chitarrista jazz e leader del gruppo Special EFX. In questo primo pregevole lavoro ci sono episodi piuttosto ben riusciti come le brillanti “ Lies “ e “ The First Move “ , ballate di indubbio fascino come “ Guardian Angel “ e “ Let's Be Lovers Again “ e temi di chiara marca smooth-jazz come “ Promise In The Dark “ e lo strumentale “ Trop

Thelonious Monk - Alone in San Francisco (1959, Riverside)

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Per un pianista con un approccio così personale allo strumento e alla composizione è quasi d’obbligo confrontarsi con il piano-solo; per Monk la cosa non è stata così frequente visto che in trent’anni di carriera (’41-’71) è avvenuto solo quattro volte: nel 1954 con Piano solo (Vogue) che raccoglie un concerto parigino, nel 1957 con Thelonious himself (Riverside) e nel 1971 con l’estemporanea registrazione di The London collection (Black Lion). La quarta, quella che mi pare più importante, è questo Alone in San Francisco. Monk è davanti al suo pianoforte nella solitudine di una grande sala dall’acustica calda e ricca di armonici in una sorta di sospensione dal tempo e dallo spazio; la sua musica pare vivere di vita propria assomigliando ad una scultura che si staglia nel silenzio e nell’immobilità. I brani sono una decina e vengono resi da Monk con una essenzialità – non povertà! – che va diretta al cuore stesso della musica, della melodia, della singola nota. Lo sappiamo: Monk non e

Dion - Born To be With You (1975, Phillies / Warner Bros.)

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Nato e vissuto nel Bronx, figlio di emigrati italiani, Dion Di Mucci è stato , alla fine degli anni Cinquanta, un idolo dei teen agers. Con i suoi amici tutti di origine italiana (Fred Milano, Angelo D’Aleo e Carlo Mastrangelo) formò Dion and The Belmonts, nome preso da una strada del Bronx, e nel maggio del 1958 il loro primo singolo “ I Wonder Why “ entrò in classifica. Consolidarono il successo con “ Where Or When ? “, “ A Teenager In Love “, dischi da oltre un milione di copie ciascuno. A Clear Lake, nel 1959, la band era in tour con Buddy Holly e fortunatamente Dion non volle salire su quell'aereo maledetto che sarebbe poi precipitato provocando la morte di Holly, Ritchie Valens e Big Hopper. L’anno dopo i Belmonts si sciolsero,  ma l’artista continuò a sfornare hit a ripetizione a proprio nome quali “Runaround Sue “, “ The Wanderer “, “ Ruby Baby “, “ Drip Drop “ per poi cadere nella droga e nell’alcool ed interrompere forzatamente la fortunata carriera. Da ricordare che i

Todd Rundgren – Liars (2004, Sanctuary)

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Un disco con nuove canzoni dopo dieci anni. Un concept pensoso e poetico imperniato sulla verità e la bugia che tocca argomenti come la religione, la politica, il futuro. Del resto Rundgren è sempre stato l’uomo del futuro con tendenza al misticismo, uno dei pochi che può sfoggiare un passato adamantino e privo di compromessi. Il paradosso enigmatico del rock insieme a Frank Zappa. Raramente è riuscito a conquistare la popolarità da solista nonostante ha prodotto dischi che hanno venduto moltissimo per altri (Meat Loaf, Tubes, Patty Smith, Hall & Oates, XTC). il suo disco di maggior successo fu Hermit Of Mink Hollow del 1978 realizzato in "soli" due mesi e mezzo. Ma chi cerca di industrializzare e di codificare statisticamente la musica non ha scampo con lui. La standardizzazione dei suoni, la vaga idea di come andrà a finire la composizione, con Todd in studio di registrazione , trova il sempre il margine dell’imprevedibilità esecutiva. Lui compone da un punto di v

Lester Young - With the Oscar Peterson trio (1952, Verve)

