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Visualizzazione dei post da marzo, 2012

Syreeta - Stevie Wonder Presents Syreeta (1974, Motown)

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La migliore produzione di Stevie Wonder . Rita Wright lavorava come segretaria nello staff della Motown e verso le metà degli anni sessanta casualmente prese parte come corista in alcun incisioni della casa discografica. Nel 1967 Ashford & Simpson produssero per lei il singolo di debutto I Can’t Give back The Love I Feel For You  che diventò un brano culto del Northern Soul . L’anno dopo incontra Stevie Wonder che intuisce le sue qualità di compositrice e la incoraggia a scrivere. Insieme realizzano nel 1970 l’hit Signed, Sealed, Delivered (I’m Yours)  e quattro canzoni per l’album   Where I’m Coming From  di Wonder tra cui la stupenda  Never Dreamed You'd Leave In Summer . Nel settembre del 1970 i due si sposano, il matrimonio durerà un paio di anni, ma continueranno  lavorare insieme per diversi anni. Il primo omonimo  disco di Syreeta  viene pubblicato nel 1972 dove Wonder è il produttore e l’autore della maggior parte dei b...

Peter McCann - One on One (1979, Columbia)

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McCann faceva parte come tastierista e cantante di un gruppo folk-rock progressive chiamato Repairs : I componenti venivano tutti dal Connecticut e incisero tra il 1973 e il 1974 due originali album per la Motown sotto la guida di Andrew Oldham il celebre produttore dei Rolling Stones. Quando nel 1974 i Repairs si trasferiscono a Los Angeles, McCann, dopo alcuni mesi, lascia la band comincia a dedicarsi alla carriera di autore. Grazie al produttore Hal Yoergler viene presentato ai discografici della ABC Music, ma il successo arriva solo nel 1977 con la canzone Right Time Of The Night  che, interpretata da Jennifer Warnes entra nei top ten. Incoraggiato da Yoergler , nel frattempo diventato anche il suo manager, l’artista subito dopo incide a nome proprio Do You Wanna Make Love , hit da mezzo milione di copie e prologo di un omonimo album pubblicato per la 20th Century. Due anni più tardi esce questo lavoro sempre prodotto da Yoergler e il suo songwriting si fa più vicino a...

Remy Shand – The Way I Feel (2002, Motown)

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Emergere nel panorama contemporary soul è impresa difficile, tanto quanto trovare voci che non cadono nel routinario e nello scontato. Ecco comparire dal nulla questo giovane canadese che si getta a capofitto nell’avventura discografica destreggiandosi egregiamente tra ballads e mid-tempo in quella tradizione soul anni settanta che fu di Stevie Wonder , Marvin Gaye e Curtis Mayfield . Polistrumentista e ammiratore degli Steely Dan , questo bianco per caso affronta i  massimi sistemi della musica nera utilizzando la forza di brani intensi,  lontano dai soliti giri armonici  del neo-soul , quello poco suonato ed abbondantemente programmato. The Way I Feel   è un lavoro pieno di idee e senza ospiti, prodotto, suonato, arrangiato, scritto ed interpretato dallo stesso artista che propone undici canzoni eleganti, appassionate e  sincere dai  suoni perfetti e intrigante struttura melodica. I tre singoli  The Way I Feel ,  Take A Message   e...

Ramsey Lewis & Nancy Wilson – The Two Of Us (1984, Columbia)

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Anche se attribuito in duo, questo album riunisce due distinti progetti musicali prodotti da  Stanley Clarke . Il bassista infatti stava lavorando per due dischi diversi, uno per Ramsey Lewis l’altro per la Wilson e solo in  secondo tempo il materiale registrato fu assemblato in un unico disco. Tra l’altro i due artisti registrarono in session separate. Subito ad un primo ascolto  si nota tale  particolarità, diviso nettamente tra strumentali jazz-funk e canzoni d’autore. Proprio queste ultime risultano alla fine il valore aggiunto dell’album, perché se i brani di Lewis sono orientati verso un ordinario jazz-funk elettronico seguendo quello stile allora in voga sulla scia di musicisti come Herbie Hancock ( Rockit ), Rodney Franklyn ( Marathon ) e lo stesso Stanley Clarke ( Time Exposure ), le canzoni interpretate dalla Wilson sono tratte dal repertorio pop/westcoast più raffinato ed hanno la perfezione dei dettagli e l’immediatezza per l’ FM . Ci...

