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Visualizzazione dei post da gennaio, 2011

Sam Cooke – Night Beat (1963, RCA)

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Situazioni notturne, liriche, dolci, trasognate, estremamente suggestive. Sam Cooke, l’uomo che ha inventato il pop-soul, introdotto il gospel nella musica country, l’hit man indiscusso di “ Mr. Soul “ e “ Twistin' the Night Away “ registra in tre sedute (23,24,25 febbraio del 1963) dodici emozionanti brani ispirati alla notte, all’oscurità. Con lui suonano sessiomen collaudati tra cui il batterista Hail Blaine (Presley, Spector, Beach Boys), il chitarrista Clifton White (James Brown), il bassista dei Champs Clifford Hils, il grande chitarrista jazz Barney Kessel, l’organo di Billy Preston con l’orchestra condotta da Rene Hall (Dinah Washington). Evocativo e grandioso questo disco cattura al meglio tre qualità fondamentali che arrivano al cuore: composizione, messaggio e interpretazione. I musicisti scandiscono ritmi e temi di un canovaccio musicale soffuso e Cooke interpreta divinamente gioielli unici come i superbi soul-gospel di " Mean Old World ", " Nobody Knows

Alessi - Long Time friends (1982, Qwest)

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Il disco più completo e personale dei fratelli gemelli Billy e Bobby Alessi. I loro trascorsi si rintracciano nei primi anni Settanta con la partecipazione al musical Hair poi artefici, tra il 1973 e il 1974, di un gruppo chiamato Barnaby Bye, quindi di un’attività discografica a proprio nome dal 1977 con un omonimo album per la A&M a cui seguirono sempre per la stessa label altri tre lavori. Questo quinto disco intitolato in origine Roughen It e pubblicato per la Qwest di Quincy Jones, qui in veste di produttore esecutivo, non modifica l’equilibrio del precedente, ne è piuttosto un raffinato completamento. Pop melodico mai banale, ritmiche degne del miglior blue eyed soul ne fanno un’opera di A.O.R. di fattura pregevolissima. Questi legami stilistici e certi perfezionamenti a livello di produzione sono affidati a Christopher Cross e sponsorizzati da Michael Ostin che avevano dato i suoi frutti nel disco d’esordio di Cross. Canzoni orecchiabili ed immediate con ottimi stacchi

Mark Hollis – Mark Hollis (1998, Polydor)

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Passato inosservato all’uscita, questo disco è diventato un vero oggetto di culto. Sette anni dopo “ Laughing Stock “ Mark Hollis smette i panni dell’ anonimato , di quel voler celare la sua arte e il suo volto dietro il progetto Talk Talk di cui era l’anima, band che solo quando finì si accorsero un po’ tutti dell’importanza. Questo non è un album pop, ma parte da esso per arrivare ad una certa liberazione di schemi prefissati e ad un’apertura musicale di ogni elemento, nella verifica di tutte le esperienze accumulate nel corso dell’avventura con i Talk Talk. Un capolavoro che non conosce il dono dell’immediatezza, ma conquista ascolto dopo ascolto. Otto brani di una musica fatta di notte e di ombre, concepita ed esaltata da una voce lamentosa, da silenzi. Musica acustica di difficile collocazione stilistica, essendo basata su un sound molto vario e ricco di influenze assai diverse tra di loro come l’ambient, il jazz e il folk. “ The Colour Of Spring “, “ Watershed “, “ A New Jerus

Randy Crawford – Secret Combination (1981, Warner Bros.)

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In quel periodo Randy Crawford era una delle più duttili tra le vocalist nere. Il suo particolarissimo vibrato capace di note bassissime e di improvvise impennate ben si adattava ad un repertorio variegato tra pop , soul e jazz. Così dopo “Now We May Begin“ prodotto, arrangiato e suonato dai Crusaders, si cambia produzione e atmosfere. Tommy LiPuma dona al disco un unità stilistica e tanto movimento di idee A.O.R. a cominciare dagli autori dei brani. Voce al top della forma, canzoni di livello, contorno di abili musicisti, produzione che mette in risaltò tutte le sue qualità canore, “Secret Combination“ rimane uno dei migliori dischi in assoluto della vocalist. Fortificato da perle come “You Might Need Somebody“ di Tom Snow, canzone trascinata da una grande sezione fiati diretta da Bill Reichenbach, già edita nella versione di Turley Richards due anni prima, “Rainy Night In Georgia", classico di Tony Joe White qui rivisitato magnificamente e la jazzata cover di " Rio De Ja

