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Visualizzazione dei post da marzo, 2011

Patti Austin – Patti Austin (1984, Qwest )

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Se il precedente “ Every Home Should Have One “ era stato curato interamente da Quincy Jones, in questo secondo capitolo per la Qwest troviamo ben quattro produttori diversi : Narada Michael Walden, Ollie E. Brown, il duo Clif Magness-Glen Ballard e David Pack, mentre Jones si limita ad un solo brano. Tuttavia il disco riesce a mantenere il carattere di un lavoro unitario, senza spiacevoli sbalzi di stile che il passaggio da un produttore all’altro potrebbe rappresentare. Molto belli i brani guidati da Pack e Walden. Il primo firma “All Behind Of Us “ , pezzo ricco di interessanti idee pop-soul con brivido nell’inciso e “ Any Way You Can “ scritta insieme a Michael McDonald , altra canzone melodica dove la Austin conferma di essere una prodigiosa interprete di ballate. Da moderna e credibile interprete soul-funky promuove con la sua voce due perle come “ Rhythm Of The Street “ e “ Starstruck “ supervisionate da  Walden   Decisamente fresca , caraibica e orgogliosa dei suoi fiati è “

Brian Wilson - Pet Projects: The Brian Wilson Productions (2003, Ace)

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Raccolta imperdibile di Brian Wilson produttore per la Capitol tra il 1963 e il 1969. Documento raro di un genio autentico, maniaco degli studi di registrazione, fan Phil Spector e troppo avanti per i suoi tempi. In queste canzoni c’è tutta l’arte di un musicista sempre alla ricerca di quell’ineffabile suono pop che vibrava in fondo alla sua mente e avrebbe preso le forme magiche di Pet Sounds , Smile e Sunflower . Ci sono The Survivors , gruppo di studio composto da Brian Wilson insieme agli amici Dave Nowlen, Bob Norberg e Rich Alarian che pubblicarono un solo singolo nel 1964: Pamela Jean , brano che aveva la stessa melodia di Car Crazy Cutie dei Beach Boys di Little Deuce Coupe e la bellissima B-side strumentale After The Game . C’è il trio vocale femminile delle The Honeys formato dalle sorelle Marilyn (che diventò poi sua moglie), Diane Rovell e la loro cugina Ginger Blake con otto brani tra cui due capolavori indiscussi come Tonight You Belong To Me e Goodnight My Love .

Young Rascals – Groovin’ (1967, Atlantic)

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Mentre in Gran Bretagna impazzavano i neri a metà come Van Morrison e gli Animals di Eric Burdon, a New York quattro ragazzi, figli di oriundi italiani, infatuati di Otis Redding e Marvin Gaye miscelavano il pop con canzoni r&b meno conosciute. Passavano il tempo ad Harlem  a cercare i  dischi di artisti di colore che non entravano in classifica per poi interpretare con passione le canzoni scelte tanto che il pubblico pensava che fosse tutta musica originale del gruppo. Felix Cavaliere ( voce e tastiere ), Eddie Brigati ( voce), Dino Danelli ( batteria ) e Gene Cornish ( chitarra ) debuttarono ufficialmente nel 1965 al Choo Choo Club nel New Jersey, e nel 1966 con l'omonimo album e  il singolo “ Good Lovin ‘ “ arrivarono al numero uno. Questo secondo lavoro pubblicato l'anno dopo è una pietra miliare del blue eyed soul. Disco che diede vita ad un percorso sonoro che condusse all’evoluzione della musica bianca imparentata con quella nera. Un tesoro di potenza commerciale ,

Dennis Lambert - Bags & Things (1972, ABC Dunhill)

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Abile manovratore di tanti successi pop/soul sin dagli anni Sessanta, Dennis Earle Lambert è stato un produttore e autore leggendario , che a partire dalla metà degli anni Sessanta formò insieme a Brian Potter un team di hit makers formidabile ( Four Tops, Tavares, Glenn Campbell, Commodores, Santana, Sergio Mendes, Dusty Springfield, Player, etc. ) . I suoi motivi hanno fatto il giro del mondo. Li abbiamo ascoltati dalla voce di Dennis Edwards (Don’t Look Any Further), Four Tops ( Ain’t No Woman -Like the One I Got), Commodores ( Nightshift ), Hamilton Joe Frank & Reynolds (Don’t Pull Your Love ), Starship (We Built This City ), Tavares (It Only Takes A Minute ). In questo suo unico lavoro solista Lambert scrive e canta accordi sospesi sul ponte tra i Carpenters e Jimmy Webb, i Bread e Carole King . “ Ashes to Ashes “, “ Of All The Things “, “ Dream On ” , “ Somebody Found Her ( Before I Lost Her) “ sono grandi canzoni pop che nascondono sempre lo stesso mistero, sempre con quel

