Winwood ritorna con un lavoro di perfezione e di stile, dopo un lungo periodo di silenzio. Sono lontani i giorni dei Traffic, i flash dei Blind Faith, la parentesi “hendrixiana“, l’infatuazione esoterica con Stomu Yamash’ta. Nonostante abbia suonato con mezzo mondo Winwood è sempre stato un artista schivo e democratico nei ruoli, basti pensare a quando rifiutò la leadership nei Traffic solo per timore si esser tacciato di egocentrismo. La bella copertina riproduce il plastico dinamismo di un tuffatore che ricorda quella di “One World“ di John Martyn. L’istante finale di una figura umana simbioticamente vincolata all’ acqua in un gioco ancestrale. Un istante impalpabile dove, nell’eterno circolo della vita, l’elemento è sospeso in aria. Il movimento del tuffatore che si getta in acqua è un tuffo verso l’origine, il ritorno, dopo il supremo sforzo per abbandonare l’elemento liquido , che sta proprio al vertice dell’arco. Un concetto che l’artista ribadisce per la sua visione della musica, che nasce dal soul, passa per il rock e torna al soul. Musica fisica, interessata a certi codici della musica nera. Registrato nella sua casa-studio tra le colline di Cotswold nelle Midlands inglesi, Steve Winwood crea un capolavoro senza dispiegamento di forze, ma con grande profusione di idee. Una sorta di punto solitario, curato brano dopo brano , con elaborazioni certosine, seguito e suonato interamente da lui stesso come per un istintivo appropriarsi di queste sette canzoni sospese tra pop e soul tutte citabili. Gli episodi comunque più belli in assoluto sono l’ovattata e incalzante “While You See A Chance“ dove l’apertura improvvisa delle tastiere è uno spettacolo, la deliziosa e swingante “Second Hand Woman“ che sembra scritta da Smokey Robinson, il funky tirato e purissimo di “Night Train“ con una grande trama chitarristica iniziale, il pop-soul moderato di “Arc Of A Diver“ e la malinconica ballata “Slowdown Sundown“. Due anni di lavoro, un milione di copie vendute, e un lavoro da polistrumentista totale.
Mauro Ronconi
Personnel: Steve Winwood (vocals, guitar, keyboards, synthesizer)
Tracks: 1. While You See a Chance 2. Arc of a Diver 3. Second-Hand Woman 4. Slowdown Sundown 5. Spanish Dancer 6. Night Train 7. Dust
L’ A.O.R. o meglio Westcoast Pop è un termine geo-musicale dal significato ampio. Un'identità capace di unire in una indefinibile sintassi pop gli artisti più disparati e geograficamente lontani con un sound aperto e raffinato. Si guadagnò una reputazione a partire dalla seconda metà degli anni Settanta e con esso c’è stata la personalizzazione dei songwriter , l’apporto decisivo dei sessionmen più creativi e del ruolo del produttore. Fino alla fine degli anni Ottanta questo stile è stato anche l’espressione più evoluta di fare un tipo di musica accessibile, ma allo stesso tempo sofisticata, unendo il più delle volte e fondendoli certi aspetti fondamentali della musica bianca (la melodia) e quella della musica nera (la ritmica). L’ A.O.R. di matrice westcoast è riuscito ad ispirare dischi di classe indiscussa ed indiscutibile e canzoni memorabili. Nel corso del tempo molti personaggi che l’hanno reso celebre se ne sono allontanati, alcuni si sono riciclati, ...
Continuano i viaggi di Sakamoto e gli orizzonti sono sempre più ampi. “ Heartbeat “ , dopo “ Beauty “ è un’altra perla del suo genio. L’artista ridisegna il suo occidente, si apre al suono nero e lo reinventa Modifica HTML sui ritmi e le armonie. Un’operazione di musica concreta, ma svolta all’inverso. Scende nelle sonorità del soul urbano , del pop e ne mette in discussione i linguaggi: li semplifica assimilandoli lentamente, brano dopo brano, spogliandoli attraverso progressivi trattamenti ritmici. Sakamoto si libera dal pericolo dell’elettronica quella che aveva tout court una funzione sperimentale e mai come stavolta, il rapporto con gli altri stili musicali è stato voluto e predeterminato. Un suono preciso che fa la spola tra il “ future listening “ e la dance elettronica, ovvero la misteriosa fusione tra pop, funky-rap, jazz e world music. Ne viene fuori un serrato dibattito di idee musicali cantate in lingua inglese, russa, francese, giapponese ed espresse al meglio in...
Lauren Wood è nota al grande pubblico perché abbinata al brano “Fallen“ incluso nella colonna sonora di “Pretty Woman“, ma Ilene Rappaport (questo il vero nome) iniziò la carriera musicale nel 1973 quando, insieme a suo cugino Novi Novog ed al bassista Ernie Eremita, formano il gruppo "Chunky, Novi & Ernie" (Chunki era il suo pseudonimo). Pubblicano due omonimi e discreti album per la Warner, uno nel 1973 piuttosto rock con un cameo di Frank Zappa e la produzione di John Cale, l’altro nel 1977 più in linea con gli stilemi del pop californiano. Sciolto il trio nel 1979 Lauren Wood realizzò il suo primo lavoro solistico decisamente pop. In quel disco c’era un piccolo capolavoro di cantautorato westcoast “Please Dont Leave“ insieme a Michael McDonald che arrivò tra i top ten delle classifiche, ma fu con questo “Cat Trick“ che la Wood diede sfoggio a tutta la sua classe compositiva. Un album impeccabile, con grandi canzoni pop. Strutturato come una specie di comp...
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