Herbie Hancock - Head Hunters (1974, Columbia)

Talentuoso tastierista della dinastia davisiana, Hancock fu uno dei primi musicisti jazz ad assimilare velocemente gli insegnamenti del Divino. Gli Head Hunters erano una forma­zione che ricalcava il modello Weather Report, con la quale Hancock elimina dalla sua musi­ca le precedenti geometrie obli­que di Sextant e Crossings a favore di un sound più diretto e immediato. Quest’album è la definitiva consacrazione della fusione della West Toast che si avvicina e si amalgama sempre pin direttamente con il funky. Un capitolo che diventa trasci­nante nella sua scarnificazione alle intelaiature troppo spesso cristallizzanti a favore di una forte scansione ritmica, dove la fusion acquista una dimensione ancora più ampia e libera. Lo strumento bandiera per questa piccola rivoluzione nella rivolu­zione e il sintetizzatore ARP che Hancock suona per la prima volta in due differenti modelli, creando cosi un approccio riu­scito e senza incertezze verso il suono elettronico realizzato pre­cedentemente in qualità di ses­sion man con le immancabili formule di In A Silent Way e Bitches Brew. Head Hunters rap­presenta magnificamente quei nuovi fermenti che stavano pre­parando la strada non solo alla fusion, ma anche al soul del domani.

1900-2000 Musica dal pianeta terra. Dal Jazz al Rock 200 CD da salvare/Mauro Ronconi/Arcana




Herbert Jeffrey Hancock (Chicago, 12 aprile 1940) è un pianista e tastierista statunitense di jazz, fusion e funky.

Inizia a studiare pianoforte all’età di 7 anni e súbito si dimostra un bambino prodigio. Nel 1961 Donald Byrd lo invita ad unirsi al suo gruppo a New York, dopodiché l’etichetta Blue Note gli offre un contratto.

Il suo primo album è Takin’ Off, del 1962, che diventa un successo commerciale dopo che Mongo Santamaria suona come cover il pezzo « Watermelon Man». Nel maggio del 1963, Miles Davis lo chiama per il suo album “Seven Steps to Heaven”. Hancock entra così a far parte dello storico quintetto di Davis, dove incontrerà anche Wayne Shorter, Tony Williams e Ron Carter. Durante la permanenza nel quintetto, Hancock continua a lavorare per l’etichetta Blue Note, realizzando capolavori come Maiden Voyage, Cantaloupe Island, e Speak Like A Child. Nel frattempo realizza la musica per il film Blow-Up di Michelangelo Antonioni.

Nel 1968, lasciato il gruppo di Davis, registra per la Warner l’album Fat Albert Rotunda, il suo primo disco squisitamente funky, anche colonna sonora dell’omonimo cartone animato. Nel 1969 forma un sestetto con cui realizza diversi dischi come The Prisoner. In questo periodo incomincia a interessarsi di strumenti elettronici. Gli album per la Warner Bros segnano il definitivo passaggio nella sfera del funky. L’album di transizione è Fat Albert Rotunda al quale seguono Crossing e Sextant (il sound ricorda vagamente Bitches Brew di Miles Davis) per poi passare alla fase funk vera e propria. L’album più significativo è Headhunters nel quale è presente il famoso singolo Chameleon.

Questo periodo continuerà fino agli anni ottanta, data nella quale il continuo zigzagare di Hancock da un genere all’altro lo porterà a seguire due progetti contemporaneamente: uno vicino alla disco e alla musica elettronica (dal quale usciranno album come Future Shock, che contiene il celebre singolo da classifica Rockit, e Perfect Machine) e uno hard-boppistico: la reunion venne formata con gli stessi membri dei primi cd di Hancock: Tony Williams, Ron Carter e Freddie Hubbard. Sempre in questi anni si esibisce con numerosi concerti nel power-jazz trio Hurricane con Billy Cobham e con Ron Carter, riscuotendo un enorme successo.

Gli anni novanta segnarono un nuovo e fertile periodo per il pianista di Chicago: i progetti The New Standards, Gershwin World, Future 2 Future e Directions in Music sono gli album di riferimento delle nuove avventure di Hancock.



http://it.wikipedia.org/wiki/Herbie_Hancock








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