Kazu Matsui Project - Standing On The Outside (1983, Mobile Fidelity)

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Kazu Matsui è un produttore-musicista giapponese ( uno dei più importanti suonatori di flauto bamboo ) che da anni ha lavorato a Los Angeles. Abile costruttore di elegantissime sonorità A.O.R., realizzò in linea con i vari Wanroker, Foster, LiPuma, Titelman, dei dischi di pop-fusion riunendo i migliori solisti e turnisti del genere. Questo suo terzo lavoro, dopo “ Time No Longer “ e “ The Direction-West “ , fu pubblicato in origine solo in Giappone con il titolo “ Love's a Heartache “ ed attribuito al chitarrista Robben Ford , in seguito fu ristampato negli States a nome Kazu Matsui Project e intitolato “ Standing On The Outside “. Matsui è l'organizzatore coadiuvato da altri maestri del genere come Bill Meyers e Russell Ferrante, mentre Ford arrangia quasi tutti i brani con soluzioni ritmico-armoniche fusion dimostrandosi chitarrista dal fraseggio solistico fluido e ottimo cantante come in “ Love’s A Heartache ” di Ned Doheny e “ Time Flies “.  E' un campionario pop –soul

Rickie Lee Jones – Rickie Lee Jones (1979, Warner Bros.)

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Nata Chicago e trasferita agli inizi degli anni Settanta prima a Venice poi Los Angeles, Rickie Lee Jones fece gavetta nei piccoli club dove incontrò Lowell George e Tom Waits. Nel 1978, durante un concerto al Troubadour di Beverly Hills alcuni osservatori della Warner si interessarono a lei. Realizzò un demo e il boss della label Lenny Waronker la mise inaspettatamente sotto contratto. Lo stesso Waronker insieme a Russ Titelman producono l’esordio coinvolgendo la crema dei musicisti di studio in circolazione come Steve Gadd, Jeff Porcaro, Willie Weeks, Neil Larsen, Randy Kerber, Victor Feldman, Tom Scott, ai cori Michael McDonald, Leslie Smith, Joe Turano, arrangiamenti orchestrali di Nick DeCaro e Johnny Mandel, due super ospiti come Randy Newman e Dr. John. Così Rickie , baschetto rosso in copertina e sigaro tra le labbra , si mette subito in luce qualità di autrice ed interprete dalla personalità irruente con un lavoro incensato da critica e pubblico. Los Angeles aveva ora una

James Ingram – It’s Your Night (1983, Qwest)

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Ha avuto la fortuna di suonare con Ray Charles e i Coasters, di mettere il suo sigillo su un hit come “ Don’t Push It Don’t Force It “ di Leon Haywood, di incontrare Barry Mann e Cynthia Weill per il demo “ Just Once “ da far ascoltare a Quincy Jones ed essere poi invitato alla grande festa di “ The Dude “, di aver scritto una straordinaria canzone come “ P.Y.T. “ per Michael Jackson, di aver ricevuto nel 1981 tre nomination al Grammy Award quale miglior nuovo artista, miglior cantante r&b, miglior cantante maschile. James Ingram , oltre ad essere un grande soul man, è un grande crooner specializzato in destare anime assopite. “ It’s Your Night “ è uno dei migliori album pop-soul di sempre, diviso egregiamente tra up tempo e ballad melodiche. Una vera e propria fusione di generi : nero, ma anche molto bianco, dance, ma anche funky. Realizzato con una strategia di produzione perfetta da Quincy Jones, il disco è curato in ogni aspetto nei minimi dettagli con arrangiamenti folgoranti

Stephen Bishop – Careless (1976, ABC/MCA)