Richard Carpenter – Time (1987, A&M)

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Forse il " tempo"  di cui al titolo è  riferito a quello impiegato a realizzare questo album. Iniziato, accantonato e ripreso negli studi A&M in più di tre anni di gestazione (da giugno 1985 a  luglio 1987). Era il primo tentativo solista di Richard Carpenter per cercare di rialzare la testa dopo la morte della sorella Karen avvenuta nel 1984.  Prodotto ed arrangiato dallo stesso Richard Carpenter con interventi mirati di guest star ( Dionne Warwick , Dusty Springfield , Herb Alpert , il giovane cantante-attore Scott Grimes ), l’album risultò alla fine un insuccesso  e per questo ingiustamente relegato nel corso degli anni a semplice " oggetto"  di curiosità da collezionisti. Eppure qui dentro ci sono canzoni garbate, melodie arrangiate con il gusto dei grandi songwriter della canzone sofisticata. Il pop adulto di I'm Still Not Over You , Calling Your Name Again  e Something In Your Eyes  intrepretata da D usty Springfield sembra u...

Dream Academy - The Dream Academy (1985, Warner Bros.)

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La storia del londinese  Nick Laird-Clowes , chitarrista, songwriter e leader di questo gruppo,  ha dell’incredibile. A sei anni era ossessionato dalla musica dei Yardbirds , a tredici scappò di casa per andare  a vedere Jim Morrison all’Isola di Wight, fu praticamente adottato da John Lennon e Yoko Ono che gli fecero ascoltare in anteprima una nuova canzone dal titolo  Imagine . Prese lezioni di composizione da Paul Simon e Brian Wilson , fece il corista nell’ultimo disco dei T-Rex ( Dandy in the Underworld) fino a che, nel bel mezzo degli anni Ottanta e della new  wave forma prima gli Act  con Sal Harley e Mark Gilmour , fratello di David dei Pink Floyd , quindi i Dream Academy con il tastierista Gilbert Gabriel e la fiatista e vocalist Kate St. John . Tre album, tutti di livello eccelso per sparire dalla scena. Se ne andò a ritemprare lo spirito e il corpo in qualche lamasseria tibetana adottando il soprannome di Trashmonk con il quale tornò ...

Prefab Sprout – Let's Change The World With Music (2009, Sony/Kitchenware)

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Uno dei tanti album "perduti" di Paddy McAloon come il concept su Zorro  ed uno sulla storia di Michael Jackson, dischi da anni tenuti nel cassetto dall’artista insieme a inediti e potenziali b-side mai pubblicate. Nato tra il 1992 e il 1993 l’album era il proseguimento naturale di Jordan: The Comeback  e  si  doveva intitolare  Earth: The Story So Far   con eventuale produzione del collaudato Thomas Dolby . Disco che però  la Sony rifiutò. Un veto imposto in quanto considerato dai discografici un album con troppi riferimenti alla religione nei testi. Dopo 17 anni esce questo Let's Change The World With Music , scritto, arrangiato, prodotto e suonato dal solo Paddy McAloon senza i tre Sprouts ed è praticamente un album solista. Undici brani confezionati come dei demo,  realizzati con largo uso di sintetizzatori e batteria elettronica e  questo, paradossalmente, rende il sound abbastanza attuale, in linea con certe produzioni contempo...

Pale Fountains – Longshot For Your Love (1998, Marina)

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I Pale Fountains erano una band di Liverpool guidata dal cantante e chitarrista Michael Head  che , insieme a Thomas Whelan (batteria),  Chris McCaffery (basso) e Andy Diagram (tromba), si fecero conoscere nei primi anni Ottanta con una serie di ottimi  singoli pop come  ( There's Always) Something on My Mind , Thank You  e  Palm of My Hand . Ottenuto un contratto con la Virgin fecero uscire tra il 194 e il 1985 due album molto apprezzati dalla critica ( Pacific Street, From Across the Kitchen Table (1985) .   Nella loro musica c’era l’ottimismo degli anni Sessanta, il pop creativo e melodico dei Beatles , Bacharach e la bossa nova , il soft-rock e il r&b della Motown , ingredienti che nell’epoca post-punk dominata dal pop sintetico erano abbastanza fuori moda ed infatti si sciolsero. A sorpresa fu pubblicato dalla label tedesca Marina questa antologia  di brani risalenti agli anni ’82-’84 che raccoglie alcune rarità, delle version...