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Assieme con Coleman Hawkins Lester Young è stato uno dei grandi precursori ed innovatori del sax; personaggio anticonvenzionale per eccellenza, Young (detto “Pres”, ovvero “President”) aveva una concezione del tutto particolare nel suonare il suo strumento. In contrapposizione proprio ad Hawkins e al suo approccio “muscolare”, il saxofonista del Mississippi presentava un suono etereo e penetrante, sommessamente lirico senza fare ricorso al vibrato; le sue note erano libere da gabbie armoniche e le sue lunghe frasi erano un continuo gioco con il silenzio. In questo disco è possibile ascoltare il sax rarefatto di Young in contrapposizione al densissimo pianoforte di Oscar Peterson in un continuo affascinante gioco di vuoti e pieni. Splendide le ballad come On the sunny side of the street o I can’t give you anything but love, memorabile Tea for two con gli assoli, oltre che di Pres, di Peterson e dell’ottimo Barney Kessel. On The Sunny Side Of The Street Person

Engelbert Humperdinck – Don’t You Love Me Anymore (1981, Epic)

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Arnold George Dorsey prese il nome d’arte dal compositore austriaco dell’ Ottocento Engelbert Humperdinck su suggerimento di un suo amico. Cantante confidenziale costruito ad immagine e somiglianza di Tom Jones di cui diventò l’eterno amico-rivale , il cantante inglese conquistò tra la metà degli anni Sessanta e i primi Settanta enorme popolarità a livello internazionale piazzando successi da milioni di copie con Release Me, There Goes My Everything, A Man Without Love, The Way It Used To Be, Another Time, Another Place. Grazie ad un timbro vocale profondo e all’immagine di bello e possibile diventò un’icona sexy del pubblico femminile ed ancora oggi seguitissimo nei suoi spettacoli dal vivo. Questo album è il migliore della sua esperienza discografica con la Epic, quando l’artista pubblicava dischi rivolti soprattutto al mercato adult contemporary e una piacevole sorpresa per gli amanti del pop westcoast. Ci sono produttori di lusso (Nick DeCaro e Gary Klein), arrangiatori di grid

Brian Wilson – Brian Wilson (1988, Sire/Reprise)

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Il rapporto un po’ morboso che ha legato per anni Brian Wilson al suo psichiatra, psicoterapeuta e amico Eugene Landy era dovuto nella fragilità psicologica del musicista. Anni di abusi e incertezze professionali furono superati grazie a lui, ridandogli fiducia in se stesso sia come uomo che come artista. Questo disco segnò il ritorno alla normalità , il beach boy era ancora una fucina di idee e non andava abbandonato. Uomo che per la musica ha messo in discussione se stesso, in quel voler trovare assolutamente la formula del coinvolgimento totale che portò sensazioni spiacevoli, trasformate in ansia, paura di vivere, fobia, a cercare di capire , a cercare altre strade per ritrovare l’equilibrio che si credeva possedere. Seguendo un copione collaudato, Wilson non ha esitato a raccontare se stesso: rivelare le proprie angosce significare quanto meno prenderne conoscenza e cominciare ad esorcizzarle. Musica come terapia, dunque. Wilson stempera le amarezze e i dubbi rendendoli pubbl

Michel Petrucciani - Solo live (1999, Dreyfus)

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Quello che quest’uomo sapeva fare con il pianoforte aveva dell’incredibile, così come la quantità di energia positiva che quel fragile corpo poteva contenere, energia che gli consentiva di affrontare prove assai ardue ad esempio un concerto di piano-solo come quello in parte testimoniato da questo disco. Il modo di suonare di Petrucciani rifletteva soprattutto l’intento di impressionare i suoi ascoltatori, non ostentando virtuosismo o sfruttando la sua condizione, ma suscitando emozioni e trasmettendo gioia e positività. Basti un titolo per tutti – Looking up, “guardando verso l’alto” che detto da lui assume un significato del tutto particolare – per capire quanto coinvolgente può essere la sua musica che sapeva andare senza particolari problemi e in maniera convincente dalla nostalgica Besame mucho, alla tellurica Caravan, da divertissement come Little piece in c for u, alla melodia che difficilmente si dimentica di Brazilian like. Francesco Soliani –  jazzer.it Lookin

Kenny Rankin – Hiding In Myself (1991, Cypress)