Sonny Clark - Leapin And Lopin (1961, Blue Note)

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Come Fats Navarro e Charlie Parker prima di lui, la vita di Sonny Clark è stata breve ma particolarmente intensa. Minato dall'alcool e dalla droga muore nel 1963 a soli 31 anni, tuttavia produce una decina  di ottimi dischi a suo nome e una serie di eccellenti collaborazioni con alcuni dei più grandi artisti  dell'epoca come Sonny Rollins, Dexter Gordon, LeeMorgan ecc. Oltre a Cool Struttin' , ritenuto un classico dell'hard bop, e degno di attenzione anche questo Leapin' And Lopin ' registrato nel 1961 in cui suonano alcuni musicisti di spessore come Tommy Turrentine (fratello di Stanley) alla tromba e  Charlie Rouse, membro del gruppo di Monk, al sax tenore. Somethin' Special Uploaded with ImageShack.us Personnel: Sonny Clark (piano); Ike Quebec, Charlie Rouse (tenor saxophone); Tommy Turrentine (trumpet); Butch Warren (acoustic bass); Billy Higgins (drums). Tracks: 1. Somethin' Special 2. Deep In A Dream 3. Melody For C 4.

Paul Williams - Life Goes On (1972, A&M)

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Stranamente i dischi solisti di Paul Williams sono finiti in fretta nel dimenticatoio nonostante l'autore abbia una solida reputazione nei circuiti dell’intellighenzia pop inanellando una serie di successi commerciali per altri interpreti (Barbra Streisand , Carpenters, Frank Sinatra , Helen Reddy, Anne Murray , Elvis Presley ), legando il suo nome a colonne sonore come “ Phantom of the Paradise “ , “ Bugsy Malone “, “ A Star Is Born “. Eppure essi sono di indubbio valore ,  specchio fedele del suo songwriting di classe eccelsa. Questo era il sesto lavoro a suo nome , sempre a stretto contatto con Roger Nichols con il quale ha scritto dei veri standard pop come “ We've Only Just Begun " e “ Rainy Days and Mondays ". Ne emerge un quadro preciso del musicista, songwriter intimista, raccolto nei sentimenti, ma capace anche di incisività e di umorismo. Il Williams cantante convive con il Williams compositore tutto imperniato su un pianismo ampio e maturo accompagnato p

Kenny Rogers - They Don't Make Them Like They Used To (1986, RCA)

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Kenny Rogers è uno dei personaggi più amati della musica leggera americana di tutti i tempi, interprete nel senso tradizionale del termine, adorato da milioni di persone. Stavolta l’artista di Houston si affida a Jay Graydon, mago del sound A.O.R. , produttore, arrangiatore, compositore e caposcuola di tutto uno stile. Graydon trasmette perfettamente le proprie intenzioni al cantante texano che risponde con sicurezza di espressione e senza accademia. Un’operazione questa simile a quella realizzata con Dionne Warwick ( Friends In Love ) e Lou Rawls ( Love All Your Blues Away ). La sua voce pastosa, profonda, piena , è la stessa che ha abbracciato due generazioni e la musica mutuata dall’ A.O.R. la rende ancor più affascinante. Ovviamente non potevano mancare i soliti fuoriclasse del giro come Bill Champlin, Michael Omartian, Steve Lukather, Richard Page, Michael Landau, Tommy Funderburk, Jason Scheff, Peter Beckett. Ballate romantiche come “ If I Could Hold On To Love “ scritta da

Diana Ross – Ross (1983, RCA)

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Non è un disco fattole su misura come le produzioni della coppia Ashford & Simpson (The Boss), Nile Rodgers (Diana) o Barry Gibb (Eaten Alive). Questa volta Diana Ross si affida ad un team completamente diverso con gran parte del materiale scritto, diretto e suonato dal gotha del suono A.O.R. Cinque canzoni su otto sono prodotte da Gary Katz, almeno tre sono dei capolavori del genere: “ That's How You Start Over “ firmata Michael McDonald ed Ed Sanford, un up tempo pop-soul con sezione fiati curata da Jerry Hey e Michael McDonald ai cori e tastiere. “ Love Will Make It Right “ di Donald Fagen, canzone stupenda che sembra essere stata estratta di peso dall’atmosfere magiche di “ The Nighfly “ con tanto di assolo superbo da parte di Fagen al sintetizzatore. “ Pieces Of Ice “ di Marc Jordan, ballata glaciale, misteriosa , chitarre di Larry Carlton e Joe Walsh che prelude alle sonorità elettroniche di Jordan espresse in seguito su “ Talking Through Pictures “. Molto belle anch