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La storia di Stephen Bishop non è dissimile da quella di tanti songwriter californiani degli anni Settanta. Dopo dei tentativi per creare una propria band , il musicista decise di scrivere canzoni per altri artisti. Art Garfunkel lo notò e incise “ Looking For The Right One “ per il suo “ Breakaway “. Da quel momento, oltre ad imporsi come autore di caratura, Bishop diventò interprete diretto della sua musica a cominciare da questo esordio. “ Careless “ è un album pieno di splendide melodie acustiche impreziosite ad arrangiamenti orchestrali e liriche molto poetiche. Nelle sue canzoni c’è coraggio, standard innovativo, certezza della convinzione. Una proiezione creativa rintracciabile nei due hit “ On and On " e "Save It For A Rainy Day ", in “ Never Letting Go “ ripresa l’anno dopo da Phoebe Snow, “ One More Night “ interpretata poi da Patti Austin , la delizia folk-pop di “ Little Italy “ e “ The Same Old Tears On A New Background “ , struggente brano già fatto co

Ronettes – Presenting the Fabulous Ronettes Featuring Veronica (1964, Phillies Records)

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La figura di Spector è diventata mitica lavorando all’ombra della consolle come produttore. Quessto bizzarro e geniale newyorchese del Bronx riuscì agli inizi degli anni Sessanta a creare un sound unico, caratterizzato da una ricerca musicale originalissima dove ogni voce, ogni strumento veniva elaborato da una massa sonora possente e sfarzosa: il muro del suono. Un procedimento in fase di registrazione che consisteva nel porre tutti gli strumenti, i cori e la voce solista ad uno stesso livello sonoro con l’eccezione della batteria regolata di poco in “ avanti “. Quando iniziò a lavorare con i gruppi vocali ebbe una fortuna immensa. Fu l’avvenimento più sensazionale della seconda generazione del rock’n’roll. Questi gruppi di giovani cantanti cantavano canzoni per i loro coetanei per una nuovo tipo di musica pop. Canzoni leggere, ma musicalmente ricercate, testi destinati a quel pubblico adolescente che si identificava nelle storie di amori sfortunati, di innamoramenti per una sola st

Nicolette Larson – In The Nick Of Time (1979, Warner Bros.)

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Vocalist raffinata e sensibile, Nicolette Larson uscì allo scoperto dopo anni di discreta convivenza con partners celebri (Commander Cody, Guy Clark , Jesse Colin Young, Jesse Winchester, Emmylou Harris) grazie all’interessamento di Linda Ronstadt che la fece conoscere a Neil Young partecipando alle session di Nashville per l’album “Comes A Times “. Da precaria e senza discografia personale, la cantante con quei contributi vocali si fece conoscere nell’ambiente e Ted Templeman volle produrre nel 1978 il fortunato disco d’esordio trascinato dal remake “Lotta Love“, frutto del rapporto professionale con Neil Young. Questo secondo lavoro è sempre prodotto da Templeman che ripropone quasi lo stesso team di musicisti con Michael McDonald, Tom Johnston e Bobby LaKind della premiata ditta Doobie Brothers , Paul Barrère e Billy Payne dei Little Feat, la sezione fiati sempre composta da Jim Horn, Chuck Findley e Steve Madaio , quindi due ospiti di rilievo come Van Dyke Parks e Ronnie Mon

Bobby Womack – The Poet II (1984, Beverly Glen)

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Uno dei più capolavori soul degli anni Ottanta. A due anni dal primo “ The Poet “ e dopo varie vicissitudini personali, Womack ritorna sull’argomento con la piccola etichetta Beverly Glen. Womack costruisce un disco ricco di spunti e di orgoglio, raffinando e smerigliando certe idee già da anni sperimentante in album come “ Pieces “, “ Roads of Life “ e il precedente “ The Poet “. L’artista offre un suono più smagliante, più disinibito, aiutato dalle splendide prestazioni di una vocalist di enorme personalità interpretativa come Patti Labelle. Terrificanti per intensità e bellezza i tre brani in cui la cantante di Filadelfia duetta con Womack: “ Love Has Finally Come At Last “, “ It Takes A Lot Of Strenght To Say Goodbye “ e “ Through The Eyes Of A Child “, in quest’ultima ci sono due impeccabili cameo di George Benson alla chitarra e Wilton Felder al sax. E’ soul-funky di gran lusso, intrigante e diretto che prosegue con la grandiosa ballata “ If You Think You’re Lonely Now “ , la

Bobby Caldwell – August Moon (1983, Polydor)

