Gino Vannelli – A Pauper In Paradise (1977, A&M)
Premessa: questo capolavoro non avrebbe potuto vedere la luce senza la stima e conseguente libertà artistica concessa da Herb Alpert all’artista italo-canadese, che all’epoca aveva appena 25 anni, ma con un background musicale già da veterano. Elegante, con una punta di narcisismo, responsabile di un soul bianco dalle cadenze ritmiche funky-jazz difficilmente prevedibili, Gino Vannelli continuava, come un sorta di avventuriero del pop, ad esplorare instancabile nuovi territori sonori con la forza e l’audacia proprie degli innovatori della musica. Un artista libero che non apparteneva a nessuna corrente se non al suo tempo e con questo ennesimo capolavoro lo confermò pienamente. Un disco ambizioso registrato a Londra negli studi AIR e in quelli di Abbey Road nei due brani con la Royal Philarmonic Orchestra diretta da Don Sebesky. Scrittura, arrangiamenti, produzione affidata come al solito ad una equipe familiare ben affiatata divisa tra Gino, Joe e Ross Vannelli. A Pauper In Paradise riesce a miscelare il gioco della melodia con l’inventiva dei solisti. Un intesa perfetta dove ci sono due elementi basilari : l’impiego di tre tastiere che, oltre a suonare le parti di basso, orchestrano tutti i brani e la grande ricerca ritmica, davvero molto creativa, nell’uso delle percussioni e della batteria. Una musica eclettica nel ricorrersi di momenti tenui e di fasi irruenti ai quali la sua inconfondibile voce squillante ed articolata, capace di modulare come un contralto maschio, riesce ad adattarsi sempre in maniera magnifica. Sei brani e una suite in quattro movimenti per unno dei più grandi affreschi pop che ci sia stato mai dato ascoltare: suoni impressionati, voce dalla forte carica emotiva, temi dalle strutture differenziate verso una quasi impossibile forma canzone riveduta e corretta. Mardi Gras è uno shuffle lento con finissimi arrangiamenti jazz, voce bluesy e un impressionate solo di tastiera. Valleys Of Valhalla con il bellissimo solo del sax tenore di Dick Morrissey e A Song And Dance sono due magnifiche canzoni pop dalle armonie vocali raffinate . In One Night With You si miscelano tutt’uno pop, soul e disco con vocalizzi da brivido e ritmiche spettacolari. The Surest Things Can Change ripresa egregiamente in seguito da Freddie Hubbard, Gene Dunlap e Arnold McCuller, è una ballata notturna impressionante, premessa programmatica della futura Nightwalker. Black and Blue , con gli archi arrangiati da Joe Vannelli, è una ballata estatica con una performance vocale da brividi. La title-track in quattro movimenti è qualcosa di epico ed ardito: una suite orchestrale con Royal Philarmonic Orchestra e la presenza del John McCarthy Chorus. Una sinfonia classica lussureggiante dagli ampi passaggi orchestrali interrotta nel terzo movimento quando la band, formata da tre tastieristi , un batterista e un percussionista, diventa protagonista con un micidiale numero jazz-rock dalla complessa struttura ritmica.
Mauro Ronconi
Tracks:
1. Mardi gras
2. Valleys of valhalla
3. The surest things can change
4. One night with you
5. A song and dance
6. Black and blue
7. A pauper in paradise (in four movements)
Credits:
Producers: Gino and Joe Vannelli
Drums: Casey Scheurell
Piano: Bill Meyers, Joe Vannelli
Keyboards: Joe Vannelli, Chris Rhyne
Synthesizers: Joe Vannelli, Chris Rhyne
Percussion: John Mandel Congas: Dido
Sax: Dick Morrisey
Background Vocals: Joanie Bartels, Jay Stone, Joanne Jayde
La classe non è acqua!!!
RispondiElimina... complimenti per la recensione, mano a mano che la leggevo rivivevo tutti i brani di questo (non unico) capolavoro di Gino! che album e che Artista!!!
RispondiEliminaPER ME GINO IL PIU GRANDE !! CIRO M
RispondiEliminarivoglio i link altrimenti sono perso
RispondiEliminagrande Gino.nel 1978 avevo 16 anni e ho scoperto Brother to Brother... finalmente una musica che mi assomigliava... e quando finamente l'ho visto dal vivo nel 2008 mi sono sentita di nuovo una ragazzina, con le stesse emozioni, intatte.
RispondiEliminamanu
...ma lo vogliamo dire che, con meno ambizione, e un pugno di canzoni come quelle che i fratelloni sanno scrivere al posto della francamente superflua suite orchestrale, questo disco rischiava di diventare un capolavoro assoluto invece di un capolavoro a metà?!?!
RispondiEliminapersonalmente, avendolo in vinile, dopo tanti anni, mi sono autorizzato a riporlo, molto più felice, dopo l'ascolto del solo, magnifico, lato A.
where is the link to this?
RispondiElimina