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Gli ci sono voluti undici anni per rivedere il proprio nome sul dorso di un disco. Kenny Rankin si tirò fuori dalla mischia dopo “ After The Roses “ del 1980, ultimo di una serie di lavori sobri ed eleganti, ma scottati dall’insuccesso commerciale. Rankin ha uno stile riservato, quasi un anti-stile, non si sa se è un cantante jazz o un cantante pop, anche se il primo per lui è sempre stato una tentazione fortissima. In questo bellissimo ed inaspettato ritorno c’è la conciliazione estetica della ballata pop, l’intimità del jazz e una forte esuberanza r&b. Il tutto è curato nella manifattura da musicisti come Vinnie Colaiuta, Robben Ford, Randy Kerber, David Benoit, Richard Elliott, Steve Lukather e i cameo di David Crosby e John Sebastian. Un album dove si parla d’amore ritrovato (Hiding In Myself), di passioni mai assopite (Keep The Candle Burnin’), pronto a ribadire le sue incertezze (Delila), a smascherare le sue esitazioni (Lovin’ Side), a lasciarsi trascinare dai mulinelli d

Yellowjackets - Mirage A Trois (1983, Warner Bros.)

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Yellowjacktes è uno dei marchi più antichi ed accreditati del panorama fusion. Sotto la leadership del tastierista Russell Ferrante, hanno confezionato una serie nutrita di album con risultati spesso brillanti. Attingendo temi e variazioni dal funky raramente si sono sottratti alla tentazione di percorrere strade già battute in vista di facili traguardi commerciali. La band si formò nel 1979 all’interno della band di Robben Ford ai tempi di “ Inside Story “ e comprendeva Russell Ferrante ( tastiere ), Jimmy Haslip ( basso ), Ricky Lawson ( batteria ) con l’apporto esterno di Ford a causa di beghe contrattuali. Dopo il successo ottenuto con il primo omonimo album, la decisone di suonare come gruppo di supporto a Randy Crawford e la partecipazione nell’estate del 1981 al festival jazz di Montreux documentata nel magnifico disco live, la band pubblica questo album capolavoro della fusion prodotto sempre da Tommy LiPuma. Robben Ford è presente in quattro brani, gli altri quattro vedono i

Abbey Lincoln - Straight Ahead (1961, Candid)

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Il disco più bello della Lincoln, che con Percussion Bitter Sweet e We Insist! Freedom Now Suite di Max Roach (all'epoca suo marito), forma una sorta di trittico dell'impegno civile per la libertà dei neri. Assai toccanti gli assolo di sax tenore del vecchio Coleman Hawkins, che dà il cambio alla cantante quasi impersonando una voce maschile, pacata e saggia. E' uno dei due soli dischi in cui si ascolta Eric Dolphy suonare l'ottavino. Il brano When Malindi Sings è su testo del grande poeta nero Langston Hughes. Straight Ahead Personnel: Abbey Lincoln (vocals); Coleman Hawkins, Walter Benton (tenor saxophone); Booker Little (trumpet); Julian Priester (trombone); Eric Dolphy (reeds); Mal Waldron (piano); Art Davis (bass); Max Roach (drums); Roger Sanders, Robert Whitley (congas) Tracks: 1. Straight Ahead 2. When Malindy Sings 3. In the Red 4. Blue Monk 5. Left Alone 6. African Lady 7. Retribution Spoiler : http://www.megauplo

Bruce Roberts - Bruce Roberts (1977, Elektra)

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Ai fini dell’archivio, questo è l’esordio discografico di Bruce Roberts, conosciuto più come autore per altri artisti che come solista di talento. Le sue canzoni, alcune hanno fatto il giro del mondo come “No More Tears (Enough Is Enough)", “The Main Event“ e “Stronger Than Before“, sono state interpretate da Dionne Warwick, Leo Sayer, Barbra Streisand, Dolly Parton le Pointer Sisters, Diana Ross, James Ingram, Ray Charles, Donna Summer, Roberta Flack. Nello stesso anno inizia a collaborare con Carole Bayer Sager firmando insieme a lei e a Bettle Midler “Steal Away Again“ e l’hit “You're Moving Out Today“, un sodalizio che si consoliderà nel tempo anche nei dischi a nome della Sager. Roberts ha il pregio dei grandi compositori mainstream americani, quelli che non si confondono con le masse ed hanno sempre validi motivi per esistere un po’ più degli altri perché capace di scrivere canzoni immediate, scorrevoli impostate con quella melodia d’ispirazione piuttosto tradiziona