Nielsen & Pearson - Nielsen/Pearson (1980, Capitol)

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La coppia Reed Nielsen e Mark Pearson, entrambi chitarre, tastiere e voci, prosegue stavolta nelle intenzioni A.O.R. il discorso iniziato con The Nielsen Pearson Band, l’album d’esordio del 1978 più influenzato dal country-rock. E’ cambiato il contorno, la produzione di Richard Landis , che cura anche tutti gli arrangiamenti ritmici, dona un assetto più soft vicino al sound dei Pages e i turnisti sono tutti del giro losangelino che conta: David Foster, Jai Winding, Tom Scott, Vinnie Colaiuta, Neil Stubenhaus. Il risultato è eccellente, buona vena compositiva, brio interpretativo e originali soluzioni ritmico-melodiche su canovacci pop-fusion. La canzoni si susseguono senza cadute di tono, creando un’eccitante altalena di momenti rilassati e sferzate up tempo. Un quadro attendibile di suggestioni A.O.R. e melodie incantevoli dove i due si rivelano autori smaliziati e di fosforo. I momenti migliori e di sicuro impatto sono le incisive ed accattivanti Two Lonely Nights e If You Sho

Isaac Hayes – Chocolate Chip (1975, Stax)

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Colonna portante della Stax, negli anni Sessanta Isaac Hayes firmò con David Porter i migliori classici del r&b “ commerciale “. Dietro i successi di Otis Redding, Sam & Dave, Carla Thomas, Johnnie Taylor c’era sempre la sua abile regia. La sua concezione di soul era diversa da quella viscerale della scuderia di Memphis, era qualcosa di più morbido, di più sofisticato. Infatti, più tardi, il muiscista sperimentò su se stesso questa formula abbinandola al soul sinfonico e vennero fuori idee meravigliose come “ Hot Butteerd Soul “, “ To Be Continued “, “ Black Moses “, prendendo anche canzoni famose di pop bianco trattandole esteticamente con una patina sonora luccicante, sensuale. La sua arte toccò l’apice in quel capolavoro che è la colonna sonora di “ Shaft “, pietra miliare del soul sinfonico e del genere “ Blaxploitation “. Questo “ Chocolate Chip “ è sicuramente magari meno innovativo dei precedenti , ma altrettanto importante per il rilancio di tutta la black music de

Larsen & Feiten - Larsen-Feiten Band (1980, Warner Bros.)

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La coppia Neil Larsen e Howard “Buzz” Feiten avevano all’attivo un ottimo disco rock-fusion con il progetto “ Full Moon “ pubblicato nel 1972, poi intrapresero una fitta carriera di sessionmen , intervallata per quanto riguarda Larsen da due magnifici esempi di jazz - fusion come “ Jungle Fever “ nel 1978 e “ High Gear “ nel 1979. Sotto la guida di Tommy LiPuma i due realizzarono nel 1980 questo album che conia alla perfezione una sintesi musicale fra il pop di lusso e la musica fusion. La band era formata da Larsen alle tastiere e voci, Feiten alla chitarre e voci, quindi Lenny Castro alle percussioni e voci, Art Rodriguez alla batteria, Willie Weeks al basso , special guest la sezione fiati dei Seawind al completo. Il lavoro è la dimostrazione di come si possano affrontare discorsi musicali all’interno di uno stesso contenitore mantenendo una coerenza di base evidentissima. Un sound dove raffinati fraseggi strumentali abbinati a una sezione vocale intensa che si snoda tra il funky

Kate Bush – Hounds Of Love (1985, EMI)