Brian Wilson - Reimagines Gershwin (2010, EMI)

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“ Un grazie speciale a George ed Ira Gershwin per aver creato una musica che ha ispirato un giovane ragazzo di Hawthorne, in California, ad inseguire un sogno ”. Brian Wilson mette le mani su temi che ha sempre amanto in un’operazione rischiosa e riuscita. Wilson rivisita Gerswhin con licenza d’inventare alla sua maniera. C'è dadire che già nel 1995, ai tempi di Orange Crate Art , il disco con Van Dyke Parks , Wilson realizzò le versioni di Rhapsody in Blue   e Love is Here To Stay, ma non furono mai completate .  Non è soltanto un tributo ed un omaggio al padre della “ musica leggera “ moderna, ma un “ re-immaginare “ da parte dell’artista la musica dei Gershwin con un approccio molto originale, fatto di limpide digressioni, argute riletture in chiave pop mescolando surf, jazz, Tin Pan Alley, r&b e le consuete, inimitabili armonie vocali. Un progetto nato dalla volontà di Todd Gershwin, pronipote di George, di voler affidare al genio pop di Wilson delle trame musi...

Chris Rainbow - Home of the Brave (1975, Polydor)

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Scozzese di Glasgow, Christopher James Harley, dopo aver studiato arti grafiche, si dedicò alla musica agli inizi degli anni Settanta con un gruppo locale chiamato Hope Street. Tra il 1975 e il 1979, prima di entrar a far parte dell’Alan Parsons Project e per qualche tempo dei Camel ,il songwriter realizzò tre album a proprio nome, Home of the Brave e Looking Over My Shoulder per la Polydor, White Trails per la EMI, cambiando artisticamente il nome in Rainbow per non confondersi con il contemporaneo Steve Harley cantante dei Cockney Rebel. Questo Home of the Brave fu un esordio di una singolare vena istintiva, uno spessore compositivo e un’intenzionalità abbagliante. La produzione è di Malcolm Cecil e Robert Margouleff, ovvero i due maghi del suono e pionieri del sintetizzatore artefici della leggendaria T.O.N.T.O.'s Expanding Head Band, a quel tempo collaboratori di Stevie Wonder (Music of my Mind, Talking Book) . I due creano un sound sospeso, apparentemente disincan...

Roby Duke - Come Let Us The Reason (1984, Good News)

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Un altro capolavoro di Christian Music per Roby Duke, che con questo secondo disco conferma i colori A.O.R. e i sapori blue eyed soul di Not The Same . Le liriche ovviamente trattano tutte di fede e nel valore terapeutico dell’amore in Cristo abbinate a melodie memorabili, atmosfere avvincenti, senza alcuna caduta di tono. Duke trae linfa vitale dal filone più ricco del pop-soul californiano come Michael McDonald o i Pages, qui presenti come vocalist, e propone dieci brani gioiello che rendono questo disco uno dei classici dell’A.O.R. Westcoast anni Ottanta. La title track, All Lost , I'm Persuaded e Lay it Down sono raffinatezze d’eccezione per un album che gode di atmosfere solari, guidate da voce intensa, da armonie e da idee musicali di grande impatto. Duke pubblicherà altri tre lavori sempre con la Good News, tutti ristampati in Giappone, ma i primi due restano quelli più vicini alla vena ispirativa del classico ed elegante pop westcoast. Purtroppo questo straordinari...

Isley Brothers – This Old Heart Of Mine (1966, Motown)

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La musica nera cominciava a riscrivere la sua storia sviluppando un discorso autonomo al jazz , al blues ed al gospel, anche se ad esso legato da vincoli di discendenza. La Tamla Motown con il suo team Holand-Dozier-Holland la trascina letteralmente dall’isolamento in cui era confinata e la apre versa la musica pop dei bianchi. Quando nel 1965 gli Isley Brothers approdarono, su invito di Berry Gordy, alla casa di Detroit erano già famosi . Attivi sin dalla seconda metà degli anni Sessanta, i fratelli O’Kelly, Rudolph e Ronald Isley avevano alle spalle due successi mondiali come Shout e Twist And Shout riprese anche dai Beatles e una etichetta personale, la T-Neck Records fondata nel 1964 , coniugando r&b e rock (sul loro primo singolo Testify suonava la chitarra un giovane Jimi Hendryx). L’esperienza con la scuderia Motown durerà tre anni e quattro album pubblicati. Questo fu il primo e senza dubbio il migliore. La produzione di Lamont Dozier e Brian Holland dal gus...

