Archie Shepp – Fire Music ( 1965, Impulse )
Grazie a John Coltrane nel 1964 Sheep ottiene un contratto con la Impulse. Con questa label il sassofonista registrerà due lavori, “ Fire Music “ e “ New Thing At Newport “ insieme al vibrafonista Bobby Hutcherson. In quel periodo la negritudine e l’africanismo sono le parole chiave negli ambienti jazz, tanto che i grandi protagonisti come Max Roach, Charles Mingus, i Jazz Messengers, Cecil Taylor, John Coltrane in un modo e nell’altro guardano all’Africa realizzando dischi che diventano il primo appoggio alla cosiddetta “ black revolution “. Nasce una linea di sviluppo nella quale si identifica presto la riscoperta e la “ purificazione “ della cultura africana… Archie Sheep con questo disco assurge immediatamente a protagonista di questo movimento che non aveva precedenti perché mai la musica era stata così prossima all’ideologia come all’interno di questo fenomeno. Così, nel momento più infuocato del free, quando imperversava la fascinazione psichedelica e l’influenza del nazionalismo afro-americano, il sassofonista sintetizza in “ Fire Music “ quello che andava sperimentando da anni nella sua vita : dall’impegno politico alla lotta sociale, dal gusto per il recitativo ai suoi amori jazzistici per Ben Webster e Duke Ellington, fino allo sberleffo verso un certo tipo di musica sudamericana che andava per la maggiore. La composizione più emblematica e articolata del disco è “ Hambone “, che si apre con un tempo cadenzato segnato dal contrabbasso su cui si dipana, in discordanza ritmica, un corale di fiati dal vocalizzo atonale. Ad un certo punto la musica si ferma; quindi riparte con una frase di quattro battute che ricorrerà per tutto il brano e che dà il via a un altro più complesso fraseggio ( sempre a quattro voci ) dopo il quale il brano ricomincia. Il primo assolo è quello di Ted Curson, mentre in sottofondo gli altri strumenti oscillano e ripetono una frase tra il 7/4 e 5/4. Un assolo lirico, acido che si scioglie in un passaggio ritmico libero. I tempi si fanno r&b a sostenere il sax alto di Marlon Brown e il trombone di Joseph Orange. E’ un affresco ricco di trovate, di carica emotiva da togliere il fiato. Una musica “ cattiva “, carica di violenza sonora, ribelle come il solo di Sheep che urla selvaggiamente in un clima tribale di esaltazione collettiva fino a spegnersi, ma soltanto per tornare al corale dell’inizio. “ Los Olivados “ ( significa “ I Dimenticati “ ) prende il titolo di un film di Bunuel che alterna sequenze ritmiche lentissime ad altre velocissime con frasi dal taglio tipicamente bop, eseguite volutamente “ fuori tempo “ ad affermare l’importanza dell’improvvisazione collettiva. “ Malcom, Malcom, Semper Malcom “ era in origine una lunga session intitolata “ The Funeral “ scritta per sax alto e dedicata a Edgar Meavers, un altro leader del Black Power. Quando Malcom X viene assassinato, Sheep riscrive il brano adattandolo per sax tenore. Il pezzo inizia con il leader che recita una sua poesia e prosegue in un contesto sonoro dai toni dolenti, funebri. Qui gli intenti rivoluzionari trovano una particolare forma di sublimazione. Un brano che ha un legame strettissimo con il processo evolutivo del Black Power, il quale proponeva in termini molto duri il riscatto e il recupero della negritudine come momento emergente ed esaltante dell’identità umana…Qualcuno insinuò – a torto – un rapporto di amore-odio di Sheep nei confronti di Duke Ellington, in quanto il “ Duca “ veniva percepito dai militanti più radicali come il classico nero asservito completamente dall’industria e al sistema dei bianchi. Ma non era affatto così. Il sassofonista nutriva infatti un profondo rispetto per la musica ellingtoniana e “ Prelude To A Kiss “ – uno dei suoi temi più celebri – viene offerto qui in una versione lenta, languida, affettuosa, densa di invenzioni solistiche. E’ lo stesso Sheep ad affermare : “ Ho scelto questa composizione perché in fondo sono un sentimentale. Duke ha scritto alcune delle più belle ballad in America e spesso mi ispiro a lui “. L’album si chiude con la parodia di “ The Girl From Ipanema “. La famosa composizione di Jobim, che era l’hit discografico del momento, diventa una canovaccio su cui opera il musicista giocando la carta di un caleidoscopio di trovate sul tema, elaborato secondo una prospettiva quasi mingusiana: lo scopo è di stravolgere la cosiddetta musica commerciale sino a renderla sgradevole, grottesca, quasi inascoltabile. Dopo questo lavoro, Sheep si ritrovò ovviamente fuori da certi circuiti di consumo, ma si guadagna l’ammirazione dei musicisti più colti ed eruditi. “ Fire Music “ resta ancora oggi un album emblematico, concomitante con un processo evolutivo legato alla musica come ideologia. Il riscatto e il recupero della negritudine sono visti come un momento chiave dell’identità e sottolineano la necessità della protesta, quella che Antonio Gramsci chiamò “ capacità di odiare “ nel nome più inviolabile dei diritti: farsi uomini e riconoscersi. A tale proposito rimane storica una dichiarazione di Sheep : “ Io sono un artista antifascista. La mia musica è funzionale. Io suono la mia morte per mano vostra. Io esulto perché vivo a vostro dispetto. Do una parte di tutto questo a voi ogni volta che mi ascoltate, il che attualmente non succede mai. La mia musica è per il popolo. Se sei un borghese, allora devi ascoltarla secondo i miei termini…”
1900-2000 Musica dal pianeta terra. Dal Jazz al Rock 200 CD da salvare/ Ronconi Mauro/ Arcana
Personnel: Archie Shepp - Sax (Tenor); Marion Brown - Sax (Alto); Fred Pirtle - Sax (Baritone); Ted Curson - Trumpet; Virgil Jones - Trumpet; Joseph Orange - Trombone; Ashley Fennell - Trombone; Reggie Johnson - Bass; David Izenzon - Bass; Joe Chambers - Drums; J.C. Moses - Drums; Roger Blank - Drums; Rudy Van Gelder - Engineer;
Tracks:
1. Hambone 2. Los Olvidados 3. Malcolm, Malcolm, Semper Malcolm 4. Prelude to a Kiss 5. The Girl from Ipanema
Spoiler :
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