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Le è bastato un singolo incubo per stazioni FM per arrivare ai vertici delle classifiche internazionali ( Wuthering Heights ) che la casa discografica non voleva nemmeno pubblicare. Piccola, minuta, occhi grandi e volto pallido , sempre protesa in un passo di danza ( allieva del celebre mimo Lindsay Kemp ), voce che sa essere finissima, ma anche cupa e dura, Kate Bush ha sempre creduto in se stessa. Da quando il suo talent scout David Gilmour nel 1978 la presentò ai futuri discografici ( il chitarrista dei Pink Floyd ne restò affascinato dopo un suo spettacolo in un piccolo club di Londra ), questa straordinaria artista ha sempre scritto da sola musica e testi. Ferrea nella disciplina del lavoro, amata per quel gusto tra cabaret e classico, la Bush sceglie con cura i musicisti, realizza dischi con larga autonomia ed è capace di restare in sala di registrazione per giorni. “ Hounds Of Love “ è il suo lavoro più completo, maturo con vertici pieni di emozione. Un album ambizioso

Larry Lee – Marooned (1982, Columbia)

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Membro fondatore , polistrumentista e anima della band Southern e Country Rock degli Ozark Mountain Daredevils,  Larry Lee, dopo cinque dischi e qualche discreto hit (Jackie Blue), ee lascia il gruppo nel 1982 e si trasferisce a Nashville dove inizia una fortunata carriera di sessioman e produttore (Alabama, Juice Newton) realizzando lì anche questo suo primo e unico lavoro solista. Abbandonate le ispirazioni vicine alla tradizione country-rock presenti negli album con i Daredevils, il musicista pubblica un disco di pregevole A.O.R. Westcoast con dieci canzoni legate a sonorità e motivi propri del pop californiano più elegante e raffinato. Canzoni come “ Don’t Talk “ e “ Only Seventeen “ hanno la forza , l’esuberanza e lo stesso incanto del primo Christopher Cross. Tra I brani scritti dallo stesso Lee spiccano “ Hollywood “ con una bella orchestrazione di David Campbell, la title track e “ Hang On “ , a testimonianza del suo songwriting gradevole ed efficace. Di pregevole fattura le

M.F.S.B. - Love Is the Message (1975, Philadelphia International)

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Oramai Philadelphia era divenuta una delle capitali della musica soul e ispiratrice della nascente disco music. Le sale di registrazione dei Sigma Sound Studios erano una grande fucina dove turnisti, musicisti, compositori e produttori lavoravano a stretto contatto per la Philadelphia International Records. Assemblati da Kenny Gamble e Leon Huff, questi turnisti presero il nome di M.F.S.B. acronimo di “ Mother, Father, Sister, Brother “ a significare una grande famiglia musicale sotto l’egida dei due geniali produttori-autori. La formazione comprendeva figure carismatiche come il vibrafonista Vincent Montana jr. e il tastierista Thom Bell alle tastiere, due direttori d’orchestra e fini cesellatori di suoni. C'erano fuoriclasse dello strumento come i chitarristi Bobby Eli e Norman Harris, il batterista Earl Young alla batteria, il bassista Ronnie Baker al basso. Una vera big band con archi  fiati di oltre trenta musicisti che ricamava le note nei dischi di Billy Paul, Harold Melv

Bugatti & Musker - The Dukes (1982, Atlantic)

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Frank John Musker & Dominic Roy King , questi i veri nomi, sono due autori e sessionmen inglesi molto apprezzati. Hanno lasciato segni dappertutto e ancora oggi non hanno voglia di riposare. Le loro canzoni - solo per circoscrivere quelle riferite tra gli anni settanta ed ottanta - sono state interpretate da un lista infinita di nomi: Eddie Kendricks (Ain't No Smoke Without Fire), Mighty Pope (Sway), le Three Degrees (Woman In Love), Rodney Franklyn (The Eagle And The Condor), Chaka Khan (Best In The West, Fate), Sheena Houston (So Much In Love, Modern Girl), le Sisters Sledge (Thank You For The Party), Bonnie Tyler (Married Men), gli Air Supply (Every Woman In The World), Roger Daltrey (Milk Train), Patti Austin (Every Home Should Have One) e altri ancora. Nel 1979 pubblicarono un singolo “ Lovers And Gamblers “ sotto il nome di Roulette , ma fu con questo album che il duo realizzò un must di A.O.R. Westcoast e Blue Eyed Soul. Prodotto da Arif Mardin e registrato tra Hollyw

Pointer Sisters – Special Things (1980, Planet Records)