Danny Wilson – Meet Danny Wilson (1987, Virgin)

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In Scozia, alla fine degli anni Ottanta, il circuito pop era tra i più specializzati, permettendo a tanti gruppi una vita autonoma e delle possibilità inaspettate: l’uscire allo scoperto e trovare consensi fuori confine. Città uggiose e fredde come Dundee, Glasgow, Edimburgo, diventarono delle vere fucine sonore dove band come Blue Nile, Deacon Blue, Big Dish, Aztec Camera, Love and Money, The Silencers assimilavano fino all’ultima nota dischi dei Beatles e Jimmy Webb, Burt Bacharach e Steely Dan, realizzando poi dischi bellissimi di fusione pop, soul e folk dai contorni non ben definiti, ma originali. In questo contesto i fratelli Kit e Gary Clark insieme al loro amico Ged Grimes (percussioni) formarono un gruppo chiamato Spencer Tracy, ma quando gli eredi dell’attore americano diffidarono il trio a non usare quel nome lo cambiarono in Danny Wilson ispirandosi all’omonimo film del ’52 Meet Danny Wilson interpretato da Frank Sinatra. Nacque così questo esordio che vide la luc...

Janis Ian - Between The Lines (1975, Columbia)

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Una delle songwriter più dotate di New York insieme a Laura Nyro. Nata nel New Jersey e cresciuta nell’ambiente musicale di New York, Janis Ian è stata un talento precoce. A tredici anni esordì con un singolo intitolato Hair Of Spun Gold . Songwriter non catalogabile ed anticonvenzionale raggiunse la notorietà due anni dopo con Society’s Child , una canzone che parlava di un amore interraziale rivolta all’ipocrita piccola borghesia del tempo e un omonimo album per la MGM tutto imperniato sui contrasti generazionali. Dopo questo folgorante inizio, numerosi concerti nei college e nei pub, l’artista tornò nell’anonimato e si ritirò a Philadelphia dove si sposò. Nel 1970 rientrò nel giro, fu ingaggiata dalla Capitol e pubblicò Present Company (1971) tornando anche all’attività concertistica. Ma fu solo nel 1974 con l’album Stars e un nuovo contrato con la Columbia che il suo talento emerse prepotentemente. In quell’album c’erano canzoni fantastiche tra cui la title track, rifles...

Elton John – Captain Fantastic and the Brown Dirt Cowboy (1975, MCA)

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Mai prima di allora un album raggiungeva la prima posizione delle classifiche americane ancor prima di essere ascoltato, basandosi solo sulle prenotazioni. Un record.  Elton John è al top del successo e della creatività, singoli come Philadelphia Freedom   e Bennie and The Jets  gli avevano permesso di sbancare sia le classifiche pop che quelle r&b, il Greatest Hits , pubblicato alla fine del 1974, aveva venduto sedici milioni di copie, il brano  Don’t Let The Sun Go Down On  Me  ebbe una nomination come miglior prestazione vocale.  Nel bel mezzo di tanta fortuna e popolarità il paroliere-amico Bernie Taupin convince Elton a realizzare un concept album semi- autobiografico in cui si rievocasse  la loro storia,  partendo dal 1967 con l’incontro tramite un annuncio della etichetta Liberty , quindi i duri anni londinesi spesi nell’ affermarsi nell’ambiente musicale e la consacrazione internazionale. Elton è il Capitano Fantastico , il...

The Tubes – Love Bomb (1985, Capitol)

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Precursori dell’ala creativa della new wave Americana, i Tubes con questo album smussano gli angoli più acuti della loro musica. I due leader   Fee Waybil e Bill Spooner erano ai ferri corti per divergenze artistiche evidenziate con il precedente  Outside Inside  dove il gruppo si orientava sempre di più verso un stile musicale vicino all’A.O.R. Waybil, tra l’altro, aveva pubblicato l’anno prima Read my Lips   con la produzione di David Foster in cui si  metteva in evidenza il suo interesse pop sulla scia dei Toto . Spooner di contro, più legato al sound primigenio e sperimentale dei Tubes, aveva appena terminato il suo esordio solista  First Chud  pubblicato dall’etichetta indipendente  Ralph Records . Il punto d’incontro venne trovato con questo Love Bomb  prodotto da Todd Rundgren che riprende il filo lasciato con il bellissimo  Remote Control  (1979) e realizza un lavoro di conversione pop e rock diviso  in du...

