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Tra il cultori più significativi di quella tradizione west coast che si rifaceva ai modelli di
Crosby, Stills, Nash & Young, gli
America sono stati i continuatori di un’avventura che ha caratterizzato buona parte degli anni ‘70. Una
band polivalente ed ispirata quanto basta per rappresentare una sorta di leggenda alla rovescia del periodo post
country-rock. Il sodalizio musicale inizia nel 1966 in
Inghilterra, nel sobborgo di
Watford. Il gruppo originario era costituito da un quintetto, tutti figli di ufficiali americani in servizio in Inghilterra, il gruppo si chiamava
The Daze e col suo repertorio
folk-rock si esibiva nei locali della
Londra bene. Nel 1969 il quintetto si riduce ad un trio:
Dewey Bunnell (1951),
Gerry Beckley (1952) e
Dan Peek (1950), dopo che quest’ultimo era ritornato negli
USA per un anno ed accompagnò some supporter, le tournee europee di
Cat Stevens ed
Elton John. Il nome della
band fu coniato casualmente a
Birmingham dopo un concerto. I tre notarono su un
juke-box la scritta "
America" e decisero di darsi tale appellativo, un po’ pretenzioso, ma sicuramente efficace per tre “
yankees“ in terra d’
Albione.
Jeff Dexter e l’ex
Yardbyrds Paul Samwell-Smith furono i primi a credere nelle loro possibilità e potenzialità artistiche. Nel 1971 uscì l’album d’esordio che rimane ad oggi uno dei dischi più belli dell’intera produzione, ma che la stampa specializzata di quel tempo criticò aspramente definendoli “
i parenti poveri di CSN&Y “ (
New Musical Express) ed ancora “
pura emulazione di Neil Young“ (
Melody Maker). Eppure quel disco proponeva un
sound fresco, prevalentemente acustico, forte di ballate come
Clarice, I Need You, Sandman. Gli
America ripresero senza grosso seguito un giro di concerti coadiuvati dai percussionisti
Ray Cooper e
Dave Atwood fino a quando il singolo
A Horse with No Name arrivò al primo posto negli
Stati Uniti e in
Inghilterra vendendo qualcosa come cinque milioni di copie nel giro di poche settimane. Colto di sorpresa, il trio si trasferì a
Marin County in
California dove realizzarono, con l’aiuto di
David Geffen,
Homecoming esplodendo in tutto il mondo nell’estate del 1972 con gli hits
Ventura Highway e
Don’t Cross the River che divennero due inni per i
freaks della
Hollywood perbene. Nel ’73 arriva
Hat Trick, un passo in avanti nella ricerca melodica e meno intimista rispetto agli esordi. Vende tre milioni di copie ed ospita i
Beach Boys ai cori,
Joe Walsh alla chitarra,
Tom Scott al sax. Il singolo
Muskrat Love li fa salire in cime alle classifiche e intrapresero un tour mondiale che attraverso 23 nazioni. Dopo aver partecipato come
guest star nei dischi dei
Poco e
Dan Fogelberg , nel 1974, con la produzione di
Gorge Martin, il mitico produttore dei
Beatles esce
Holiday ed è subito disco d’oro. La loro musica si fa più raffinata con manti orchestrali un tempo inconcepibili e nel contempo
David Dickey al basso e
Willie Leacox alla batteria entrano in pianta stabile nell’organico che continua a girare il mondo rubando applausi dappertutto.
Hearts del 1975 supportato dal singolo
Sister Golden Hair replica il successo commerciale. Quasta raccolta antologica documenta cronoligicamente il loro primo periodo ed è ancora oggi uno dei dischi più venduti di sempre.
Mauro Ronconi
Tracks:
1. A horse with no name
2. I need you
3. Sandman
4. Ventura highway
5. Don't cross the river
6. Only in your heart
7. Muskrat love
8. Tin man
9. Lonely people
10. Sister golden hair
11. Daisy Jane
12. Woman tonight
Credits:
America are: Gerry Beckley, Dewey Bunnell, Dan Peek
Musicians:
Drums and Percussion: Willie Leacox, Dave Atwood, Kim Haworth
Bass: David Dickey, Joe Osborn
Background Vocals: Venetta Fields, Clydie King, Jessica Smith
All other Instruments and Vocals: America
UNA PIETRA MILIARE DELLA STORIA DEL ROCK.
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