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June, Anita e Ruth, ovvero le Pointer Sisters. Insieme all’altra sorella Bonnie (che poi abbandonò il gruppo nel 1977), nacquero nel ghetto di Oakland, in California, da due Ministri di Culto, il Rev. Elton Pointer e sua moglie Sarah. Ovviamente il loro tirocinio fu nel coro della chiesa, poi dopo anni di tentativi, riuscirono a collaborare come coriste con grandi nomi della scena musicale americana: Boz Scaggs, Alice Cooper, Dave Mason, Grace Slick. Il grande passo fu con un repertorio scelto tra il jazz anni quaranta, il doo-wop e il vocalese e le relative apparizioni al Trobadour di Los Angeles con orchestrazioni originalissime stupirono l’ambiente. Singoli come Yes We Can-Can , Fairy Tale furono un ottimo biglietto da visita. Poi ci fu un lungo periodo di silenzio e Bonnie abbandonò il gruppo per intraprendere una strada solista. Ci pensò Richard Perry e la sua neonata label Planet. Sotto la sua direzione le Pointer Sisters realizzarono Energy  e Priority , album di un nuovo

Ahmad Jamal - At The Pershing / But Not For Me (1958, Chess Records)

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Registrato il 16 gennaio del 1958 presso il Club Pershing di Chicago, At The Pershing / But Not For Me è uno dei più famosi e influenti dischi di piano jazz. Con questo disco Jamal dimostrò di essere un musicista davvero completo, il brano  Poinciana  divenne rapidamente un successo nazionale, stazionando per ben 108 settimane nella graduatoria dei dischi più venduti in America. In questa registrazione il leggendario pianista - a lungo tra i preferiti da Miles Davis - è affiancato da Vernell Fornier (batteria) e Israel Crosby (contrabasso). FreeVideoCoding.com Tracklist: 1. But Not for Me 2. Surrey With the Fringe on Top 3. Moonlight in Vermont 4. (Put Another Nickel in) Music Music Music 5. No Greater Love 6. Poinciana 7. Woody'n You 8. What's New Personnel: Ahmad Jamal Piano Israel Crosby Bass Vernell Fornier Drums Spoiler : http://rapidshare.com/files/72864222/AJ_Pershing_For_Me_M.rar

Toto – The Seventh One (1988, Columbia)

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I Toto sono la band che incarna l’essenza del suono A.O.R. Musica tecnicamente ineccepibile e professionale, grandi impasti vocali, armonie falmente memorizzabili, arrangiamenti coloriti e lussuosi, un fiuto istintivo per la pop music dal gusto facilmente fruibile. Da sessiomen collaudati del giro californiano verso la fine degli anni Settanta, nel giro di pochi anni i Toto sono saliti sull’Olimpo del rock come supergruppo seguitissimo. Questo “ The Seventh One “ è un album che raccoglie le migliori proposte di “ Toto “ e “ IV “ - i dischi della svolta - dove emerge tutta la personalità del quintetto ed in particolare del chitarrista Steve Lukather autore dei brani migliori. Una struttura sonora più elastica ed imprecisata, ma con gli stessi connotati: rock vigorosi e limpidi, sottolineati da interessanti interpretazioni vocali di Joseph Williams (Only The Children, Pamela), piacevoli puntate melodiche (Anna , A Thousand Years) e caraibiche (Mushanga). Tutta la classe e l’esperienza

Leroy Hutson – Hutson (1975, Curtom)

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Nel 1970 Leroy Houston scrisse insieme a Donny Hathaway il leggendario brano “ The Ghetto “, l’anno dopo entrò come solista negli Impressions prendendo il posto di Curtis Mayfield restandoci tre anni per poi intraprendere una carriera solista fatta di dischi bellissimi e sottovalutati. La storia di questo talentuoso autore, produttore e polistrumentista s’intreccia fittamente con il soul di Chicago di cui fu un portabandiera. Da titolare si è sempre ricordato della lezione sinfonica del suo maestro Curtis , ma anche quella delle finezze vocale di Leon Ware. Questo terzo album è una miscela accattivante di soul morbido con canzoni calde, languide e una tensione intima pulsante. Una musica che incontra le radici del gospel e penetra nel linguaggio del r&b con soluzioni originali come gli archi filtrati dal sintetizzatore, l’uso interessante del clavinet, le ritmiche old style e fiati all’unisono. Le canzoni, scritte, arrangiate e prodotte da Houston possiedono un carisma personale e

Greg Guidry - Soul'd Out (2000, Cool Sound)