Adam Mitchell - Redhead In Trouble (1979, Warner Bros.)

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Quando arrivò al debutto discografico Adam Mitchell non era il solito outsider del grande sottobosco cantautorale californiano, ma un polistrumentista sapiente e con un background di tutto rispetto. Scozzese, ma canadese di adozione, l’artista entrò a far parte, nella metà degli anni Sessanta, dei Paupers, leggendario gruppo di folk-rock psichedelico che partecipò anche al festival pop di Monterey. Quando la band si sciolse Mitchell si trasferì a Los Angeles dove intraprese una carriera di produttore, autore e session-man collaborando con numerosi artisti tra cui Ian Thomas, Manhattan Transfer, Peter Paul & Mary, Linda Ronstadt, Commander Cody, Olivia Newton-John, Nicolette Larson. Prodotto da Russ Titelman con uno sforzo operativo notevole (Buzzy Feiten, Steve Lukather, Victor Feldman, Willie Weeks, Neil Larsen, Herb Pedersen, Jennifer Warnes, Valerie Carter, Linda Ronstadt, etc.), questo suo primo ed ultimo album mostra tutta la bontà di un songwriter colto e non allineato ...

Stevie Wonder – Hotter than July (1980, Motown)

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Alla soglia degli anni Ottanta Stevie Wonder è ancora giovanissimo, appena trenta anni di cui diciotto impiegati per raccontare la sua musica. La nuova decade si apre con questo album sintesi della fase precedente e ultima pietra miliare dell’artista. Tra l’altro erano ben sei anni che non pubblicava un album singolo. L’artista di Detroit lo dedica a Martin Luther King , assassinato nel 1968, portavoce dell’ala non violenta dei neri americani con l’impegno morale di rendere giustizia alla sua memoria  chiedendo al governo degli Stati Uniti di emanare una legge che faccia del 15 gennaio, anniversario della nascita di Luther King , una festa nazionale. Hotter than July  è una raccolta di canzoni pop-soul proposte nel modo più accessibile ed assimilabile tutte unite tra loro, nessuna pausa negli intervalli, per dare  compattezza e continuità al lavoro. Almeno sei delle nove tracce sono di livello eccelso:  All I Do , mezzo tempo scritto da Wonder nel 1966 insieme a...

Beach Boys – Today! (1965, Capitol)

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L’album della maturità. Alla fine del 1965, Brian Wilson dovette lasciare l’attività concertistica per l’aggravarsi della sordità dell’orecchio destro, ma soprattutto  da un  forte esaurimento nervoso. Decise di dedicarsi solamente alla composizione e alla produzione. Il surf stava finendo, ma era proprio il surf  la chiave per aprire un’altra porta dove le canzoni pop potevano esser qualcos’altro: melodie che apparivano dal nulla, armonie frantumate, ma incredibilmente salde. Brian Wilson inizia a concepire l’idea della ricerca sonora continua, della sperimentazione inserita però in un contesto di musicalità già compiuta e con essa a far parte anche di quella gente tormentata, sentimentale, che solo la musica è riuscita in parte a salvare. I Beach Boys gettano con Today !   il  seme della canzone pop che va oltre, quello che è raro trovare e si passa la vita a cercare. Un disco amante della melodia pop ( She Knows Me Too Well ,  Please Let Me Wonder )...

Beatles – Let It Be (1970, EMI)

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I Beatles erano di fatto sciolti dopo Abbey Road . I dissapori oramai risalivano all’insuccesso del loro spettacolo televisivo  Magical Mistery Tour  e i quattro si fanno vedere sempre più spesso ognuno per proprio conto. George Harrison faceva il produttore, Paul McCartney  si era ritirato in Scozia con la famiglia, Ringo Starr fece un film con Paul Newman , John Lennon era diventato un rivoluzionario radical-chic e finanziava il nascente movimento americano. Gli ultimi lavori erano lo specchio di questa situazione:  la colonna sonora del cartone animato  di Yellow Submarine  metà orchestrale e metà composta da canzoni inedite ed infine il canto del cigno di Abbey Road  registrato discontinuamente. Esce un singolo provocatorio firmato Beatles ma registrato dai soli John Lennon e Yoko Ono ( The Ballad of John & Yoko ), esce un altro singolo come risposta di Paul McCartney , sempre firmato Beatles , ma in realtà solo di Paul ( Let It Be...