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Per un suo statuto raramente messo in discussione dai cultori del genere A.O.R., Bobby Caldwell diventò , dopo i primi tre dischi, il rappresentante ideale di un culto pop radicato, vuoi per quella fascinosa silohuette graficizzata nelle copertine, vuoi per le sue idee soul e la capacità di arrivare allo stesso punto partendo da mille basi differenti e ritrovare ogni volta il percorso a ritroso. Le intuizioni musicali in quei tre dischi sarebbero bastate da sole a far maturare tutti i frutteti della California che invece si accontentavano di far prosperare ai quei tempi soprattutto prodotti di serra. Così Caldwell si ritrovò senza contratto, accantonò di conseguenza i progetti solistici dedicandosi saltuariamente a qualche produzione esterna, collaborazioni tecniche e partecipazioni in veste di ospite. Questo disco uscì solo in Giappone, introvabile per anni. L’area circoscritta stavolta è volutamente quella del pop, costruito con delle geometrie variabili e dei tocchi heavy sul

Jim Photoglo – Fool In Love With You (1981, 20th Century-Fox)

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Forze nuove si agitavano a Los Angeles e dintorni, in questo caso Hollywood e Santa Monica. Jim Photoglo aveva pubblicato un interessante disco omonimo nel 1980 passato quasi inosservato, ma notato da Quincy Jones che volle includere un suo brano per il lancio in grande stile di James Ingram. Era la ballad “ She Loves Me (The Best That I Can Be) modificata nel titolo in “ The Best That I Can Be “. Questo gli diede una certa notorietà e l’anno seguente con lo stesso team (Brian Francis Neary, Bill Cuomo, Fred Tackett, Dennis Belfield) realizzò il secondo lavoro. Le canzoni in questo disco hanno tutte una propria identificazione e tutte da ascoltare. Un vasto catalogo di esempi pop compiuti tra cui meritano attenzione “ Fool In Love With You “, con fraseggi vocali e strumentali di gran classe, perpetua la saga dell’A.O.R. intercalato iniziata con “ What A Fool Believes “ e “ Steal Away “. “ Tonight Will Last Forever “ è una ballata killer, “ I Can't Let Go Of You “ di Richard Kerr

Doobie Brothers – One Step Closer (1980, Warner Bros.)

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I Doobies pubblicano questo album , dopo il grande successo di “ Minute By Minute ” (due milioni di copie vendute) con una formazione rinnovata di tre elementi: Chet McCracken, John McFee che prendono il posto di John Hartman e Jeff Baxter, e l’ingresso del sassofonista Cornelius Bumpus. E’ un lavoro omogeneo con canzoni centrate alla perfezione nell’ottica pop-soul, grazie soprattutto alla linfa creativa di Michael McDonald che riuscì da “ Takin' It to the Streets “ in avanti a fornire al gruppo quel particolare blue eyed soul pur non snaturandone lo spirito e la carica di rockers che avevano caratterizzato lavori come “ Toulouse Street “ e “ The Captain and Me “. E’ musica a volte un po’ narcisa, ma carica di feeling dove il valore di McDonald come vivificatore istintivo del soul baincol viene fuori in “ Real Love “ , “ No Stoppin’ Us Now “, “ One By One “  e nel  piacere di tributare onori a chi il soul lo ha inventato come in “ Keep This Train A-Rollin’ “, piano boogie con

Beatles – Revolver (1966, Parlophone)

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I Beatles demoliscono quell’edificio che loro stessi avevano contribuito a costruire: il beat. “Revolver” rivoluziona con un impatto da titano la musica degli anni Sessanta, si avvicina all’underground, anticipa la musica psichedelica e sperimenta complesse sonorità realizzate in studio di registrazione. Pubblicato il 5 agosto, prima dell’ultimo tour dei Beatles, le canzoni qui incluse non saranno mai proposte nei concerti in quanto i suoni non si prestavano a performance dal vivo. A giugno esce il singolo “Paperback Writer“, brano molto r&b con basso in evidenza. Fu il primo singolo a non trattare d’amore, ma racconta la storia di uno scrittore (autore di tascabili) che pregava un editore a pubblicare il suo libro, il lato B era “Rain“ strumenti rallentati e primo cantato registrato al contrario (l’ultima strofa riproduce la prima a ritroso), un assaggio delle novità future del quartetto. In questo settimo album ufficiale del gruppo nascono proposte musicali innovative, per cer