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Dodici anni di silenzio discografico da Over The Line e poi per  la Cool Sound giapponese Greg Guidry rilascia addirittura due album, Private Session , raccolta di canzoni mai pubblicate che dovevano far parte del secondo album di Guidry e questo Soul'd Out con nuovo materiale che sarà purtroppo anche l’ultimo di questo esclusivo autore della scena A.O.R. anni Ottanta in quanto tre anni dopo ci lascerà in circostanze mai chiarite del tutto. Undici brani di blue eyed soul e pop con ottime melodie e nuovi propositi di quella connection “californiana” ormai in via d’estinzione. Troviamo canzoni formidabile e scenari di grande valore come nelle bellissime Up 2 Us , Every Little Bit e Nothin's Gonna Change That , dimostrazione di come Guidry aveva la testa piena di idee e cuore pieno di fantasia. Poi il purissimo distillato d’annata in One Step At A Time , Send This Dedication e la rivisitazione della leggendaria Goin' Down un gioiello del suo primo disco. Titoli di affi

Bill Champlin - Runaway (1981, Elektra)

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Secondo lavoro dopo “ Single “ del 1978 e stessa produzione di David Foster. Bill Champlin è autore che pensa in bianco e suona in nero come Michael McDonald, Jay Graydon e Kenny Loggins, tutta gente che ha cercato di stravolgere il pop bianco per colorarlo di r&b e farlo poi rotolare su se stesso. L’A.O.R. californiano in quegli anni diede alla contaminazione stilistica quello che il pop cercava e più di qualsiasi altro genere musicale celebrò questa sintesi incorporandola negli spazi più densi nel nuovo pop come fa Champlin in questo disco . “ Runaway “ è un condensato di canzoni ben calibrate, equilibri sonori sofisticati e qualche buon indirizzo rock. Dalle ritmate “ Without You ” e “ Satisfaction “ dalla magnifica melodia soul-funky, “ Take It Uptown “ ai cori Kenny Loggins e Richard Page, sax di Tom Scott, " Stop Knockin 'On My Door " un rock’n’roll divertente con la chitarra solista di Champlin. Ma le più significative canzoni piene della buona aria californ

Ray Charles - Modern Sounds in Country and Western Music (1962, ABC Paramount )

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Nei primi anni Sessanta, il r&b, figlio legittimo ripudiato del jazz, sopravviveva malamente in quei settori che l’avevano visto nascere. Privo di appoggio industriale, vittima di un razzismo duro a sconfiggere, il mondo musicale nero era nascosto nelle campagne e nei quartieri poveri delle grandi città. E se si esclude la Tamla Motown di Detroit che , grazie all’abilità del grande discografico Berry Gordy jr., stava facendosi strada , pochissimi altri artisti r&b erano stabilmente nelle classifiche. Solo “ The Genius “ era riuscito a capovolgere l’ottica delle musica americana spalancando le porte delle classifiche bianche trascinando con lui tutta la black music. Dopo capolavori come “ What’d I Say “, il concept “ Genius Hits the Road “ e “ Genius + Soul = Jazz “ con Quincy Jones, il grande soul man si rimette in discussione per non rimanere ancorato a stili precisi ed osa ancora di più , spingendosi nel territorio minato del country , genere bianco per eccellenza. I fa

Prefab Sprout - Jordan The Comeback (1990, Columbia)

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Paddy McAloon accompagnato da suo fratello Martin alla chitarra, la vocalist Wendy Williams, Neil Conti alla batteria e dalla preziosa produzione di Thomas Dolby che cura anche il lavoro alle tastiere e agli arrangiamenti, si fa promotore di una visita guidata all’interno di 50 anni di musica popolare americana rivisitata con lucida originalità. Con “ Jordan The Comeback “ McAloon ha concepito un ideale vocabolario del pop dove si affronta senza timore di profanazione tutta la musica che ha sempre amato, rincorso, sognato. Pop, rock, funky, jazz, country & western, soul, blues si fondono in 19 brani carichi di passione che si susseguono come in un musical. Un concept diviso in tre temi: l’amore nella gioventù, la mitologia americana degli anni Cinquanta  come esempio di culto della personalità (con riferimenti alla guerra fredda, l’ascesa e caduta di Jesse James metafora di Elvis Presley) e l’amore nella maturità (la grazia di Dio e le tentazioni del diavolo, la lotta tra il be