Jaye P. Morgan - Jaye P. Morgan (1976, Candor)

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Mary Margaret Morgan è stata una cantante famosissima negli anni Cinquanta e Sessanta, popolare in seguito anche come protagonista di programmi televisivi diventati storici come “ Stop the Music “ e “ The Jaye P. Morgan Show ". Gli affibbiarono il soprannome J.P. Morgan ai tempi del liceo, quando era la tesoriera della scuola e i compagni di classe si divertivano a paragonarla ironicamente al grande finanziere ed economista americano del primo novecento John Pierpont Morgan. Dopo questo largo riscontro commerciale nel mainstream americano, tutto si poteva immaginare tranne che nel 1976 un giovane David Foster pensa a lei per la sua prima , totale, esperienza come produttore ( il primo disco prodotto da Foster fu “ Rude Awakening “ di Bruce Miller insieme al chitarrista canadese Gaye Delorme ). Uscito per una piccola etichetta, la Candor, questo introvabile disco è un meraviglioso documento di come due mondi artistici così distanti possono convivere alla perfezione . Foster av

Lamont Dozier

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Lamont Dozier esordì nel 1957 come cantate solista nei “ Romeos “ . Da solista pubblica il primo singolo nel 1960 con il nome di Lamont Anthony intitolato “ Let’s Talk It Over “ e scritto insieme a Berry Gordy , futuro boss della Tamla Motown. Nel 1963 incontra i fratelli Edward Jr. e Brian Holland , mette da parte il canto e crea con i due un formidabile team di autori, produttori e a arrangiatori che contribuì negli anni Sessanta a creare un vero standard musicale denominato “ golden age of Motown “, firmando tutti i più grandi successi dell’intero repertorio Tamla Motown, interpretati dai Four Tops, Marvin Gaye, Isley Brothers, Supremes, Martha And The Vandellas, Temptations. Un sound che rese il r&b appetibile sia alla platea bianca che quella nera. Fu un periodo storico importante dove si è compiuta definitivamente la rivoluzione copernicana nel rhythmn & blues: l’apertura alla musica bianca e la riconosciuta influenza di essa. Un passaggio di consegne che ha determinato

Brian Wilson

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Hawthorne, California, 1942 La musica dei Beach Boys è parte integrante ed imprescindibile del moderno patrimonio popolare americano e Brian Wilson ne è stato il deus ex machina. Il nucleo originario della formazione ruotava attorno ai tre fratelli Carl, Dennis e Brian Wilson e due loro cugini, Al Jardine e Mike Love. Erano tutti Hawthorne, una cittadina della Contea di Los Angeles, zona tipica della classe media americana. Iniziarono a suonare prima col nome di Carl and the Passions e più tardi con quello di Kenny and the Cadets. La prima canzone a firma di Wilson fu “ Surfer Girl “, ma quella che diede il via al successo fu “ Surfin’ “ registrata nel 1961 e per adattarsi meglio al tema del brano scelsero il nome di “ Beach Boys “. Da quel momento nasce un nuovo genere musicale : la surf music. Un sound che citava i riff chitarristici di Chuck Berry e il pop di Phil Spector trasportandolo in riva al Pacifico, addizionava le armonie vocali rockabilly dei Four Freshmen aggiungendovi

Burt Bacharach

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Burt Bacharach Kansas City, 1928 La musica di Burt Bacharach ha uno stile ed un suono che stanno al pop come i colori dei quadri di Van Gogh stanno alla pittura. Nato a Kansas City nel 1928, Bacharach è uno dei compositori più prolifici e famosi della musica pop. La sua carriera è uno splendido modello creativo composto da più di 500 temi, una cinquantina di hit single e 9 immortali numeri uno con 3 Oscar e 6 Grammy vinti iniziata nei primi anni Cinquanta, subito dopo il servizio militare, quando lavorò come direttore d’orchestra ed arrangiatore presso diverse case discografiche e per tre anni come direttore musicale di Marlene Dietrich accompagnandola in tour in Europa e negli States. Bacharach si era formato musicalmente con i grandi musicisti classici francesi ( Debussy, Ravel, Satie ) studiando sin da piccolo pianoforte e violoncello, poi il suo interesse si spostò verso il jazz, specialmente il be-bop degli anni Quaranta ( Parker, Gillespie, Monk ) da quale approfondì le ri